Papers by Andrea Di Lenardo

In "Prosopografie 2024: Atti delle giornate di studio, Università degli studi di Bergamo, 16-18 maggio 2024", edited by Elena Gritti. Bergamo, 2025
Il contributo espone uno studio sulla famiglia di Boeto, che ha fornito ben cinque sommi sacerdot... more Il contributo espone uno studio sulla famiglia di Boeto, che ha fornito ben cinque sommi sacerdoti di Gerusalemme nell’arco di circa ottant’anni tra il I sec. a.C. e il I d.C. La casa di Boethus però costituiva anche uno dei gruppi giudaici del tempo, quella appunto dei boethusiani. La particolarità di tale gruppo, a differenza di altri come i farisei, i sadducei o gli esseni, è quindi la doppia natura di famiglia e gruppo. A riguardo si sono raccolti i passi delle fonti greche ed ebraiche che contengono riferimenti al gruppo, ai suoi illustri membri e ai loro parenti. Avendo riunito il materiale disponibile, si discutono le contraddizioni (effettive o apparenti) che ne emergono.
Si sono redatti un elenco alfabetico di tutti i membri della famiglia/gruppo di cui si ha menzione. Inoltre, si è proposta un’ipotesi di albero genealogico della casa di Boeto.
Postfazione: Il mito - Andrea Di Lenardo
In Angelino, Luigi. "I miti: Luci ed ombre", Brescia, 2018
In "Riattivare Paolo di Tarso", edited by Piotr Zygulski, Federico Adinolfi and Giulio Mariotti, 60-67. Cantalupa (TO), 2025
Nuova Iniziativa Isontina, 2023
Book Reviews by Andrea Di Lenardo
Öcalan e i curdi in Turchia: Recensione a "La vostra libertà e la mia: Abdullah Öcalan e la questione curda nella Turchia di Erdogan" a cura di Thomas Jeffrey Miley e Federico Venturini
Germinal 129, 2020
Conferences and workshops by Andrea Di Lenardo

This contribution examines the so called Fourth Philosophy (founded by Judas the Galilean) and th... more This contribution examines the so called Fourth Philosophy (founded by Judas the Galilean) and the Sicarii (led by his descendants) in the New Testament, in patristic sources and in apocrypha. What do these texts add? How do they rework the information from Josephus?
The name “Iscariot” has sometimes been associated with that of “Sicarii.” John 18:40 speaks of Barabbas as a λῃστής, a “brigand.” Acts 5:37 records the census and Judas the Galilean, adding a reference to his end, but erroneously places him after Theudas (Acts 5:36). Acts 21:38 attributes four thousand Sicarii to the Egyptian’s entourage, although Josephus seems to distinguish the Egyptian prophet from the Sicarii (Bellum Iudaicum II:254-263). Furthermore, whereas in Acts 21:38 there are four thousand people, in Bell. II:261 there are thirty thousand. Justin Martyr lists the Galileans among the Jewish “sects” (Dialogus cum Tryphone 50:4): they could simply be the inhabitants of Galilee or the followers of Judas the Galilean. Pseudo-Hippolytus, unlike Josephus, identifies the Sicarii with the Zealots and considers them a branch of the Essenes (Refutatio omnium haeresium IX:26,2). Finally, the Praedicatio Simonis Cananaei speaks of Judas the Galilean as a follower of Jesus who preaches the gospel in Samaria after Jesus' death and seems to identify him with the apostle Simon the Canaanite.

Convegno "L'occidente, gli orienti e l'orientalismo", Università Ca' Foscari di Venezia, 2025
... more Convegno "L'occidente, gli orienti e l'orientalismo", Università Ca' Foscari di Venezia, 2025
“Parafrasando” il celebre Mosè l’egizio di Jan Assmann, scomparso l’anno passato, questo contributo, come anticipa il titolo di “Mosè il ‘greco’”, desidera analizzare l’interferenza e la ricezione del tema del legislatore religioso ebraico nella letteratura greca.
La figura di Mosè, infatti, è presente in diversi autori greci o di lingua greca di epoca ellenistica. Qui il personaggio di Mosè subisce diverse trasformazioni. Tra i suoi numerosi ritratti – da uomo edotto nella sapienza degli Egizi negli Atti degli Apostoli 7:22 a sacerdote egizio, tra gli altri, in Manetone (apud Flavio Giuseppe, Contra Apionem I:26-31) – ci si concentrerà sulle sue rappresentazioni “greche”.
Il Mosè “greco” può divenire compagno di viaggio di Danao e di Cadmo per Ecateo di Abdera (Aegyptiaca, apud Diodoro Siculo, Bibliotheca historica XL:3,1-3.8), che scrive il più antico racconto non biblico sull’Esodo, o può essere identificato con il poeta Museo, autore di oracoli, o persino con Hermes, come per Artapano di Alessandria (apud Clemente di Alessandria, Stromata I:23; e apud Eusebio di Cesarea, Praeparatio evangelica IX:27).
Se molte versioni greche del racconto su Mosè sono impregnate di un feroce antigiudaismo, altre sono invece positive. Forse da queste ultime elaborazioni provengono – o forse alla base di queste elaborazioni vi sono – le affermazioni del I Libro dei Maccabei 12:19-23 (cfr. Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XII:225-228) e del II Libro dei Maccabei 5:9 su una comune e sorprendente discendenza tanto dei Giudei quanto degli Spartani dal patriarca Abramo.

La predicazione di Giovanni il Battista non si limitava all’ambito della spiritualità, ma invitav... more La predicazione di Giovanni il Battista non si limitava all’ambito della spiritualità, ma invitava alla redistribuzione dei beni (Luca 3,11) e criticava le malversazioni dei soldati occupanti (Luca 3,14) e, tramite invettive moraleggianti, l’uomo più potente della Galilea, il tetrarca Antipa (Marco 6,18; cfr. Matteo 14,4), figlio di Erode il Grande. Nella fonte Q, Giovanni evoca violente immagini messianiche (la scure, il fuoco, la forca: Q 3,9; cfr. Luca 3,9; Matteo 3,10 e Q 3,16b-17; cfr. Luca 3,16-17; Matteo 3,11-12). Si tratta di affermazioni politiche, aspre invettive verso chi detiene il potere, sul modello dei profeti dell’Antico Testamento, che non risparmiavano critiche al sovrano, o del παρρησιαστής greco, che contesta e delegittima i governanti senza curarsi delle conseguenze.
Giovanni rimproverava infatti ad Antipa di aver sposato la nipote e cognata Erodiade (Marco 6,18; cfr. Matteo 14,4; Luca 3,19) e, secondo Luca (3,19), tutte le altre “malvagità che aveva commesso”. È interessante il fatto che anche i rotoli del Mar Morto insistano nella condanna della fornicazione (4Q542 3,2,12) e del matrimonio tra zio e nipote (4Q251 7,2-5).
Antipa farà pertanto arrestare (Marco 1,14; 6,17-29; Matteo 14,3-12; Luca 3,19-20; Giovanni 3,24) e decapitare il Battista (Marco 6,25-29; cfr. Matteo 14,8-12) per motivazioni politiche ben narrate da Flavio Giuseppe (Antiquitates Iudaicae XVIII,116-119).
Il discorso di Giovanni appare quindi come una parola di rivolta parresiastica. Ma dalla parola alla rivolta vera e propria il passo è breve. “Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione” (Ant. XVIII,118). Questo il pensiero del tetrarca Antipa, colto dal timore. Un timore che al Battista costerà la vita.

Nei gruppi giudaici (esseni, comunità dei rotoli del Mar Morto, sicari, emerobattisti) e giudeocr... more Nei gruppi giudaici (esseni, comunità dei rotoli del Mar Morto, sicari, emerobattisti) e giudeocristiani (nazorei, ebioniti) la Legge mosaica e in particolare la circoncisione e le norme di purità alimentare ricoprivano un ruolo fondamentale. È la Legge a tracciare un confine tra gli ebrei, da un lato, e i gentili, i diversi, dall’altro. Viceversa, diverse sono tra i Greci e i Romani le manifestazioni di disprezzo verso i Giudei per le loro usanze, prima tra tutte la circoncisione. I precetti danno forma a una frontiera, definiscono il popolo eletto rispetto ai goyim, gli altri popoli politeisti. Tra questi soprattutto gli occupanti romani, che giungono dal Mediterraneo e che a Qumran sono chiamati Kittim, Ciprioti, altri storici nemici provenienti dal Mediterraneo, elemento liminale. L’altro spazio in cui si materializza questa frontiera è il corpo, sia per quanto riguarda la circoncisione che per ciò che è lecito ingerire.
La Legge demarca confini politico-culturali, regolando il rapporto del popolo ebraico con il mondo esterno: è lecito prendere cibo con i pagani? Bisogna purificarsi se vi si entra in contatto? I precetti divengono quindi una vera frontiera, una fortificazione a difesa dalle potenze del mondo al di là del mare.
Come si situava la Chiesa nascente rispetto a questa frontiera?
Nella Lettera ai Galati e negli Atti degli Apostoli si narra di una controversia (il primo “concilio”) sui temi della circoncisione e dell’alimentazione tra la comunità di Giacomo, fratello di Gesù, e Paolo. Per Paolo, che predica tra i pagani, la circoncisione e le norme alimentari sono superate, perché è la Legge stessa a essere superata e con essa la distinzione tra giudeo e greco. Nella Chiesa di Giacomo, al contrario, si affermava la necessità della circoncisione e che a nulla vale la fede senza le opere della Legge, da osservare in ogni singolo punto.
Conferenza divulgativa (terza missione)

Tra le sette giudaiche al tempo di Gesù, secondo i sadducei non vi sarebbero angeli e spiriti, né... more Tra le sette giudaiche al tempo di Gesù, secondo i sadducei non vi sarebbero angeli e spiriti, né πνεῦμα ἅγιον, né resurrezione o vita dopo la morte, come si legge nei vangeli (Marco 12,18-27; Matteo 22,23-34; Luca 20,27-38; Atti 23,6-10) e nelle opere di Flavio Giuseppe (Bellum Iudaicum II,165; Antiquitates Iudaicae XVIII,16), dei padri della Chiesa (Ireneo, Adversus haereses IV,5,2; Pseudo-Clemente, Recognitiones I,54.56.63; Ippolito, Refutatio omnium haeresium IX,25; Pseudo-Tertulliano, Adversus omnes haereses 1,1; Filastrio, Diversarum hereseon liber 4-5; Epifanio, Panarion I, Anacephalaeosis I,16,1; 14,2,2; 3,1-2; 17,1,1) e dei rabbini (come mBerakhot 9,5; Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5, ecc.).
Secondo Filastrio, anche Dositeo (maestro del fondatore dei sadducei) negava la resurrezione, gli angeli e Dei Spiritus (Diversarum hereseon liber 4-5). Come i sadducei, anche i boethusiani si concedevano una vita agiata perché convinti della mancata sopravvivenza dello spirito (Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5). Gli emerobattisti, invece, credevano nella vita eterna (Panarion I, Anacephalaeosis I,17,1).
I farisei credevano all’immortalità dell’anima e alle ricompense o punizioni oltremondane (Ant. XVIII,14). Giuseppe, fariseo (Vita 12), scrive che Dio ha immesso nell’uomo sia πνεῦμα che ψυχή (Ant. I,34), che è vietato nutrirsi di sangue perché è ciò da cui dipendono ψυχή e πνεῦμα (Ant. III,260) e che un angelo è un θεῖον πνεῦμα (Ant. IV,108). Per lui, le ψυχαί dei buoni e dei caduti si tramutano, fra gli astri, in δαίμονες ἀγαθοὶ e ἥρωες εὐμενεῖς (Bell. VI,47; cfr. I,650; III,374), mentre quelle degli empi sono inghiottite nella terra e private dei corpi e del ricordo (Bell. VI,48; cfr. III,375). Menziona inoltre gli esorcismi per la liberazione dai δαιμόνια, i quali sono πνεύματα di “uomini malvagi che penetrano nei corpi dei viventi e li uccidono se non li si soccorre” (Bell. VII,185; cfr. Ant. VI,211-214). Allo stesso modo, si poteva essere posseduti anche dal τοῦ θεοῦ πνεῦμα, come nel caso dei profeti (Ant. IV,118-119; VI,166.222-223; VIII,408; X,239; X,250). Nel tempio, inoltre, abitava “qualche particella dello spirito di Dio” (Ant. VIII,114).
Gli esseni conservavano con cura “i nomi degli angeli” (Bell. II,142) e ritenevano le anime immortali: esse prima vivono nell’etere, poi “restano impigliate nei corpi come dentro carceri” (Bell. II,154) e infine le buone sono destinate a vivere in un luogo beato al di là dell’oceano, mentre le malvage in un antro buio, pieno di supplizi senza fine (II,154-158). Anche i rotoli del Mar Morto fanno riferimento diffusamente allo Spirito di Dio, agli angeli e agli spiriti maligni. In un frammento (4Q560) è persino contenuta una preghiera di esorcismo contro un demone che è entrato nel corpo di una persona facendola ammalare. Una concezione simile a quella degli esseni e di Giuseppe, infine, esprime anche Eleazaro figlio di Giairo, il leader dei sicari a Masada nel 73 d.C., esortando i suoi seguaci al suicidio di massa pur di non cadere prigionieri dei nemici romani (Bell. VII,344-357).

Nel presente intervento si intende analizzare l’idea di “tecnica”, intesa come riproduzione puntu... more Nel presente intervento si intende analizzare l’idea di “tecnica”, intesa come riproduzione puntuale delle prescrizioni rituali della legge mosaica, quale condizione per la salvezza alla fine dei tempi. Solo mettendo in pratica i precetti, un insieme di attività basate su norme e tradizioni (circoncisione, istruzioni per l’esecuzione dei sacrifici, abluzioni, legislazione penale), i giusti verranno salvati durante il giudizio universale.
Si analizzeranno le concezioni apocalittiche presenti nei rotoli del Mar Morto, nei detti di Gesù della fonte Q e nelle epistole di Giacomo e di Giuda. Una concezione “tradizionale” del giudaismo del tempo, in cui la salvezza è data dal seguire puntualmente le prescrizioni di purità, è condivisa anche da Giacomo, fratello di Gesù, o quanto meno dalle tradizioni che a lui si rifanno. Nella lettera attribuitagli, infatti, si legge che “la fede senza le opere è morta” (2,26; cf. 2,14), laddove le opere consistono nel mettere in pratica la legge (1,22-27) in ogni suo punto, “poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (2,10).
Secondo Paolo di Tarso, invece, contrariamente alle concezioni apocalittiche del Mar Morto e alla visione di Giacomo, i precetti sono superati e l’uomo, dunque, non sarà salvato “per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede […], per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Galati 2,16; cf. 3,21-25).

Anche la società in cui vive e opera il Gesù storico è pervasa da dinamiche di marginalizzazione,... more Anche la società in cui vive e opera il Gesù storico è pervasa da dinamiche di marginalizzazione, che producono, per ragioni diverse, soggettività (pubblicani, prostitute, adultere, malati, storpi, indemoniati, poveri, vedove) e intere comunità di scarto (samaritani, lebbrosi), confinate in determinati luoghi (fuori dalle mura delle città nel caso dei lebbrosi) per renderle invisibili.
Se l’esegesi confessionale ha utilizzato l’atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse per cercare di dimostrare, erroneamente, una sua distanza dalla Legge mosaica e dal giudaismo, dentro i confini dei quali invece sempre visse e agì, altrettanto insufficienti mi appaiono tentativi, come quelli di John Paul Meier, di ridurre tale atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse come un fatto di amore e di imperativo morale (Meier, John Paul. “Riflessioni sull’odierna ‘ricerca sul Gesù storico’.” In L’ebraicità di Gesù, edited by James H. Charlesworth, 93–136. Claudiana Editrice: Torino, 2002 (1991)).
A mio avviso, tale atteggiamento va analizzato anche come una netta presa di posizione rispetto al contesto sociale e politico. Gesù, dunque, agisce nella propria società, soggetta all’occupazione romana, per ribaltare il sistema di definizione di chi ha valore e chi no con cui i complessi rapporti di potere producevano rifiuti e scartavano le soggettività marginali.
Un’analoga posizione si può riscontrare, forse espressa persino con maggiore radicalità, nella Lettera di Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e attribuita al fratello di Gesù e leader della comunità apostolica dopo la crocifissione: qui è infatti presente una violenta invettiva contro i ricchi per aver defraudato il salario dei contadini che hanno mietuto le loro terre (5, 1-6).
Lungi dall’essere ridotte a mera passività, infine, le soggettività marginali del tempo mettevano al contrario in atto diverse forme di resistenza: si pensi, per esempio, alla rivolta di Simone, schiavo di Erode (Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XVII, 273-277) o agli espropri nelle dimore dei ricchi operate dai ribelli, i cosiddetti briganti (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II, 264-265).

This contribution examines food norms and the practice of sharing meals with Gentiles in the ideo... more This contribution examines food norms and the practice of sharing meals with Gentiles in the ideological conflict of the early Church narrated in the Letter to the Galatians. It deals with the controversy between the radical Jews present in the community of James the Just, the brother of Jesus (such as Cerinthus according to Epiphanius) and, on the other hand, Paul’s view. For him, the norms of food purity are overcome because it is the Mosaic Law itself that is overcome, while the Letter of James expresses a completely different opinion. So the intent of this speech is to analyze this conflict in the light of the cultural, socio-political and religious context. In the Jewish groups of the time, and then in the Judeo-Christian ones, in fact, the norms of food purity played a significant role (as among the Essenes and in the Dead Sea Scrolls). In some of these groups even more radical food habits were practiced, such as abstention from alcoholic beverages (as for James) and vegetarianism (as for James again, the Nasareans, the Dositheans, Elxai the Ossaean, and the Ebionites, who considered Jesus and John the Baptist themselves as vegetarians). Even with regard to vegetarianism, the position expressed by Paul in the Letter to the Romans appears to be opposite to that of these groups and again to that of James.
Seminario "Poikilia IV. Corpi e saperi. I corpi nella trasmissione della conoscenza", Università Ca' Foscari di Venezia., 2019
Intervento tenuto il 27.03.2019 a seguito di quello di Pierluigi Lanfranchi (Università di Marsei... more Intervento tenuto il 27.03.2019 a seguito di quello di Pierluigi Lanfranchi (Università di Marseille - Aix-en-Provence), "Il sorriso del martire: indagini su una formula emotiva".
Ciclo di conferenze "Seguendo le tracce degli antichi", Società Friulana di Archeologia, 2017
Seminario "Poikilia III. Corpi. Tra manipolazione e percezione", Università Ca' Foscari di Venezia, 2018
Intervento tenuto il 03.04.2018 a seguito di quello di Nicla De Zorzi (Università di Vienna), "Co... more Intervento tenuto il 03.04.2018 a seguito di quello di Nicla De Zorzi (Università di Vienna), "Costruire e interpretare il corpo: forme dell’alterità nell’antica Mesopotamia".

Convegno "Prosopografie 2024", Università di Bergamo, 2024
Si desidera esporre uno studio sulla famiglia di Boethus, che ha fornito ben cinque sommi sacerdo... more Si desidera esporre uno studio sulla famiglia di Boethus, che ha fornito ben cinque sommi sacerdoti di Gerusalemme nell’arco di circa ottant’anni tra il I sec. a.C. e il I d.C. La casa di Boethus però costituiva anche una delle sette giudaiche del tempo, quella appunto dei boethusiani. La particolarità di tale gruppo, a differenza di altri come i farisei, i sadducei o gli esseni, è quindi la doppia natura di famiglia e setta. A riguardo si sono raccolti i passi di tutte le fonti greche ed ebraiche che contengono riferimenti alla setta, ai suoi illustri membri e a loro parenti. Avendo riunito tutto il materiale disponibile, si desidera discutere sulle apparenti contraddizioni che emergono.
Si sono redatti un elenco alfabetico di tutti i membri della famiglia/setta di cui si ha menzione e un elenco cronologico delle relative fonti. Per finire, si è proposta un’ipotesi di albero genealogico della casa di Boethus.
Questo studio sui boethusiani costituisce esempio e parte del progetto di ricerca sui gruppi politico-religiosi ebraici tra il 37 a.C. (inizio del regno di Erode il Grande) e il 135 d.C. (distruzione di Gerusalemme) che sto conducendo come dottorato di ricerca e che procede con la stessa modalità per ogni setta: raccolta di tutti i passi pertinenti a esponenti del gruppo, elenco in ordine alfabetico dei membri, elenco cronologico delle fonti e ipotesi di albero genealogico, quest’ultima per i gruppi dove vi sia una parentela tra i loro esponenti (come per i cosiddetti briganti, quarta filosofia e sicari, per quanto riguarda la famiglia del leader rivoluzionario Giuda il Galileo, e per i sadducei, per quanto riguarda la famiglia del sommo sacerdote Anano). Infine, si sta compilando un elenco di tutti i personaggi citati nelle opere di Flavio Giuseppe e nel Nuovo Testamento relativamente al periodo in esame, con particolare attenzione alla loro appartenenza a uno dei gruppi politico-religiosi del tempo.
Thesis Chapters by Andrea Di Lenardo
I gruppi giudaici al tempo di Gesù - Progetto di ricerca dottorale - Andrea Di Lenardo, 2023
Progetto di ricerca per il concorso di dottorato in Scienze dell'antichità con borsa vinto il 04.... more Progetto di ricerca per il concorso di dottorato in Scienze dell'antichità con borsa vinto il 04.07.2023 interateneo presso l'Università Ca' Foscari" di Venezia, l'Università degli Studi di Udine e l'Università degli Studi di Trieste.
Il corpo e il rito della circoncisione: Etnicità, politica e resistenza culturale nello scontro tra ebraismo e cristianesimo di I sec. - Andrea Di Lenardo
Tesi in Storia delle religioni di laurea in Storia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia; re... more Tesi in Storia delle religioni di laurea in Storia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia; relatrice: prof.ssa Sabina Crippa; 2019.
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Papers by Andrea Di Lenardo
Si sono redatti un elenco alfabetico di tutti i membri della famiglia/gruppo di cui si ha menzione. Inoltre, si è proposta un’ipotesi di albero genealogico della casa di Boeto.
Book Reviews by Andrea Di Lenardo
Conferences and workshops by Andrea Di Lenardo
The name “Iscariot” has sometimes been associated with that of “Sicarii.” John 18:40 speaks of Barabbas as a λῃστής, a “brigand.” Acts 5:37 records the census and Judas the Galilean, adding a reference to his end, but erroneously places him after Theudas (Acts 5:36). Acts 21:38 attributes four thousand Sicarii to the Egyptian’s entourage, although Josephus seems to distinguish the Egyptian prophet from the Sicarii (Bellum Iudaicum II:254-263). Furthermore, whereas in Acts 21:38 there are four thousand people, in Bell. II:261 there are thirty thousand. Justin Martyr lists the Galileans among the Jewish “sects” (Dialogus cum Tryphone 50:4): they could simply be the inhabitants of Galilee or the followers of Judas the Galilean. Pseudo-Hippolytus, unlike Josephus, identifies the Sicarii with the Zealots and considers them a branch of the Essenes (Refutatio omnium haeresium IX:26,2). Finally, the Praedicatio Simonis Cananaei speaks of Judas the Galilean as a follower of Jesus who preaches the gospel in Samaria after Jesus' death and seems to identify him with the apostle Simon the Canaanite.
“Parafrasando” il celebre Mosè l’egizio di Jan Assmann, scomparso l’anno passato, questo contributo, come anticipa il titolo di “Mosè il ‘greco’”, desidera analizzare l’interferenza e la ricezione del tema del legislatore religioso ebraico nella letteratura greca.
La figura di Mosè, infatti, è presente in diversi autori greci o di lingua greca di epoca ellenistica. Qui il personaggio di Mosè subisce diverse trasformazioni. Tra i suoi numerosi ritratti – da uomo edotto nella sapienza degli Egizi negli Atti degli Apostoli 7:22 a sacerdote egizio, tra gli altri, in Manetone (apud Flavio Giuseppe, Contra Apionem I:26-31) – ci si concentrerà sulle sue rappresentazioni “greche”.
Il Mosè “greco” può divenire compagno di viaggio di Danao e di Cadmo per Ecateo di Abdera (Aegyptiaca, apud Diodoro Siculo, Bibliotheca historica XL:3,1-3.8), che scrive il più antico racconto non biblico sull’Esodo, o può essere identificato con il poeta Museo, autore di oracoli, o persino con Hermes, come per Artapano di Alessandria (apud Clemente di Alessandria, Stromata I:23; e apud Eusebio di Cesarea, Praeparatio evangelica IX:27).
Se molte versioni greche del racconto su Mosè sono impregnate di un feroce antigiudaismo, altre sono invece positive. Forse da queste ultime elaborazioni provengono – o forse alla base di queste elaborazioni vi sono – le affermazioni del I Libro dei Maccabei 12:19-23 (cfr. Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XII:225-228) e del II Libro dei Maccabei 5:9 su una comune e sorprendente discendenza tanto dei Giudei quanto degli Spartani dal patriarca Abramo.
Giovanni rimproverava infatti ad Antipa di aver sposato la nipote e cognata Erodiade (Marco 6,18; cfr. Matteo 14,4; Luca 3,19) e, secondo Luca (3,19), tutte le altre “malvagità che aveva commesso”. È interessante il fatto che anche i rotoli del Mar Morto insistano nella condanna della fornicazione (4Q542 3,2,12) e del matrimonio tra zio e nipote (4Q251 7,2-5).
Antipa farà pertanto arrestare (Marco 1,14; 6,17-29; Matteo 14,3-12; Luca 3,19-20; Giovanni 3,24) e decapitare il Battista (Marco 6,25-29; cfr. Matteo 14,8-12) per motivazioni politiche ben narrate da Flavio Giuseppe (Antiquitates Iudaicae XVIII,116-119).
Il discorso di Giovanni appare quindi come una parola di rivolta parresiastica. Ma dalla parola alla rivolta vera e propria il passo è breve. “Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione” (Ant. XVIII,118). Questo il pensiero del tetrarca Antipa, colto dal timore. Un timore che al Battista costerà la vita.
La Legge demarca confini politico-culturali, regolando il rapporto del popolo ebraico con il mondo esterno: è lecito prendere cibo con i pagani? Bisogna purificarsi se vi si entra in contatto? I precetti divengono quindi una vera frontiera, una fortificazione a difesa dalle potenze del mondo al di là del mare.
Come si situava la Chiesa nascente rispetto a questa frontiera?
Nella Lettera ai Galati e negli Atti degli Apostoli si narra di una controversia (il primo “concilio”) sui temi della circoncisione e dell’alimentazione tra la comunità di Giacomo, fratello di Gesù, e Paolo. Per Paolo, che predica tra i pagani, la circoncisione e le norme alimentari sono superate, perché è la Legge stessa a essere superata e con essa la distinzione tra giudeo e greco. Nella Chiesa di Giacomo, al contrario, si affermava la necessità della circoncisione e che a nulla vale la fede senza le opere della Legge, da osservare in ogni singolo punto.
Secondo Filastrio, anche Dositeo (maestro del fondatore dei sadducei) negava la resurrezione, gli angeli e Dei Spiritus (Diversarum hereseon liber 4-5). Come i sadducei, anche i boethusiani si concedevano una vita agiata perché convinti della mancata sopravvivenza dello spirito (Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5). Gli emerobattisti, invece, credevano nella vita eterna (Panarion I, Anacephalaeosis I,17,1).
I farisei credevano all’immortalità dell’anima e alle ricompense o punizioni oltremondane (Ant. XVIII,14). Giuseppe, fariseo (Vita 12), scrive che Dio ha immesso nell’uomo sia πνεῦμα che ψυχή (Ant. I,34), che è vietato nutrirsi di sangue perché è ciò da cui dipendono ψυχή e πνεῦμα (Ant. III,260) e che un angelo è un θεῖον πνεῦμα (Ant. IV,108). Per lui, le ψυχαί dei buoni e dei caduti si tramutano, fra gli astri, in δαίμονες ἀγαθοὶ e ἥρωες εὐμενεῖς (Bell. VI,47; cfr. I,650; III,374), mentre quelle degli empi sono inghiottite nella terra e private dei corpi e del ricordo (Bell. VI,48; cfr. III,375). Menziona inoltre gli esorcismi per la liberazione dai δαιμόνια, i quali sono πνεύματα di “uomini malvagi che penetrano nei corpi dei viventi e li uccidono se non li si soccorre” (Bell. VII,185; cfr. Ant. VI,211-214). Allo stesso modo, si poteva essere posseduti anche dal τοῦ θεοῦ πνεῦμα, come nel caso dei profeti (Ant. IV,118-119; VI,166.222-223; VIII,408; X,239; X,250). Nel tempio, inoltre, abitava “qualche particella dello spirito di Dio” (Ant. VIII,114).
Gli esseni conservavano con cura “i nomi degli angeli” (Bell. II,142) e ritenevano le anime immortali: esse prima vivono nell’etere, poi “restano impigliate nei corpi come dentro carceri” (Bell. II,154) e infine le buone sono destinate a vivere in un luogo beato al di là dell’oceano, mentre le malvage in un antro buio, pieno di supplizi senza fine (II,154-158). Anche i rotoli del Mar Morto fanno riferimento diffusamente allo Spirito di Dio, agli angeli e agli spiriti maligni. In un frammento (4Q560) è persino contenuta una preghiera di esorcismo contro un demone che è entrato nel corpo di una persona facendola ammalare. Una concezione simile a quella degli esseni e di Giuseppe, infine, esprime anche Eleazaro figlio di Giairo, il leader dei sicari a Masada nel 73 d.C., esortando i suoi seguaci al suicidio di massa pur di non cadere prigionieri dei nemici romani (Bell. VII,344-357).
Si analizzeranno le concezioni apocalittiche presenti nei rotoli del Mar Morto, nei detti di Gesù della fonte Q e nelle epistole di Giacomo e di Giuda. Una concezione “tradizionale” del giudaismo del tempo, in cui la salvezza è data dal seguire puntualmente le prescrizioni di purità, è condivisa anche da Giacomo, fratello di Gesù, o quanto meno dalle tradizioni che a lui si rifanno. Nella lettera attribuitagli, infatti, si legge che “la fede senza le opere è morta” (2,26; cf. 2,14), laddove le opere consistono nel mettere in pratica la legge (1,22-27) in ogni suo punto, “poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (2,10).
Secondo Paolo di Tarso, invece, contrariamente alle concezioni apocalittiche del Mar Morto e alla visione di Giacomo, i precetti sono superati e l’uomo, dunque, non sarà salvato “per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede […], per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Galati 2,16; cf. 3,21-25).
Se l’esegesi confessionale ha utilizzato l’atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse per cercare di dimostrare, erroneamente, una sua distanza dalla Legge mosaica e dal giudaismo, dentro i confini dei quali invece sempre visse e agì, altrettanto insufficienti mi appaiono tentativi, come quelli di John Paul Meier, di ridurre tale atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse come un fatto di amore e di imperativo morale (Meier, John Paul. “Riflessioni sull’odierna ‘ricerca sul Gesù storico’.” In L’ebraicità di Gesù, edited by James H. Charlesworth, 93–136. Claudiana Editrice: Torino, 2002 (1991)).
A mio avviso, tale atteggiamento va analizzato anche come una netta presa di posizione rispetto al contesto sociale e politico. Gesù, dunque, agisce nella propria società, soggetta all’occupazione romana, per ribaltare il sistema di definizione di chi ha valore e chi no con cui i complessi rapporti di potere producevano rifiuti e scartavano le soggettività marginali.
Un’analoga posizione si può riscontrare, forse espressa persino con maggiore radicalità, nella Lettera di Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e attribuita al fratello di Gesù e leader della comunità apostolica dopo la crocifissione: qui è infatti presente una violenta invettiva contro i ricchi per aver defraudato il salario dei contadini che hanno mietuto le loro terre (5, 1-6).
Lungi dall’essere ridotte a mera passività, infine, le soggettività marginali del tempo mettevano al contrario in atto diverse forme di resistenza: si pensi, per esempio, alla rivolta di Simone, schiavo di Erode (Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XVII, 273-277) o agli espropri nelle dimore dei ricchi operate dai ribelli, i cosiddetti briganti (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II, 264-265).
Si sono redatti un elenco alfabetico di tutti i membri della famiglia/setta di cui si ha menzione e un elenco cronologico delle relative fonti. Per finire, si è proposta un’ipotesi di albero genealogico della casa di Boethus.
Questo studio sui boethusiani costituisce esempio e parte del progetto di ricerca sui gruppi politico-religiosi ebraici tra il 37 a.C. (inizio del regno di Erode il Grande) e il 135 d.C. (distruzione di Gerusalemme) che sto conducendo come dottorato di ricerca e che procede con la stessa modalità per ogni setta: raccolta di tutti i passi pertinenti a esponenti del gruppo, elenco in ordine alfabetico dei membri, elenco cronologico delle fonti e ipotesi di albero genealogico, quest’ultima per i gruppi dove vi sia una parentela tra i loro esponenti (come per i cosiddetti briganti, quarta filosofia e sicari, per quanto riguarda la famiglia del leader rivoluzionario Giuda il Galileo, e per i sadducei, per quanto riguarda la famiglia del sommo sacerdote Anano). Infine, si sta compilando un elenco di tutti i personaggi citati nelle opere di Flavio Giuseppe e nel Nuovo Testamento relativamente al periodo in esame, con particolare attenzione alla loro appartenenza a uno dei gruppi politico-religiosi del tempo.
Thesis Chapters by Andrea Di Lenardo