Complete issues by Giovanni Leghissa
Atti del VII Forum ProArch
Società Scientifica nazionale dei docenti ICAR 14, 15 e 16
Politecnico... more Atti del VII Forum ProArch
Società Scientifica nazionale dei docenti ICAR 14, 15 e 16
Politecnico di Milano, 16-17 novembre 2018
A cura di Jacopo Leveratto

Non occorre un grande impegno teorico per mostrare come si possa fare filosofia senza ricorrere a... more Non occorre un grande impegno teorico per mostrare come si possa fare filosofia senza ricorrere alla nozione di “trascendentale” ‒ oppure, in maniera più profonda, senza assumere la posizione trascendentale. Lo mostra, banalmente, la storia del pensiero filosofico novecentesco. Dalla filosofia analitica alla filosofia ermeneutica, non si contano le tradizioni filosofiche che hanno reso persuasiva l’idea secondo cui l’interrogazione filosofica potesse ‒ e, anzi, dovesse ‒ articolarsi senza ripetere il gesto fondativo, ovvero senza declinare la domanda sulla fondazione in modo tale da dover passare attraverso la questione trascendentale.
Si fa prima se si interrogano i saperi che descrivono ‒ o spiegano ‒ l’esperienza. Si fa prima se si imposta il discorso filosofico immettendolo nell’alveo del discorso scientifico, il quale parla direttamente dell’esperienza. Un po’ come quando si deve insegnare a qualcuno come si nuota. Gli si mostrano i gesti del nuoto stando sulla riva? No, lo si butta in acqua, magari in acque poco profonde, e gli si insegna, dentro l’acqua, a nuotare. Così, appunto, si fa prima. Assumere la posizione trascendentale, in tale prospettiva, non risulta essere altro che un’inutile perdita di tempo.
Tuttavia, è lecito almeno sollevare un dubbio: si può davvero accordare alla filosofia il ruolo di sapere critico, che interroga i propri fondamenti, quelli degli altri saperi e, più in generale, il fondamento del rapporto tra sapere ed esperienza, senza passare attraverso la nozione di trascendentale? Si può davvero fare a meno di chiedersi sia come è fatto, in generale, il soggetto che fa esperienza del mondo, sia come sono fatti quei mondi ai quali si rapporta ogni esperienza possibile?
Se tale domanda, tale dubbio, risulta anche solo vagamente plausibile, allora si vede bene che perseguire l’obiettivo di praticare una filosofia in qualche modo definibile come “trascendentale” non si configura più come una semplice perdita di tempo.
Tutta la difficoltà sta, ora, nel mettersi d’accordo su ciò che l’espressione “in qualche modo” indica. Lo scopo di questo primo numero consiste nel mettere alla prova alcune possibili letture e declinazioni di tale espressione
Papers by Giovanni Leghissa
Ausblick
Die Verfirmung der Gesellschaft, 2013

The idea that individual acts, no matter whether they possess an ethical or a cognitive significa... more The idea that individual acts, no matter whether they possess an ethical or a cognitive significance, emerge from an impersonal background, which is related to the intersubjective structure of human action, is not alien to the phenomenological tradition.The peculiarity of the latter consists in conceiving of the relation between any individual performance and the impersonal dimension that precedes it in terms of the relation between the transcendental and the empirical sphere. Husserl's Krisis as well as the texts he wrote during the same period make clear that any cognitive act is the instatiation of a possible mode of givenness of the world.The total system of manifolds of all possible appearances of the world is, in fact, impliedor, better, embeddedin any singular act of cognition. And precisely this total system of manifolds is that which constitutes the transcen- dental dimension according to Husserl.Thanks to the notion of Einströmen Husserl succeeds in showing, then, how ...
Retoriche spaziali e retoriche organizzative, ovvero l'organizzazione come teatro biopolitico
Insegnare l’umanità. Politiche della cultura in Spivak
L’amata perduta. Identità nazionale, gerarchie di genere e violenza nel discorso patriottico
Neoliberalismo. Un’introduzione critica
The Origins of Neoliberalism
Qui a peur des Cultural Studies? Sur la politisation des sciences humaines entre anthropologie et ontologie de l’actualité
Governare il governo delle vite
Managementality as a Form of Naturalism. Towards a Genealogy of Neoliberal Governmentality
Mondi altri. Processi di soggettivazione nell’era postumana a partire dal pensiero di Antonio Caronia
The Garden of Thought. The political and anthropological role of the Humanities
Die Organisationsstruktur als Umsetzung der Neoliberalen Gouvernementalität
Die Verfirmung der Gesellschaft, 2013
Sulla sferologia di Peter Sloterdijk
Iride, 2011

Il testimone necessario. Memoria della shoah e costruzioni identitarie
Rivista di estetica, 2010
The article discusses three issues that are strictly interwoven with each other. The first is the... more The article discusses three issues that are strictly interwoven with each other. The first is the relation between the eyewitnesses’ memories of past events, the recording of such memories in institutionalized archives, and the historical reconstructions thereof. The issue is treated within a systematic perspective, in order to clarify in which sense eyewitnesses constitute the basic pillars of any historical work.The second is the role played by eyewitness of the Shoah, which is related to the “politics of memory”. The social function of such a politics is important not as a form of monumentalization of the past, but rather as an attempt to improve a shared memory for an event – the Shoah - whose cultural and political meaning concerns the European heritage as a whole and not only the history of the Jewish people.The third is an attempt to read the Shoah as an expression of biopolitics - in the foucauldian sense of the term. That will provide a framework for a discussion about contemporary forms of social and institutionalized violence, under the assumption that the scope of the Holocaust Studies and their methodology reach far beyond the phenomena related to the Shoah.

L'avventura "faustiana" del sapere. Costi e benefici della perdita di sé Sandro Ricci Io, l'altro... more L'avventura "faustiana" del sapere. Costi e benefici della perdita di sé Sandro Ricci Io, l'altro, lo psichiatra. Breve storia di un mestiere impossibile Mario Colucci Tra ascesi e desiderio: esperienze di spiritualità politica in psichiatria e in psicoanalisi Jean Allouch, Massimo Prearo Identità, sessualità, spiritualità. Una conversazione Lorenzo Gasparrini Un'altra verità è possibile? I paradossi dell'uomo eterosessuale Isabelle Stengers Un altro volto dell'America? A proposito di streghe neopagane Alessandro Manna Un esperimento con la spiritualità: la lezione di Raffaele Philippe Artières Che cosa vuol dire essere uno storico foucaultiano? Fabienne Brion I giovani jihadisti europei. Un effetto delle nostre contraddizioni? Andrea Muni Una genealogia della spiritualità politica neoliberale Giovanni Leghissa Strategie per uscire dalla caverna Carla Troilo La spiritualità come atteggiamento filosofico negli ultimi scritti di Foucault brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk
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Società Scientifica nazionale dei docenti ICAR 14, 15 e 16
Politecnico di Milano, 16-17 novembre 2018
A cura di Jacopo Leveratto
Si fa prima se si interrogano i saperi che descrivono ‒ o spiegano ‒ l’esperienza. Si fa prima se si imposta il discorso filosofico immettendolo nell’alveo del discorso scientifico, il quale parla direttamente dell’esperienza. Un po’ come quando si deve insegnare a qualcuno come si nuota. Gli si mostrano i gesti del nuoto stando sulla riva? No, lo si butta in acqua, magari in acque poco profonde, e gli si insegna, dentro l’acqua, a nuotare. Così, appunto, si fa prima. Assumere la posizione trascendentale, in tale prospettiva, non risulta essere altro che un’inutile perdita di tempo.
Tuttavia, è lecito almeno sollevare un dubbio: si può davvero accordare alla filosofia il ruolo di sapere critico, che interroga i propri fondamenti, quelli degli altri saperi e, più in generale, il fondamento del rapporto tra sapere ed esperienza, senza passare attraverso la nozione di trascendentale? Si può davvero fare a meno di chiedersi sia come è fatto, in generale, il soggetto che fa esperienza del mondo, sia come sono fatti quei mondi ai quali si rapporta ogni esperienza possibile?
Se tale domanda, tale dubbio, risulta anche solo vagamente plausibile, allora si vede bene che perseguire l’obiettivo di praticare una filosofia in qualche modo definibile come “trascendentale” non si configura più come una semplice perdita di tempo.
Tutta la difficoltà sta, ora, nel mettersi d’accordo su ciò che l’espressione “in qualche modo” indica. Lo scopo di questo primo numero consiste nel mettere alla prova alcune possibili letture e declinazioni di tale espressione
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