Archeologia religiosa Nuovi spazi aggregativi I cambiamenti socio-culturali ed economici che inevitabilmente accadono nelle città contemporanee contribuiscono al fenomeno dell'abbandono di determinate zone urbane, sia residenziali, sia...
moreArcheologia religiosa Nuovi spazi aggregativi I cambiamenti socio-culturali ed economici che inevitabilmente accadono nelle città contemporanee contribuiscono al fenomeno dell'abbandono di determinate zone urbane, sia residenziali, sia lavorative, con una conseguente prospettiva di degrado; basti pensare alle aree delle ex-fabbriche, con i loro spazi ed edifici lasciati all'incuria, di cui ormai non ci si scandalizza più, e anzi, vengono catalogati nell'ambito della archeologia industriale. Si è preso atto che questi luoghi repulsivi possono, in realtà, diventare attrattivi, essere un'opportunità di sviluppo urbano, grazie alla loro rigenerazione, coinvolgendo le comunità nel farsi partecipi del progetto di cambiamento. Ciò appare ben diverso quando si tratta dei luoghi di culto, i cosiddetti "luoghi sacri" dove, un senso di appartenenza, più culturale che religioso, può generare, in caso di trasformazione, conflittualità sociali, specialmente nell'era della libera comunicazione digitale. Si grida allo scandalo, se vengono dismessi o rifunzionalizzati, ma va comunque messo in evidenza che, altresì, non si riesce a rinunciare alla costruzione di nuovi, il più delle volte scatole vuote che inducono liturgie statiche, esempi di formalismo allo stato puro, relegati ai margini dei piani di sviluppo urbano, scarsamente utilizzati. Ci troviamo di fronte a un nuovo fenomeno: l'Archeologia Religiosa. Chiese, conventi, cappelle non più utilizzati i quali non suscitano più interesse, specialmente tra i giovani, gestiti da un clero poco incline alla contemporaneità. I luoghi sacri, oggi, sono altri e questo genera confusione nel linguaggio socio-culturale, basti pensare allo stadio inteso come "tempio del calcio", con la conseguente "mano di Dio" maradoniana o "la fede" per una squadra o la popstar Madonna. È doveroso quindi ripensare lo spazio sacro come spazio santo, in nuove dimensioni e collocazioni urbane, consone all'interazione con le comunità, in nuovi ambiti aggregativi: centri commerciali, impianti sportivi, infrastrutture di trasporto, parchi urbani. La questione è: cosa fare dell'archeologia religiosa? Demolirla o rifunzionalizzarla? E che fare poi dei "nuovi" centri parrocchiali scarsamente utilizzati e privi di qualità? Le nostre città non sono più uniformi sedi di comunità cattoliche, non necessitano più di strutture religiose sovradimensionate: più realistico appare rivolgersi a progetti sostenibili e distribuiti nei luoghi più attrattivi della metropoli, spazi diffusi adeguati anche per altre credenze, nell'auspicio di una pacifica convivenza e di un arricchimento socio-culturale in divenire. La variabile culturale è fondamentale nell'approccio progettuale alla sostenibilità, dove patrimonio culturale, tradizioni e valori devono essere considerati per soluzioni adatte alle comunità locali. Questa dimensione culturale è essenziale anche nell'istruzione dei progettisti, contribuendo allo sviluppo sostenibile. Abbracciare diversi approcci è cruciale per creare società resilienti e sostenibili. Riunendo persone con background diversi, si accede a una vasta gamma di conoscenze ed esperienze, favorendo soluzioni innovative adatte alle specifiche esigenze delle comunità. Inoltre, promuovere la diversità contribuisce a costruire legami sociali forti e società più inclusive ed equi. Un esempio interessante è la trasformazione della cattedrale "Église du Sacré Coeur" a Casablanca, Marocco, in un centro culturale aperto all'arte contemporanea anziché demolirla o dedicarla a un culto specifico. Questa scelta rispecchia la vocazione multiculturale della città, preservando e celebrando la sua diversità. Tuttavia, alcune soluzioni, come chiese skate o ristoranti, possono avere successo locale ma altre possono innescare criticità sociali future, meritano un'attenta riflessione. Ad esempio, la trasformazione di luoghi di culto, come il tempio induista di Ayodhya, costruito su una preesistente moschea del XVII secolo distrutta a furor di popolo, può causare tensioni politiche e sociali. La cautela è necessaria nelle decisioni di rifunzionalizzazione per evitare futuri problemi. Sono opportuni nuovi approcci di pianificazione urbana attraverso il concetto di Sviluppo Urbano Basato sulla Conoscenza (KBUD). Questo paradigma cerca di creare città della conoscenza, incoraggiando la produzione e circolazione del "lavoro astratto" per ottenere prosperità economica e sostenibilità ambientale. Concentrandosi sulle aree di identità, spesso legate a contesti religiosi e ora in disuso, il KBUD propone di preservare tali spazi come semi di rinascita socio-culturale ed urbana, riconoscendo il loro valore nella costante evoluzione sociale. Considerando le aree di identità del luogo, spesso di natura religiosa e non più utilizzate a causa del costante cambiamento sociale, questi spazi, giustamente tutelati, diventano il seme di una rinascita socio-culturale ed urbana. Da troppo tempo l'architettura religiosa è stata indirizzata verso la mera edilizia: una pausa di riflessione è auspicabile, una sorta di "fermo biologico" aiuterebbe sicuramente a rigenerare sia la committenza, sia i progettisti. Parole chiave: archeologia religiosa, chiese abbandonate, rigenerazione urbana, senso di appartenenza, società eque.