Remix-remake: pratiche di replicabilità
2006
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Abstract
Videogiochi che diventano film, brani musicali riproposti in nuova veste, videoclip ispirati a opere pittoriche, opere d'arte costruite su altre opere d'arte, film come "Matrix" e "Kill Bill" esempi di prodotti realizzati a partire da giustapposizioni eterogenee e intrecci di generi. Questa raccolta propone una riflessione sulle nuove forme di testualità mediatica, con un'attenzione particolare alle "pratiche di replicabilità", che stanno alla base di molti "ibridi" trans-testuali non esauribili attraverso categorie di genere.
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Digital technologies deeply changed the design strategies. The process used to start with the representation media and finish with the production tools. Virtual model offers a preview of the shape and the rendering of the design products, and, furthermore, it is an important step in the making. The prototyping technologies allow the quick realization of mock-ups directly from virtual models and recently it also became a production tool, thanks to the application on industrial robots with digital control. Therefore the virtual prototyping has several applications in the manufacturing processes. The application of digital printing to industrial production offers a new perspective on manufacturing. 3D robot printing doesn’t require any kind of mold, therefore it provides an easy and quite cheap making of “single” pieces. The serial production changes into a new kind of craft, in which the virtual model is the printing mold that runs the making process. As a consequence, the digital tools changed the concept of model and as well the relationships between the concepts of copy and representation. This argument appears to be quite theoretical, however it most certainly isn’t. The experience we are talking about stresses how the copying by prototyping is not a bare technical problem but it points out a set of cultural topics as a consequence of the virtualness of digital images. The case concerns the reproduction of a pine sculpture that stood in the Evangelic yard of the monumental cemetery of Parma on the puppeter Giordano Ferrari’s grave.
2017
L’obiettivo di questo articolo è mettere a fuoco due delle caratteristiche principali della mente: la capacità di formulare analogie creative, combinando e reinterpretando in schemi nuovi le informazioni che un soggetto ha a sua disposizione, e la capacità di far slittare i concetti in aree semantiche affini. Il progetto Copycat consiste in un software, messo a punto dal gruppo di ricerca F.A.R.G. dell’Indiana University tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, che, partendo da alcune informazioni di base, prova a formulare analogie intelligenti per rispondere a problemi logici circoscritti. Nell’articolo che segue si presenterà un’analisi dettagliata del progetto Copycat e dei suoi antecedenti, soffermandosi su alcune intuizioni teoriche ancora utili e stimolanti di questo approccio rappresentazionalista alla struttura e alle dinamiche della mente.
2015
Sempre più frequentemente si presentano mostre che non sono altro se non la riproposizione di mostre già realizzate in epoche precedenti. È possibile anzi definire questo fenomeno una vera e propria moda, che obbedisce però anche a un metodo curatoriale, che se attuato con la corretta distanza critica e obiettività storico filologica, può costituire un interessante strumento di studio e di analisi di aspetti dell'arte del passato, ma anche dell'evoluzione dell'arte più attuale. Il citazionismo è del resto un fenomeno tipico dell'epoca postmoderna che ha avuto nell'arte un ruolo ben preciso negli anni Ottanta e una sua evoluzione nella postproduzione dei Novanta. Si può dunque leggere il reenactment delle mostre un ulteriore processo di questo fenomeno che sta attraversando negli ultimi decenni il mondo dell'arte. Partendo da una riflessione critica sulla recente mostra tenutasi alla Fondazione Marconi basata sulla ripetizione della famosa mostra degli anni Settanta intitolata "La ripetizione differente", l'articolo intende soffermarsi su tale pratica curatoriale: da When attitudes become form alla Fondazione Prada nel 2013, alle mostre romane degli anni Settanta (Contemporanea, Vitalità del Negativo etc.) riproposte dall'architetto Sartogo al MAXXI nel 2014. Tali mostre non costituiscono semplicemente una ricostruzione storica dell'evento passato, ma si propongono come un nuovo e vitale progetto espositivo, allo stesso modo in cui, appunto, nell'arte postmoderna l'opera d'arte contemporanea si impadroniva del passato per ripresentarlo con un nuovo linguaggio e una nuova identità, anche le mostre riviste nel presente assumono connotati differenti, attingono a una dimensione altra rispetto a quella originaria.
RELAZIONE -Torino -PROGEST
Dal punto di vista, che potrebbe sembrare " ristretto " , di chi fa ricerca e teorie della mente, vorrei tentare di individuare il problema che secondo me, tra altri vari problemi, è importante quando parliamo di pratiche nel mondo dell'handicap, di interventi sulla riabilitazione e sulla malattia mentale. Perché queste attività non funzionano come potrebbero funzionare o non funzionano come vorremmo che funzionassero? Uno dei punti di difficoltà per cui queste attività vivono fasi di crisi è la mancanza di un intervento integrato tra le varie sedi, le diverse figure professionali, le differenti iniziative; la mancanza di progetti che siano realmente tali, di un'integrazione dei vari punti di vista e delle varie metodologie. E una delle cause che sta a monte di ciò è facile da individuare: è il fatto che prima di tutto non si costruisce un sapere condiviso e un linguaggio comune e in secondo luogo i saperi rimangono non solo separati, ma purtroppo disconosciuti e gerarchizzati. Questi sono ostacoli precisi alla possibilità di costruire un progetto e un intervento efficaci. Chi fa ricerca non può non capire l'importanza dello studio interdisciplinare: l'Università è nata come universitas studiorum, cioè non un singolo studio (come era, per esempio, quello di Padova di legge o quello di Salerno di medicina), ma l'università delle discipline, l'università degli studi, cioè in sostanza l'idea che le scienze sono multiple e molteplici e ci sono molti saperi scientifici di pari dignità e di eguale importanza nell'efficacia d'intervento sulla società e sulla natura. Di questo dobbiamo prendere coscienza perché quando noi neghiamo conoscenza, quando neghiamo competenza a una parte delle figure che operano nel campo della malattia mentale, non solo noi neghiamo la loro professionalità e creiamo seri problemi di interazione e di lavoro di gruppo e di sviluppo e di crisi e di burnout , ma noi andiamo a sottrarci strumenti di comprensione e di intervento fondamentali. Non è possibile infatti che chi più è vicino al problema, che chi più conosce il caso della persona non abbia poi spazio di parola, sia estromesso dal progetto di riabilitazione e non vi possa portare il suo contributo. Che cosa accade, allora? Mi trovo a essere un operatore che lavora «in prima linea» e non solo non decido, ma neanche posso suggerire. Le informazioni, gli eventi importanti, i risultati di azioni quotidiane e quanto può nascere in termini di comprensione e di suggerimento da tutto ciò non viene usato, non viene messo a frutto perché non viene «cifrato» nei linguaggi delle nostre discipline ufficiali: e questo è un danno che si paga. Dobbiamo accettare l'idea che ci sono diverse scienze dell'uomo, diversi saperi scientifici e professionali e che questi saperi discendono da professioni differenti. Ci sono scienze dietro al sapere degli educatori, così come ci sono scienze dietro al sapere degli assistenti sociali e alle spalle di tutte quelle figure professionali il cui solo limite è talvolta quello di non essere in grado di esprimere tali saperi e di non rappresentare in forma teorica necessaria e ufficiale ciò che capiscono, ciò che sanno, ciò che fanno. Ma non è un problema loro, è un problema dell'operatività generale. Vorrei esprimere – proprio nel momento in cui sottolineo questa difficoltà e questa critica – l'immensa stima che ho per i medici e per gli psichiatri che lavorano sulla malattia mentale nelle comunità alloggio o nei gruppi appartamento; una stima dovuta proprio al fatto che le gerarchie dei poteri, delle categorie, dei saperi sociali consentirebbero loro altre strade che non cimentarsi in una frontiera del servizio sociale così ardua. Vuol dire che hanno capito qual è la reale natura della malattia mentale e che hanno il coraggio di andare alle radici del problema. Ma, non neghiamolo, un passo ulteriore è necessario. Se da un lato gli altri saperi e gli altri operatori devono essere capaci di esprimersi a un livello adeguato di conoscenza, di documentare il sapere che costruiscono e non ridurlo a mere pratiche; dall'altro, gli operatori che provengono da saperi forti devono avere il coraggio di capire che in quelle altre professioni c'è un sapere, che si può
Replica a Castellana Rispondo alla replica di Riccardo Castellanacostruttiva secondo lui, piccata secondo mealla mia "recensione" al suo saggio. Partirò innanzitutto dallo sciogliere alcuni equivoci, concentrandomi poi sul discutere le categorie scientifiche oggetto del contendere, che è la questione che più mi preme. Tralascerò invece di rispondere ai numerosi attacchi sul piano personale, di indubbio cattivo gusto, di cui Castellana ha sapientemente costellato il suo ragionamento.
Biblioteche Scolastiche, 2002
La Rassegna annuale Biblioteche Scolastiche, diretta da Carla Ida Salviati e pubblicata dall'Editrice Bibliografica, propone nel numero del 2002 il focus "Rete - Reti". La temperie è quella del Programma Nazionale BS, voluto da Luigi Berlinguer, all'epoca ministro dell'istruzione e della costituzione delle nuove reti dell'informazione, rese possibili da Internet. Il contributo dell'autore si concentra sulle questioni emergenti della normativa del diritto d'autore e sulle conseguenze che ne derivano per le scuole.
Q!pie e cormie: la cognizione di modelli, falsi e duplicati Introduzione Scrive Carla Moreni sul Domenicale del Sole-240re del 1Oagosto:
Nota a Corte cost., 24 luglio 2007, n. 321, 2008

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