Stiamo entrando in una nuova era dove a rivendicare nuove priorità, nelle agende istituzionali, sono i processi culturali, quei processi attinenti alla " sfera del simbolico " e ritenuti indispensabili per rigenerare, con continuità, il...
moreStiamo entrando in una nuova era dove a rivendicare nuove priorità, nelle agende istituzionali, sono i processi culturali, quei processi attinenti alla " sfera del simbolico " e ritenuti indispensabili per rigenerare, con continuità, il tessuto interconnettivo di un qualunque sistema sociale. E l'ingresso in una nuova era comporta anche l'assunzione di nuovi concetti, nuovi paradigmi, come quello di " sostenibilità culturale " che si sta facendo strada nel dibattito politico europeo (Culture(s) in Sustainable Futures: theories, policies, practices, Helsinki, maggio 2015). Il simbolico è un ambito riconosciuto da Ernst Cassirer, già a partire dagli anni Venti del secolo scorso, come necessario per la sopravvivenza dell'essere umano. Il mito, l'arte, il teatro, la musica, la letteratura, la religione, la storia fanno parte, secondo Cassirer, dell'universo simbolico degli individui, sono «i fili che costituiscono l'aggrovigliata trama dell'esperienza umana». Se tutte le forme della vita culturale dell'uomo sono simboliche, allora l'uomo potrà essere definito animal symbolicum: «in tal modo si indicherà ciò che lo caratterizza e ciò che lo differenzia rispetto a tutte le altre specie, e si potrà capire la speciale via che l'uomo ha preso: la via verso la civiltà». Quando Cassirer scriveva La filosofia delle forme simboliche (1923-26), negli ambienti giuridici nazionali e internazionali ancora non si dibatteva di diritti culturali, di quei diritti in cui la sostenibilità culturale trova la propria ragione d'essere e i propri fondamenti. Definita come «la necessità per un sistema di preservare le condizioni ritenute indispensabili al fine di rigenerare quei processi attinenti alla dimensione del simbolico» (Amari 2012), la sostenibilità culturale, di fatto, è il risultato del riconoscimento dell'importanza che i diritti culturali hanno nello sviluppo della società contemporanea. Ricompresi nella più vasta e consolidata categoria delle norme di protezione dei diritti umani (Dichiarazione universale dei diritti umani 1948), i diritti culturali sono stati oggetto di interesse, nel tempo, sia del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR 1966) che del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR 1966). Considerati diritti di seconda generazione, a differenza dei diritti civili e politici, i diritti culturali sono stati posti in una posizione secondaria e subordinata e, fino a qualche anno fa, sono stati configurati all'interno di una categoria estremamente limitata e ristretta. Peraltro, l'esprimersi in termini di gerarchia quando si parla di diritti dell'uomo non è stato considerato corretto dalla Conferenza mondiale sui diritti umani delle Nazioni Unite svoltasi a Vienna nel 1993. In quell'occasione è stato affermato il principio dell'indivisibilità dei diritti dell'uomo sia che essi siano politici, economici, sociali e culturali in quanto «tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi». A differenza dei diritti civili e politici considerati direttamente applicabili (self executing) e a cui corrispondono le " libertà negative " – un non fare da parte dello Stato, dei pubblici poteri-ai diritti culturali, al pari di quelli economici e sociali, corrispondono invece le " libertà positive " , un fare programmatico, un insieme di prestazioni positive da parte dello Stato, dei pubblici poteri. Comportando un obbligo a un fare positivo da parte degli Stati e, quindi, la previsione di risorse specifiche e umane, con la necessità di istituzioni finalizzate a garantirne l'effettivo godimento, i diritti culturali tendono a rimanere sulla carta, essendo condizionati dalla disponibilità delle risorse pubbliche le quali privilegiano in modo asimmetrico, e non paritetico, i processi economici e sociali. E' arrivato il momento – e l'assunzione del concetto di sostenibilità culturale nel dibattito politico potrebbe servire da catalizzatore-di ripensare al ruolo che i processi culturali, per l'intrinseca capacità di creare legami aggreganti e condivisi, oltre che spontanei, tra una pluralità di soggetti, possono giocare per l'innovazione, la coesione sociale, per aumentare la creatività e la produttività di una società, l'attrattività dei territori, per offrire una risposta ai problemi dell'occupazione e della disoccupazione giovanile, per riuscire a dare un percorso di senso alla vita di ciascun individuo. In sintesi per rigenerare con continuità quel tessuto inter-connettivo sociale, considerato di supporto funzionale alle attività produttive, alle esigenze del vivere sociale, alle relazioni fiduciarie interpersonali necessarie per l'esistenza stessa di ogni comunità locale. La Dichiarazione di Friburgo A monte di una presa di coscienza della crescente importanza dei diritti culturali vi è il modificarsi della concezione stessa di " cultura " , la cui importanza è stata rivalutata soprattutto per il ruolo che essa svolge nella costruzione dell'identità della persona, come ha sottolineato la Dichiarazione di Friburgo sui diritti culturali (2007), realizzata ad opera di accademici ed esperti internazionali che operano nel settore dei diritti umani. Merito della Dichiarazione di Friburgo è avere identificato e riunito in unico corpus i diritti culturali, individuandoli nel diritto all'identità e al patrimonio culturale, nel diritto di riferirsi (o non riferirsi) ad una o più comunità culturali, nel diritto ad accedere e a partecipare alla vita culturale, nel diritto all'educazione e alla formazione, nel diritto alla comunicazione, all'informazione e nel diritto alla cooperazione culturale.