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Hans Urs von Balthasar LO STILE FILOSOFICO

Abstract

il testo propone una sintesi di alcuni aspetti della filosofia di Hans Urs von Balthasar sviluppata nell'opera Verità del mondo, nella prospettiva della concezione di tradizioni di ricerca di Larry Laudan. Il conseguente concetto della tradizione di ricerca filosofica permette, da una parte, di individuare un principio organizzativo del pensiero filosofico e di illustrare lo stile filosofico di Balthasar, e dall'altra di descrivere il mondo secondo il teologo svizzero. Da queste considerazioni emergono l'oggetto formale e le caratteristiche fondanti dello stile filosofico di Balthasar. L'oggetto formale è costituito dal terzo regno di verità e della differenza reale tra l'esistenza e l'essenza vista nella prospettiva della creaturalità e della contingenza del mondo, esposti secondo lo spirito della filosofia cattolica interpretata da Hans Urs von Balthasar. In quanto allo stile si devono evidenziare: il ricorso ai trascendentali, all'analogia e al senso illativo, nonché la circolarità dell'approccio unita all'analisi meditativa. Quest'ultima spesso fa ricorso al registro linguistico lirico proprio del discorso amoroso, nell'accezione balthasariana del termine "amore". the text proposes s synthesis of some aspects of Hans Urs von Balthasar’s philosophy as presented in his book The Truth of the World, in the perspective of Larry Laudan’s conception of Research Traditions. The resulting concept of the tradition of philosophical research on the one hand makes it possible to identify an organizing principle and the style of Balthasar’s philosophical thought and on the other to describe the world according to the Swiss theologian. From these considerations emerge the formal object of the research and the fundamental characteristics of Balthasar’s philosophical style. The formal object is the third realm of truth and the real difference between existence and essence seen in the optics of the creaturality and contingency of the world, set out in the spirit of catholic philosophy as interpreted by Hans Urs von Balthasar. As to the style, the following should be noted: the use of the transcendentals, the analogy and the illative sense, as well as the circularity of approach combined with a meditative analysis. The latter often makes use of the lyrical linguistic register of love discourse, in the Balthasarian sense of the term 'love'.

References (30)

  1. Il rapporto tra il singolare e l'universale, tra l'altro molto presente nel pensiero di Balthasar (cfr. ad esempio VC, 178) esprimono bene le considerazioni di Newman dedicate al profeta Elia, riportate di seguito nella sintesi proposta da Luca Obertello (La grammatica dell'assenso di John Henry Newman, Jaca Book, Milano 2000, p. 82): «Una legge non e un fatto, ma una nozione che esprime una qualità comune di un gruppo di esseri -comune, ma non necessaria, e pertanto non sempre presente nel caso individuale. Tutti gli uomini muoiono, perciò anche Elia dovrebbe essere morto; ma egli fu esentato dalla morte, e portato in cielo con il suo corpo. Per lui valse non la legge dell'umanità, ma la "legge di Elia"; e che si sia trattato di un miracolo, ossia di una eccezione alla legge dell'umanità, non fa differenza, poiché questa miracolosa eccezione e proprio quel che contraddistingue la reale individualità di Elia». 65 TD 2, 128.
  2. J. H. Newman, Grammatica dell'Assenso, op. cit., p. 273.
  3. Ivi, p. 272.
  4. Ivi, p. 285.
  5. Ivi, p. 286.
  6. M. Marchetto, La riflessione antropologica di John Henry Newman, «Prospettiva persona», N. 80/12; pp. 15-16, https://documen.site/download/la-riflessione-antropologica-di-john-henry- newman_pdf# (consultato il 01/10/2021; i corsivi di Marchetto).
  7. Cfr. al riguardo G. Boniolo e P. Vidali, Filosofia della scienza, op. cit., pp. 281-298 ed più avanti la presentazione dell'approccio di Dan Nesher.
  8. Cfr. Y. Martel, Lo sguardo di Odo, Frassinelli, Torino 2016, pp. 131-139.
  9. punto focale. Con una sfumatura diversa, Rousselot sottolinea: «percepire la connessione, significa percepire l'indizio come indizio». E, naturalmente, «l'indizio non può essere percepito come indizio se non si percepisce contemporaneamente […] la cosa "indicata"» 76 . Per questo motivo Newman concorderebbe forse con la sintesi di Rousselot: «attraverso un minimo indizio, si coglie una grande verità» 77 . Il senso illativo apre gli occhi a questa grande verità, direbbe forse Rousselot, interpretando il meccanismo, per così dire, dell'inferenza informale nei termini dell'amore. È infatti l'amore, che dà occhi per vedere. Rousselot parlando della fede lo esprime così: «come l'amore è necessario alla conoscenza, così la conoscenza è necessaria all'amore.
  10. L'amore, l'omaggio libero reso al bene supremo, dona occhi nuovi […].
  11. L'atto è ragionevole poiché l'indizio percepito apporta alla nuova la testimonianza dell'ordine naturale; l'atto è libero poiché l'uomo può respingere, se vuole, l'amore» 78 . Emerge in questo brano il carattere imprescindibilmente individuale dell'amore, e anche il fatto che l'azione del senso illativo interpretato nei termini dell'amore, è allo stesso tempo certo e libero. Evidenzia nuovamente la necessità di una circolarità tra gli indizi e la totalità della verità, nonché permette di capire meglio l'affermazione, spesso citata come una sintesi suprema del pensiero teologico balthasariano: "solo amore è credibile" 79 . Se grazie al senso illativo l'uomo acquisisce una certezza dell'esistenza di una totalità verso la quale convergono tanti indizi, si pone una domanda se vi sia un procedimento particolare grazie al quale scandagliare tale totalità. Ora, identificando, in riferimento alla metafora di René Daumal, tale totalità con la cima di una montagna, la tecnica per scalarla è quella di analogia 80 . Per avviare il discorso sull'analogia sembra indispensabile uno sguardo sul suo ruolo in teologia. Come ricorda G. Ruggieri, per teologia cattolica, l'analogia è «il luogo classico dove porre il discorso su Dio» 81 , il che si comprende chiaramente se si tiene 76 Ivi, p. 50.
  12. Cfr. ivi, p. 57.
  13. Ivi, p. 84. Scrive Balthasar nel saggio "Il movimento verso Dio", facendo riferimento esplicito a Rousselot: «per poter scorgere i lineamenti della rivelazione nella storia, l'uomo ha bisogno [degli] occhi della fede e cioè di una forza sintetica che penetra i fenomeni, d'una forza che viene da Dio e che è in grado di interpretarli per ciò che Dio in essi vuole manifestare della sua profondità» (SC, 35).
  14. Si veda a tal riguardo R. Fisichella, Solo l'amore è credibile. Una rilettura dell'opera di Hans Urs von Balthasar, Lateran University Press, Roma 2007.
  15. R. Daumal, Il Monte Analogo, Adelphi, Milano 2020.
  16. G. Ruggieri, "Introduzione", in: TG, 16; cfr. anche KB, 51 e 63. Eberhard Jüngel, ben coglie la questione qualificando la dottrina dell'analogia entis come «genuinamente cristiana», identificando la sua finalità con quella di «afferrare Dio» (E. Jüngel, Dio, Mistero del mondo, Queriniana, Brescia 1991 2 , p. 368). In sintesi l'analogia entis appare come un concetto talmente centrale nella teologia cattolico, che possa
  17. W. Löser, "Gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola nella teologia di Hans Urs von Balthasar", in K. Lehmann, W. Kasper (a cura di), Hans Urs von Balthasar, Balthasar, op. cit., p. 227. In tema cfr. anche J. Villagrasa, LC, Hans Urs von Balthasar, op. cit., pp. 127-158.
  18. W. Treitler, "Veri fondamenti di autentica teologia", in K. Lehmann, W. Kasper (a cura di), Hans Urs von Balthasar, op. cit., pp. 229-250.
  19. Ivi, p. 239.
  20. Ivi, pp. 236-237.
  21. » (TL 1, 13 e TL 2, 1-2, 53). A queste due domande si aggiungono le altre che riguardano più direttamente Dio, l'uomo e il mondo: «chi è e come è fatto questo Dio che, senza alterarsi, può far uscire da sé delle libertà finite? Chi è e come è fatto il portatore di una simile libertà finita? Chi è e come è fatto costui, se il suo nome è uomo, incomprensibile mistura di materia dal basso e di Dio dall'alto?» (TD 2, 188). La PhRT di Balthasar affronta dunque questa, intricata situazione problematica.
  22. Tuttavia, come ogni tradizione di ricerca, non è libera da alcune criticità, che di norma vengono classificate come i problemi interni o esterni. Ommettendo per mancanza di spazio una discussione più dettagliato dell'argomento, verranno di seguito segnalati tre problemi concettuali della PhRT di Balthasar: due interni, che alla fin fine riguardano la conoscenza (3.1), e uno esterno, seppur quest'ultimo sarebbe da collocare in una zona limitrofa tra i problemi concettuali esterni ed interni della tradizione di ricerca in oggetto (3.2).
  23. K. R. Popper, "Problemi, scopi e responsabilità della scienza", in K. R. Popper, Scienze e filosofia, Einaudi, Milano 1977, p. 145.
  24. » (TD 5, 256)? Nella situazione problematica creata da questa domanda, si colloca un'altra questione riguardante il fine e l'oggetto formale della libertà finita. Certo, essa non è una padrona delle sue origini, tuttavia è proprio così evidente che il fine e l'oggetto formale della libertà finita, che è poi la libertà umana, sia «il bene semplicemente» (TD 5, 256), e che anche «i colpi più aspri contro la bontà dell'essere possono verificarsi unicamente a causa dell'inseguimento (perverso) di un bene» (TD 3, 483)? Balthasar cita Spinoza secondo cui «l'autoconservazione [è] fine massimamente desiderabile» dell'essere singolo 96 . L'obiezione di Spinoza potrebbe essere approfondita e anche rinforzata in riferimento alla teoria del metabolismo di informazione di Antoni Kępiński, presentata nel modo più dettagliato nel libro Melancholia 97 . Uno psichiatra polacco sottolinea come l'autoconservazione della propria vita e della specie rappresenta un elemento essenziale che permea ogni tappa dei processi del metabolismo energetico ed informatico con l'ambiente di ogni essere vivente. Ammesso e, forse, non concesso, che Spinoza abbia ragione, che cosa occorrerebbe cambiare nell'impianto della PhRT di Balthasar? Forse bisognerebbe ripensare il principio M1 che trova una esplicitazione particolarmente chiara nella parte conclusiva del primo volume della TeoLogica (TL 1, 227-229). A partire dall'affermazione che è misurabile/conoscibile soltanto ciò, che è già stato misurato/conosciuto Balthasar arriva alla conclusione: «la detta promessa
  25. R. Daumal, Il Monte Analogo, op. cit., p. 17.
  26. La prima nota, TD 5, 256; cfr. anche TL 1, 219 dove Balthasar confronta il bene e il bisogno.
  27. A. Kępiński, Melancholia, Wydawnictwo Literackie, Kraków 2014. fossero così opache che neanche un pensiero mitico, filosofico o critico sia in grado di diradare la loro oscurità? Lo stile della ricerca e dell'esplorazione del mondo intrapreso da Balthasar nell'ambito filosofico che dipende dal concetto dell'analogia entis, è simile per certi versi alla ricerca del Monte Analogo 98 . Nel romanzo-trattato, abbozzato, perché vista la sua frammentarietà non si può dire "scritto", René Daumal ipotizza l'esistenza del 'era immenso vuoto, come spesso era inevitabile pensare, ma una serie di gradini, e fra l'uno e l'altro era possibile spostarsi. Lo provava il continuo, silenzioso movimento
  28. Angeli» 99 . E proprio qui sta la difficoltà: per un uomo -è mai possibile tale impresa? Esiste un Monte Analogo da scalare? Non è che si tratti di un sogno, e soltanto di un sogno? Presentando la dottrina dell'actus essendi dell'Aquinate, Balthasar
  29. Roberto Calasso considera Daumal un analogista (R. Calasso, L'innominabile attuale, Adelphi, Milano 2020, p. 63). Gli analogisti, scrive Calasso, cercano «la signaturae rerum» e talvolta gli veniva attribuito il foetor gnosticus. Appartengono ai secolaristi, che hanno cancellato il divino (ivi, p. 56). Homo saecularis costruisce la sua esistenza sulla fede nel libero arbitrio e nella scienza (ivi, p,. 58). Naturalmente accostando il procedimento di Balthasar a quello di Daumal, non si vuole sostenere una tesi che pure Balthasar sia un analogista -tutt'altro. Tuttavia esiste un certo rischio legato all'uso dell'analogia entis, che tale accostamento vorrebbe indicare, come del resto già evidenziato nell'ultimo capoverso del capitolo 2.3.
  30. R. Calasso, Il libro di tutti i libri, op. cit., pp. 182 e 392.