Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze |... more Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444 Antonia de Eugebio è stata una donna condannata come strega dall'inquisitore di Santo Eustorgio di Milano nel 1490 e poi lasciata libera per il suo pentimento. Due missive del duca di Milano, Gian Galeazzo Maria Sforza, inviate nel 1490 al podestà di Milano, ci informano sulla sorte di una donna chiamata Antonia de Eugebio. Nella prima del 12 settembre il duca ordina al podestà di eseguire la sentenza dell'inquisitore di Santo Eustorgio contro la donna giudicata malefica. In quella del 28 settembre il duca, dopo aver richiamato i fatti precedenti, dice di sapere che la procedura avviata dal podestà per l'esecuzione della donna è stata da lui interrotta al secondo tocco della campana, in quanto l'inquisitore non gli aveva notificato ufficialmente la sentenza. Lo Sforza, ascoltati inquisitore e podestà, ritiene che entrambi, l'uno nel condannare, l'altro nell'interrompere l'esecuzione, abbiano agito correttamente. Delibera poi di usare misericordia verso Antonia, poiché dai discorsi dell'inquisitore e del podestà, sono trapelate parole della donna, che mostrano scontento delle proprie azioni e volontà di penitenza. Compito di un signore è imitare gli esempi divini, soprattutto la mansuetudine e la clemenza, virtù che più di ogni altre avvicinano i principi terreni a Dio. La donna, consapevole del suo errore e desiderosa di espiare, dovrà portare il segno della penitenza stabilito dall'inquisitore e il podestà, come testimonianza di giustizia eseguita, dovrà far suonare la sentenza di morte e poi lasciare libera la donna. Nei documenti non è citato il nome dell'inquisitore che è però con ogni probabilità Matteo Dall'Olmo. Fonti archivistiche Archivio di Stato di Milano, Registri delle missive, busta 181, c. 92v, cc. 119r-120r.
Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze
Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze |... more Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444 Nella primavera del 1489 Nicolò Viola, podestà di Rocca d'Arazzo, informa il duca di Milano, Gian Galeazzo Maria Sforza, nella persona del suo segretario Bartolomeo Calco, circa il ritrovamento, nel presente e nel passato, di bambini guasti e la conseguente esistenza di donne streghe e masche, maledette e diaboliche, per le quali è necessaria una punizione con l'intervento di un inquisitore. Inizia così uno scambio di lettere tra il potere centrale e il podestà da cui appare chiaro che il duca (in realtà lo zio capitano generale Ludovico il Moro) è immediatamente favorevole a procedere contro le streghe, come la comunità di Rocca d'Arazzo chiede. Però, nell'ottica del potere ducale, non mancano condizioni ed esigenze da rispettare nell'istruzione di un processo per stregoneria. Prima di tutto è necessario che l'inquisitore sia un religioso onesto e corretto, dotato di solida autorità il quale agisca secondo giustizia. Poi bisogna essere sicuri che le donne accusate abbiano effettivamente errato, perché, se compete a un principe cattolico perseguire la stregoneria, è anche evidente che si può agire soltanto di fronte alla certezza degli eventi. A questo scopo occorre che l'inquisitore scelto mandi un suo rappresentante che, accortamente e in segreto, verifichi la fondatezza delle accuse. Una volta acquisita la responsabilità delle donne negli accadimenti, allora si potrà imprigionarle e punirle secondo le loro colpe. A queste disposizioni, rivolte al podestà, il duca unisce delle lettere con cui ordina ai funzionari e al castellano di Rocca d'Arazzo di eseguire quanto richiesto dall'inquisitore e alla comunità locale di provvedere al mantenimento dell'inquisitore e del suo rappresentante. In lettere inviate dal duca al podestà di Rocca d'Arazzo nel giugno del 1489 indirettamente veniamo a sapere che le donne sono state imprigionate nella fortezza, perché il signore, accolte le lamentele del castellano per non aver ancora ricevuto alcun rimborso, sollecita il podestà affinché gli abitanti di Rocca provvedano a risarcire lo stesso castellano delle spese, sostenute fino ad allora e per il futuro, per la detenzione delle donne accusate. Nella lettera del 30 giugno 1489, scritta dal duca al podestà, conosciamo il nome dell'inquisitore, Lorenzo Butini di Alessandria dell'ordine dei Predicatori, e quello di una condannata, Bartolomea moglie di Marchetto Gargano di Rocca d'Arazzo, la quale è stata giudicata eretica e strega e quindi affidata al braccio secolare, ossia al podestà, per la punizione. Sussiste però il problema della spesa per l'esecuzione della condanna, come il podestà ha già indicato in precedenza in una sua lettera. Poiché è intenzione del potere punire simili persone scellerate, in quanto la punizione va a onore di Dio e della fede cattolica e a beneficio e lode dei luoghi in cui avviene, il duca ordina che il costo sia coperto dalla dote o altri beni della donna e che nello stesso modo si provveda alle spese dell'inquisitore e del castellano. Se i beni non fossero sufficienti o fossero inesistenti deve provvedere la comunità e il podestà deve eseguire la condanna e anche facilitare l'opera dell'inquisitore che viene
Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze i, 2020
Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze |... more Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444 Nella primavera del 1489 Nicolò Viola, podestà di Rocca d'Arazzo, informa il duca di Milano, Gian Galeazzo Maria Sforza, nella persona del suo segretario Bartolomeo Calco, circa il ritrovamento, nel presente e nel passato, di bambini guasti e la conseguente esistenza di donne streghe e masche, maledette e diaboliche, per le quali è necessaria una punizione con l'intervento di un inquisitore. Inizia così uno scambio di lettere tra il potere centrale e il podestà da cui appare chiaro che il duca (in realtà lo zio capitano generale Ludovico il Moro) è immediatamente favorevole a procedere contro le streghe, come la comunità di Rocca d'Arazzo chiede. Però, nell'ottica del potere ducale, non mancano condizioni ed esigenze da rispettare nell'istruzione di un processo per stregoneria. Prima di tutto è necessario che l'inquisitore sia un religioso onesto e corretto, dotato di solida autorità il quale agisca secondo giustizia. Poi bisogna essere sicuri che le donne accusate abbiano effettivamente errato, perché, se compete a un principe cattolico perseguire la stregoneria, è anche evidente che si può agire soltanto di fronte alla certezza degli eventi. A questo scopo occorre che l'inquisitore scelto mandi un suo rappresentante che, accortamente e in segreto, verifichi la fondatezza delle accuse. Una volta acquisita la responsabilità delle donne negli accadimenti, allora si potrà imprigionarle e punirle secondo le loro colpe. A queste disposizioni, rivolte al podestà, il duca unisce delle lettere con cui ordina ai funzionari e al castellano di Rocca d'Arazzo di eseguire quanto richiesto dall'inquisitore e alla comunità locale di provvedere al mantenimento dell'inquisitore e del suo rappresentante. In lettere inviate dal duca al podestà di Rocca d'Arazzo nel giugno del 1489 indirettamente veniamo a sapere che le donne sono state imprigionate nella fortezza, perché il signore, accolte le lamentele del castellano per non aver ancora ricevuto alcun rimborso, sollecita il podestà affinché gli abitanti di Rocca provvedano a risarcire lo stesso castellano delle spese, sostenute fino ad allora e per il futuro, per la detenzione delle donne accusate. Nella lettera del 30 giugno 1489, scritta dal duca al podestà, conosciamo il nome dell'inquisitore, Lorenzo Butini di Alessandria dell'ordine dei Predicatori, e quello di una condannata, Bartolomea moglie di Marchetto Gargano di Rocca d'Arazzo, la quale è stata giudicata eretica e strega e quindi affidata al braccio secolare, ossia al podestà, per la punizione. Sussiste però il problema della spesa per l'esecuzione della condanna, come il podestà ha già indicato in precedenza in una sua lettera. Poiché è intenzione del potere punire simili persone scellerate, in quanto la punizione va a onore di Dio e della fede cattolica e a beneficio e lode dei luoghi in cui avviene, il duca ordina che il costo sia coperto dalla dote o altri beni della donna e che nello stesso modo si provveda alle spese dell'inquisitore e del castellano. Se i beni non fossero sufficienti o fossero inesistenti deve provvedere la comunità e il podestà deve eseguire la condanna e anche facilitare l'opera dell'inquisitore che viene ostacolato nell'esercizio delle sue funzioni da alcune persone del luogo. Nello stesso giorno il duca scrive all'inquisitore, confermando di aver ricevuto la sua lettera sulla condanna, come eretica e strega, di Bartolomea e sul suo affidamento al braccio secolare, perché sia giustiziata nonché di aver accolto le sue lamentele sul comportamento di alcuni uomini di Rocca e di aver provveduto. Infatti è intenzione del duca punire i colpevoli e consentire all'inquisitore il libero esercizio delle sue funzioni. Sempre il 30 giugno 1489 il duca scrive ancora all'inquisitore frate Lorenzo, comunicandogli
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