Con la Sentenza n. 5919 del 24 marzo 2016, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte, ha respinto il ricorso promosso da un intermediario finanziario (di seguito " la banca ") nei confronti di una sentenza resa dalla Corte d'Appello di...
moreCon la Sentenza n. 5919 del 24 marzo 2016, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte, ha respinto il ricorso promosso da un intermediario finanziario (di seguito " la banca ") nei confronti di una sentenza resa dalla Corte d'Appello di Milano che aveva pronunciato la nullità di un'operazione di investimento in obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina per difetto di un valido contratto scritto di negoziazione (di seguito anche " accordo quadro ") ai sensi dell'art. 23 del D.Lgs. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza). Come è noto, la disciplina dei contratti bancari e finanziari prevede la necessità di forma scritta del contratto a pena di nullità (art. 117 T.U.B. e art 23 T.U.F.). Nella fattispecie, l'accordo quadro prodotto da ciascuna delle parti in giudizio, intermediario e cliente sottoscrittore, recava la sottoscrizione del solo cliente accompagnata da una dichiarazione resa dal medesimo del seguente tenore: «Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi». Questa dichiarazione suppliva, di fatto, all'assenza di firma da parte dell'intermediario/banca, così che il contratto poteva dirsi " monofirma ". Ad integrazione della documentazione, erano poi stati depositati estratti conto ed altra documentazione contabile inerente al rapporto e all'investimento. In applicazione dei principi di diritto esposti in una sentenza della Prima Sezione Civile 22 marzo 2012, n. 4564 resa in relazione ad un caso simile, la difesa dell'intermediario aveva affermato che la dicitura, sopra citata, contenuta nel documento mancante della sottoscrizione proveniente dalla banca, rendeva ragionevole affermare che l'esemplare consegnato recasse per l'appunto la sottoscrizione della banca. Parimenti, sempre in applicazione della sentenza di cui sopra, anche in mancanza di una copia firmata dalla banca l'intento dell'intermediario di avvalersi del contratto risultava dimostrato oltre che dall'accordo depositato in giudizio anche da manifestazioni di volontà esternate dalla banca ai clienti nel corso del rapporto, quali ad esempio gli estratti conto periodicamente inviati e gli ordini di esecuzione, dalle quali si poteva desumere la volontà di avvalersi del contratto con conseguente perfezionamento dello stesso, A sorpresa, la Suprema Corte Prima Sezione Civile, nella recentissima sentenza del marzo 2016, ha ritenuto di non poter dare " continuità " all'indirizzo consacrato nel 2012 preferendo dare rilievo, da una parte all'elemento della formalizzazione del contratto mediante sottoscrizione da parte di entrambe i contraenti , la quale, come da consolidato orientamento giurisprudenziale, può avvenire " anche mediante scambio di due documenti del medesimo tenore ciascuno sottoscritto dall'altro contraente " purché inscindibilmente collegati e dall'altra alla prova del requisito della forma " ad substantiam " così da rilevare che " La stipulazione del contratto non può essere viceversa desunta in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale quella sottoscritta dal cliente ". Nell'interpretazione della Suprema Corte quando la forma scritta è richiesta ad substantiam, come nel caso in oggetto, è un elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l'estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, conseguentemente occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto. Per quanto attiene alla possibilità di far discendere la validità del contratto " monofirma " (ossia firmato dal cliente) dalla produzione in giudizio da parte della banca del medesimo documento e quindi da comportamenti concludenti posti in essere da quest'ultima e documentati per iscritto (es. produzione di contabili, ordini di esecuzione, estratti conto ecc.) da cui si evidenzierebbe la volontá della stessa di avvalersi del contratto la Corte, ha quindi richiamato un consolidato orientamento di legittimitá, che ricollega a tale fattispecie effetti contrattuali perfezionativi ex nunc e non ex tunc. La conseguenza di tale orientamento è che gli ordini di acquisto eseguiti precedentemente al perfezionamento dell'accordo quadro sono nulli proprio perché presuppongono l'esistenza 'a monte' di un contratto quadro valido. D'altro canto, sempre secondo la Corte non è possibile far discendere la validità dell'ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo dell'accordo quadro" non è pensabile in virtù del principio dell'inammissibilità della convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c. Sempre sul medesimo punto la Corte ha osservato, in relazione alla documentazione prodotta, che la stessa " non possiede i caratteri della «estrinsecazione diretta della volontà contrattuale», tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale ". In considerazione della circostanza che sul tema della validità dei contratti bancari e in materia di servizi di investimento privi della firma della banca (ossia " monofirma ") esiste un nutrito contenzioso possiamo auspicare che poiché la Sentenza in oggetto non proviene dalle Sezioni Unite della Cassazione e quindi non possiede carattere dirimente altre Sezioni della Corte possano dare interpretazioni diverse e auspicabilmente più favorevoli agli intermediari.