Papers by Gaetano Messina

Chi si accinge a ripercorrere i sentieri lungo i quali ha preso forma il sistema di idee della il... more Chi si accinge a ripercorrere i sentieri lungo i quali ha preso forma il sistema di idee della illustre studiosa pavese, constata subito che essi sono posti sotto il segno della filosofia di Platone. Il saggio La dialettica del Sofista (in Maria Adelaide Raschini, Saggi su Platone e Plotino a cura di Pier Paolo Ottonello, Marsilio, Venezia 2000 [SPP, 23-60], con cui l'autrice esordisce agli studi, ne è una chiara testimonianza. Questa ascendenza platonica si rivela vivacemente passando dal piano storiografico a quello teoretico. Come Platone, Maria Adelaide Raschini, mentre passa in rassegna le proprie ragioni, ne vaglia il peso speculativo e dimostrativo, e su queste e su quello elabora la sua dottrina. Con una differenza: mentre alle domande Platone può rispondere o non rispondere, l'autrice chiosa con chirurgica precisione ogni emergenza riferibile all'intero plesso dei dialoghi. E così dai tramiti che legano il Sofista al Teeteto e al Parmenide ella deduce uno schema concettuale che ha la virtù di mettere allo scoperto i termini della dialettica platonica. Osserva in apertura l'autrice: I legami col Teeteto e col Parmenide in particolare, profondi per un vivo e progressivo germogliare di problemi, sono sottolineati finemente dalla presenza dello stesso Teeteto e dell'ospite da Elea; Teeteto infatti scelto come interlocutore «docile» e capace insieme di seguire il discorso dello Straniero, pur rappresentando all'interno del dialogo una parte d'appoggio, tuttavia intimamente personifica la continuità del Sofista rispetto a quel problema dell'errore già sollevato in più circostanze e rimasto sospeso sotto la forza del dubbio che nel Teeteto si oppone: come è possibile l'errore, se esso o è il pensare il «non-essere», o è pensare «un'altra cosa», dal momento che il «non-essere», come oggetto di pensiero, nientifica lo stesso pensiero, e il concetto di aj llodoxiv a è contraddittorio? [SPP, 24].
Mi è capitato qualche giorno fa di assistere virtualmente ad una Seduta dell'Accademia della Crus... more Mi è capitato qualche giorno fa di assistere virtualmente ad una Seduta dell'Accademia della Crusca. La relatrice faceva un bilancio dello stato della lingua riferendosi a un modello di parlato coincidente con il livello delle persone di media cultura.
Il 2015 è un anno fecondo per gli studi sul Milesio. Un esordio degno di considerazione lo coglia... more Il 2015 è un anno fecondo per gli studi sul Milesio. Un esordio degno di considerazione lo cogliamo nella Dike di Michele Severino 1 . Il filosofo riconcettualizzando il frammento di Anassimandro, attribuisce a «Dike» un significato più profondo e inedito. «Si può dire -egli scrive -che l'avvento della filosofia coincida con l'avvento di tale significato. Dike viene a significare l'incondizionata stabilità del sapere».

Con una coralità senza precedenti fin dagli inizi del nuovo millennio l'attenzione degli studiosi... more Con una coralità senza precedenti fin dagli inizi del nuovo millennio l'attenzione degli studiosi (filosofi e scienziati) si è concentrata su Anassimandro. Il fenomeno colpisce non tanto per la scoperta della genialità del Milesio, che già in passato era stata messa in luce da storici della filosofia e della scienza 1 , quanto per l'insistito scavo teoretico delle idee in un pensatore «arcaico» che viene riconosciuto come un antesignano delle moderne conoscenze scientifiche. La più remota letteratura ha infatti sempre rilevato il carattere innovativo della speculazione del Milesio: egli per primo – dichiara la maggior parte delle fonti – ha posto le basi di tutte le fondamentali branchie del sapere umano. La corrente storiografica però si dispiana attraverso tre diversi atteggiamenti critici: ci sono interpreti, come Hegel, che dubitano fortemente della veridicità delle fonti: per essi il filosofo avrebbe detto o avrebbe fatto quanto gli viene attribuito dalla tradizione; altri rilevano i dati con somma cautela scoprendo in essi nodi problematici che non consentono di pervenire ad esiti sicuri; altri infine non esprimono giudizi personali, ma si limitano a presentare le opinioni degli studiosi che si sono occupati di Anassimandro.
La lingua geniale -9 ragioni per amare il greco.

Non si avverte un deciso distacco tra i versi della narrazione e quelli che ne forniscono un sens... more Non si avverte un deciso distacco tra i versi della narrazione e quelli che ne forniscono un sensibile commento visivo; spesso la metafora è sintatticamente inserita nel contesto narrativo. La prima compare nel Libro IV: «Come quando una cerva, messi a cuccia nella tana di un forte leone i cerbiatti nati da poco, lattanti, cerca le balze e le valli erbose pascendo, ed egli entra poi nel suo covo e dà a quei due un'orribile morte, così Odisseo darà loro un'orribile morte » (vv. 335-340). C'è poi un accenno alle inquietudini di Penelope: «Quanti dubbi ha un leone atterrito tra una turba di uomini, quando lo stringono in un cerchio di trappole altrettanto ne aveva, quando un sonno profondo la colse» (vv. 791-793. -Un ventaglio di metafore accompagna nel Libro V l'ingresso di Odisseo nelle maglie del racconto. Riguardano innanzitutto Ermete: «Poi si slanciò come uccello sull'onda, come gabbiano che nei seni profondi del mare infecondo bagna d'acqua salata le saldi ali in caccia di pesci» (vv. 51-53). Colgono più avanti Odisseo travagliato dalle onde in tempesta: «Come quando per la pianura Borea d'autunno trascina i cardi, ed essi si tengono stretti ammucchiati, così lo portavano i venti sul mare qua e là: ora Noto gettava la barca a Borea che la spingesse, ora Euro l'abbondonava a Zefiro che l'inseguisse» (vv. 328-331). Ed ecco che interviene Ino Leucotea che, «come una procellaria emerse dall'acqua, si posò sulla barca» (vv. 336-337). Dopo, la scena si anima per l'intervento di Posidone che scardina la zattera di Odisseo: «Come un vento impetuoso agita un mucchio di arida pula e la sparpaglia qua e là, così sparpagliò i lunghi legni» (vv. 368-370). Ma il naufrago scorge infine l'agognata terra: «Come quando ai figli appare preziosa la vita del padre, che giace ammalato soffrendo atroci dolori, a lungo languendo -un demone cattivo l'invase -e dopo tanto agognare gli dei lo sottrassero al male, così agognata apparve ad Odisseo la terra e la selva» (vv. 392-398). L'ultima notazione ritrae il disagevole approdo dell'eroe all'isola dei Feaci: «Come quando alle ventose di un polipo strappato dal covo restano attaccate fitte pietruzze, così fu strappata la pelle dalle sue mani audaci» (vv. 432-435).

La poesia epica e la ragione -Nella sterminata letteratura critica che si è addensata intorno ai ... more La poesia epica e la ragione -Nella sterminata letteratura critica che si è addensata intorno ai poemi omerici, e qui in particolare intorno all'Iliade, si è di rado toccato il tema degli «interventi personali» dell'autore. Con la presente indagine mi riprometto di rilevare i passi dell'Iliade 2 che possano ascriversi a questa particolare inflessione della poesia epica, assumendo come modello di confronto le opere di Esiodo. Nella Teogonia 3 il poeta presenta se stesso come discepolo delle Muse Eliconie, dalle quali si aspetta un «discorso improntato al vero»; anche nell'esordio degli Erga l'invocazione alle Muse di Pieria prelude alla iniziazione pedagogica del fratello: l'intento che Esiodo si prefigge è di evidente natura razionale: ej gw; dev ke Pev rsh/ ej thv tuma muqhsaiv mhn (Op. 10). Ora a me pare che questo sovrapporsi dell'«io pensante» all'«io narrante» costituisca un tratto notevole di «tutte» le epopee, le quali, sotto questo profilo, potrebbero essere rivisitate come primi incunaboli del pensiero razionale. Anche nell'Iliade, che si apre sotto il sigillo delle Muse, emerge un criterio di valutazione quando Omero si dichiara un puro e semplice «portavoce» della divinità o quando si eleva sulla materia del suo canto comunicandoci un suo intimo pensiero. Da un punto di vista strutturale, la storia dell'ira di Achille ha una duplice declinazione: è «narrativa» in una visione che ne garantisce l'oggettività (i fatti parlano da sé, la loro verità è tutta consegnata nella rivelazione divina); è «drammatica» quando la parola passa ai protagonisti dell'epopea e comunica la «loro» verità. Omero «lavora» su questi due registri e passando dall'uno all'altro fa intravedere evidenti tracce di un pensiero alacre e indagatore.

Le cavalle che mi portano fin dove può giungere l'impulso del cuore, erano la mia guida dal momen... more Le cavalle che mi portano fin dove può giungere l'impulso del cuore, erano la mia guida dal momento in cui mi fecero andare sulla via risonante di voci in cui impera la demone che conduce per ogni città l'uomo sapiente. Per quella via ero instradato; là mi portavano le sagaci cavalle che tiravano il cocchio; fanciulle mostravano la via. L'asse mandava dai mozzi un acuto stridore, ed era rovente (per l'attrito esercitato da un lato e dall'altro dalle ruote veloci), mentre si affrettavano a guidarmi verso la luce le fanciulle Eliadi, dopo aver lasciato le case della Notte, tirando indietro con le mani i veli dal capo. Si staglia colà la porta dei sentieri della Notte e del Giorno, che ha in alto un architrave e in basso una soglia di pietra; questa porta che si aderge nell'etere è rinchiusa da due grandi battenti, di cui Diche distributrice di pene detiene le chiavi laconiche. E lei con fare persuasivo e con dolci parole le fanciulle convinsero accortamente a tirare indietro per loro senza indugio il chiavistello dotato di balani. E i battenti spalancandosi aprirono un varco immane, mentre gli assi ruotavano in senso contrario sui cardini di puro bronzo, saldamente fissati da chiodi e da perni. Per quel varco le fanciulle introdussero cocchio e cavalle conducendoli direttamente sulla via maestra. E la dea mi accolse con cordiale benevolenza, strinse la mia mano nella sua mano destra e presa la parola così mi disse: «O giovane, che arrivi in compagnia di aurighi immortali con le cavalle che ti hanno portato fino alla nostra dimora, sii il benvenuto, giacché non ti ha messo su questa via una moira malvagia (si tratta infatti di un sentiero del tutto precluso alla frequenza degli uomini), ma themis e dike. Occorre che tu conosca tutto quello che può essere indagato dal pensiero: da una parte il nucleo immutabile della Verità e dall'altra le opinioni dei mortali, alle quali non si può accordare un sicuro fondamento. E pur tuttavia, anche questo dovrai apprendere: che quanto è oggetto di opinione va esplorato attentamente prendendo in esame tutte le sue parti. Frammento 2 Suvvia, ora io ti dirò – tu ascoltami e tieni in gran conto ciò che ti dico – quali sono le sole vie di ricerca aperte al pensiero; l'una asserisce che l'ente esiste e che non è possibile negare la sua esistenza: è il sentiero della Persuasione che si accompagna alla Verità; l'altra via sostiene che l'ente non esiste e che è necessario che non esista; ora io asserisco che questo è un percorso chiuso del tutto alla conoscenza: non potresti conoscere difatti ciò che non esiste (obiettivo irrealizzabile), né esprimerlo a parole. Frammento 3 Pensare è proprio lo stesso che esistere. Frammento 4 Ma guarda come le cose assenti siano fermamente presenti alla mente e difatti non si potrà con un taglio netto separare l'ente dalla sua essenza di ente, né se lo si considera completamente disperso per ogni dove nel cosmo e nemmeno se lo si pensa come un insieme compatto. Frammento 5 Per me è indifferente il punto di partenza: là ritornerò ancora di nuovo.
L'opera è stata pubblicata dalle Edizioni Rosminiane Sodalitas (Stresa 1999) con il titolo: I pre... more L'opera è stata pubblicata dalle Edizioni Rosminiane Sodalitas (Stresa 1999) con il titolo: I presocratici nel pensiero di Rosmini. Ringrazio sentitamente il Prof. Umberto Muratore, Direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani per avermi concesso l'autorizzazione a darne una versione digitale in Academia. edu. La revisione del testo, effettuata nel 2017, ha comportato qualche intervento che ha mutano la forma della precedente stesura. Le note a piè pagina sono state inserite in un file autonomo.
Il biennio 1852-1853 ha nella vita e nel pensiero di Antonio Rosmini un'importanza fondamentale. ... more Il biennio 1852-1853 ha nella vita e nel pensiero di Antonio Rosmini un'importanza fondamentale. Gli avvenimenti politici, caratterizzati dall'indirizzo laico e riformista assunto dal Parlamento piemontese, lo impegnano -specialmente dopo l'approvazione della Legge civile in relazione al matrimonio (5 luglio 1852) -in una vivace pubblicistica (1). I fondamenti della sua filosofia, la sua concezione del diritto, della società e della funzione civile e rigeneratrice della Chiesa, da tempo messi in discussione e fieramente osteggiati, escono indenni dai voti di cinque dei sei Consultori dell'Indice dopo un lungo esame della sua Opera omnia (2); ma non cessa per questo la pugnace opposizione dei suoi avversari, che si protrarrà, anche a causa della incerta condotta di Pio IX, ben oltre il 1854, anno del conclusivo pronunciamento del nihil censura dignum.

La storia del «bollino rosso» e del «bollino nero» È una vicenda tutta interna alla televisione e... more La storia del «bollino rosso» e del «bollino nero» È una vicenda tutta interna alla televisione e alla mentalità dei giornalisti televisivi e della «carta stampata». Nel 1994 Mediaset decise di darsi un codice di comportamento «morale» (proprio così!), in ossequio al quale sarebbe stati giudicati ed eventualmente «censurati» i programmi trasmessi indicando ai telespettatori mediante un bollino, che compariva sul bordo inferiore del teleschermo, l'area di utenza di quanto veniva «mandato in onda». Bollino verde per quel che poteva essere visto da tutti, bollino rosso per spettacoli destinati soltanto agli adulti. Con una fulminea associazione di idee, «bollino rosso» da indicatore di trasmissione non adatta ai bambini, nella fervida mente dei giornalisti si trasformò in un sinonimo di condizione proibitiva, di anomalo superamento della normalità. E poiché al peggio non c'è fine, parve bene agli stessi ipotizzare un ulteriore grado di gravità, e fu così che nacque il «bollino nero», stereotipo gemello di quello «rosso».

Su «allotropi» e «allotropia». Alcune precisazioni terminologiche, e qualche aggiunta (2017) Per ... more Su «allotropi» e «allotropia». Alcune precisazioni terminologiche, e qualche aggiunta (2017) Per la storia dei termini «allotropi» e «allotropia» bisogna chiarire che essi appartengono propriamente al lessico della chimica. Sono i nomi introdotti da Jöns Jacob Berzelius (1779-1848) per descrivere la proprietà di talune sostanze semplici di rivestire in natura forme diverse. Come termini scientifici, quindi, fanno parte del lessico internazionale. Il loro adattamento ai fenomeni linguistici è una particolarità degli studi italiani, introdotta nel 1878 dal glottologo Ugo Angelo Canello (1848-1883), il quale trasferì dalla chimica alla lingustica la teoria delle «doppie forme» inserendola in un quadro teorico più ricco ed organico. L'allotropia, sotto il profilo linguistico, è una elaborazione dottrinaria solo e soltanto italiana. La dottrina delle «doppie forme», che riguarda tutte le lingue di cultura, interpreta le innovazioni colte come «imprestiti», ossia come un attingimento dal vocabolario di altre lingue. Il lessico linguistico europeo conosce e riconosce la doppia gemmazione formale da un comune etimo, ma non la denomina «allotropia». Il tratto distintivo che conferisce originalità alla interpretazione di Canello consiste nella scoperta di una ricca tipologia del fenomeno, nel quale intervengono anche fattori fonetici di diversa origine e affiorano stratificazioni storiche e sociali. Gli allotropi nella contemporaneità dell'uso assumono un significato distintivo assoluto o relativo, differiscono spesso per sfumature o per isolate variazioni fonetiche, ma poste in proiezione storica si trasformano in sequenze significative che scandiscono la storia della lingua. La ricerca etimologica apre per tal via inedite prospettive all'analisi degli allotropi, con importanti risultati nella prospezione degli sviluppi storici dell'italiano. Si rivelano sotto questo profilo particolari aspetti della notra lingua, che rispetto agli altri idiomi neolatini, è più condizionata dai dialetti, i quali al suo interno esercitano un ruolo decisamente attivo. Risalendo agli etimi, inoltre, si può ripercorrere il lungo cammino che separa la lingua moderna dalle sue origini latine e medievali, cammino lungo il quale si incontrano i protagonisti del nostro passato, non solo greci e latini, ma anche bizantini, ostrogoti, longobardi, arabi, normanni, e via dicendo. Il greco penetra nella nostra lingua attraverso la mediazione del latino, ma in dosi massicce è assunto nel lessico della scienza: man mano che la scienza cresce, aumenta il numero degli allotropi «colti»; questa crescita, a partire da Galileo, diventa esponenziale. Un altro settore dello studio degli allotropi italiani riguarda il loro assetto fonetico e formale quale a noi risulta dai documenti letterari dei sec. XIII e XIV. Negli autori del Duecento e nei contemporanei di Dante si riscontrano parole che sono da secoli uscite dall'uso (molte sopravvivono nei dialetti). Il fenomeno dell'allotropia, tuttavia, trova in questo domino arcaico una ricca documentazione, storicamente densa e significativa. Per fare un esempio. il lat. adventus sopravvive nella forma «abentu», che leggiamo in Cielo d'Alcamo, accanto all'allotropo «avvento» del linguaggio colto ed ecclesiatico. Ebbene, questo «abentu» si rivela come un termine di grande suggestione, mentre l'allotropo «avvento» è ritualmente vicino al suo antenato «adventus». La tradizione diretta, la lingua popolare, è dunque il tratto storicamente più rilevante dell'allotropia. gm.
Nel panorama della filosofia italiana dell'Ottocento Rosmini raggiunge, per la profondita e l'est... more Nel panorama della filosofia italiana dell'Ottocento Rosmini raggiunge, per la profondita e l'estensione del suo sistema, l'apice della notorietà e della autorevolezza. I suoi contemporanei avvertirono la novità e l'originalità delle sue idee, coerenti con il suo credo religioso, ma autonome nella loro origine e fondazione. Il Saggio sull'origine delle idee è la sua personale risposta alle formulazioni della precedente filosofia: da Kant ad Hegel.
Si tratta di una recensione al cap. IX della «Logica» di Rossetti che l'Autore ha avuto la cortes... more Si tratta di una recensione al cap. IX della «Logica» di Rossetti che l'Autore ha avuto la cortesia di comunicarmi in «anteprima». Al di là dei contenuti specifici, ritengo che alcune riflessioni possano essere inserite in un discorso di interesse generale.
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