Facoltà di Filosofia

The present article consists of an analysis of distinction 19 of Duns Scotus’ second commentary on the Sentences of Peter Lombard, with a focus on finding in the structure of the text the question of the mortality of human corporeality. The investigation of the topic introduces us to an arduous debate between human nature and original sin, in the midst of a discourse that distinguishes the elements of an anthropology mediated by philosophy and theology. The question asks: would the first man in the state of innocence have had an immortal body? Scotus’ exposition of the arguments allows us to reconsider the view of human nature in the state of innocence, and his conclusions can give us new vision of the human being. The article provides the reader with the full translation of the text.

Il presente articolo consiste nell’analisi della distinzione 19 al secondo commento di Duns Scoto alle Sentenze di Pietro Lombardo, con l’attenzione a rinvenire nella struttura del testo la questione della mortalità della corporeità umana. L’approfondimento del tema ci introduce in un arduo dibattito tra natura umana e peccato originale, nel mezzo di un discorso che distingue gli elementi di un’antropologia mediata dalla filosofia e dalla teologia. La domanda è: il primo uomo in stato di innocenza avrebbe avuto un corpo immortale? L’esposizione degli argomenti da parte di Scoto ci permette di riconsiderare la visione della natura umana nello stato di innocenza e le sue conclusioni possono darci una nuova visione dell’essere umano. L’articolo fornisce al lettore la traduzione integrale del testo.

Sommario – Questo articolo esamina il tema dell’incarnazione di Cristo, concentrandosi in particolare sulla questione dell’organizzazione e animazione della sua corporeità, così come si evince nella questione terza della distinzione seconda del commento di Duns Scoto al terzo libro delle Sentenze di Pietro Lombardo. La discussione ci permette analizzare le varie posizioni che oscillano tra un primato temporale e un primato naturale della costituzione del corpo rispetto al fatto dell’incarnazione. A questo proposito, la teoria della pluralità delle forme si presenta come chiave di lettura della particolare prospettiva del Doctor subtilis, in cui l’istante dell’incarnazione si propone come l’unione tra l’umano e il divino.

Summary – This article examines the theme of Christ’s incarnation, focusing in particular on the question of the organization and animation of his corporeality, as evinced in question three of the second distinction of Duns Scotus’ commentary on the third book of Peter Lombard’s Sentences. The discussion will allow us to analyze the various positions that oscillate between a temporal primacy and a natural primacy of the body’s constitution concerning the fact of incarnation. In this regard, the theory of the plurality of forms presents itself as a key to understanding the particular perspective of the Doctor subtilis, in which the instant of incarnation is proposed as the union of the human and the divine.

Presentación La conmemoración de los 800 años de los últimos acontecimientos significativos de la vida de san Francisco de Asís, así como de su gloriosa Pascua, ofrecen al tiempo presente un espacio privilegiado para la interpretación de la ontología del «ser franciscano».

Il contributo prende in esame le implicazioni del concetto di volontà a partire dalla distinzione 17 del commento di Duns Scoto al terzo libro delle Sentenze di Pietro Lombardo, sulla doppia volontà in Cristo. In questo passaggio, il Maestro francescano stabilisce una chiara distinzione tra la «voluntas libera» e la «voluntas naturalis» che dà spazio ad una lettura rinnovata circa il primato della volontà, di cui si evidenziano l'autonomia e la libertà di fronte ai dettami della natura e della ragione. Di conseguenza la risposta alla questione cristologica porta Duns Scoto a sostenere, in linea con il Damasceno, la coesistenza della duplice natura e volontà di Cristo. Da questa conclusione si può ricavare una chiara distinzione tra le posizioni di Duns Scoto e quelle di Aristotele, nella misura in cui il primato della volontà del primo trascende il determinismo concettuale della natura e delle forme umane del secondo. L'articolo fornisce al lettore la traduzione integrale in lingua spagnola della questione scotista.

The contribution examines the implications of the concept of will starting from distinction 17 of Duns Scotus' commentary on the third book of Peter Lombard's Sentences, on the double will in Christ. In this passage, the Franciscan Master establishes a clear distinction between the «voluntas libera» and the «voluntas naturalis» which gives space to a renewed reading about the primacy of the will, of which the autonomy and freedom in the face of the dictates are highlighted of nature and reason. Consequently, the answer to the Christological question leads Duns Scotus to support, in line with Damascene, the coexistence of the dual nature and will of Christ. From this conclusion we can draw a clear distinction between the positions of Duns Scotus and those of Aristotle, to the extent that the primacy of the will of the former transcends the conceptual determinism of nature and human forms of the latter. The article provides the reader with the full Spanish translation of the Scotist question.

Mediante un estudio que indaga en la obra de Juan Duns Escoto la pregunta «¿Quién es el hombre?», el presente volumen propone al lector una síntesis teórica del discurso escotista, y presenta a través una hermenéutica crítica la traducción al español, el análisis y la interpretación de dos temáticas imprescindibles en la doctrina del Maestro franciscano; a saber, Ratio Seminalis (Quaestiones Super Libros Metaphysicorum Aristotelis VII q. 12; Lectura II d. 18 q. 1-2) y Principium individuationis (Ordinatio II d. 3 pars 1 q. 1-6). La síntesis de ambos bloques temáticos emerge como «La génesis de la antropología escotista», un constructo teórico que no solo aporta valiosos conocimientos sobre la naturaleza humana, sino que también evidencia la originalidad del autor al ofrecer nuevas perspectivas para la reflexión filosófica contemporánea sobre la constitución ontológica del individuo.

Cartesio fu consacrato nella storia della filosofia come il grande pensatore del cogito. Il metodo da lui elaborato divenne la base per ogni ricerca, dando vita ad un nuovo modo di intendere la filosofia, malgrado le obiezioni dei suoi contemporanei. Tuttavia, l'aria che si respirava nella prima metà del Seicento era aria di rinnovamento. L'uomo moderno provò un senso di fiducia verso se stesso, e comprese davvero che poteva essere protagonista del suo tempo e della sua storia. Cartesio fu, infatti, il protagonista indiscusso del suo tempo, lasciando il segno in tutto il mondo della cultura. Sorsero accademie sotto il segno del filosofo francese, e le sue idee, per certi aspetti rivoluzionarie, ebbero larga diffusione, nonostante qualche dissenso. Cartesio instillò nel cuore dell'uomo moderno uno spirito diverso, infiammato dalla scoperta di un metodo che metteva in risalto la potenza della ragione, che passo dopo passo raggiungeva la sua piena autonomia. (Dovremo attendere il filosofo Kant che definì la questione del metodo tenendo conto della forza, ma anche dei limiti, della ragione.) Le antiche problematiche che ruotavano intorno alle colonne portanti della filosofia, come Metafisica, fisica e la morale, furono rivisitate alla luce del nuovo metodo, e i filosofi partorirono idee sempre diverse e innovative. Tutto doveva essere messo sotto il vaglio dell'intelletto, che irradiava i punti più oscuri di ogni questione. Di fatto, Cartesio si occupò di geometria, di matematica, di Metafisica; ed era spinto dal desiderio di risistemare il sapere, e di dare ad ogni problema una soluzione che potesse confermare l'efficacia del suo metodo. Cartesio ebbe un'idea del tutto nuova di scienza, che non era più basata soltanto sulla sistemazione del sapere, come fece prima Bacone. Infatti, il filosofo Cassirer, analizzando con attenzione la filosofia cartesiana, affermava che: Il mondo non può essere scisso in due regioni come vuole la fisica peripatetica, né in due ordini differenti, perché questa divisione annienterebbe l'unità della scienza, principio sovrano della filosofia cartesiana. Su questo punto, infatti, non era ammessa transazione alcuna: il monismo metodico di Cartesio esclude il dualismo cosmologico del medioevo. […] Fu il primo Cartesio a

Nel 1462 fu fondata la prestigiosa accademia platonica da parte di Marsilio Ficino, rappresentante di grande rilievo nel campo della filosofia durante il Quattrocento. Rispetto al Medioevo, la differenza sostanziale fu che l'uomo del Quattrocento prese coscienza della sua potenziale natura creativa e razionale: cioè egli comprese di essere in grado di esaminare il mondo a prescindere dalle Sacre Scritture; il che non significava negare, deliberatamente, l'esistenza di Dio; anzi l'uomo capì l'importanza del suo ruolo come tassello principale dell'intera creazione. Non a caso, Pico della Mirandola cercò di sottolineare questo aspetto scrivendo un'opera, De Dignitate homini, a proposito della libertà dell'uomo, come segno della sua superiorità rispetto agli esseri a lui inferiori; precisando, però, che l'essere umano è inferiore soltanto a Dio e agli angeli. Tuttavia molte furono le scoperte che testimoniarono l'incremento culturale nel corso di quel preciso periodo storico: la scoperta della stampa fu, per esempio, un'importantissima novità, poiché permetteva di pubblicare le opere dei grandi autori con maggiore diffusione, consentendo, così, un forte sviluppo culturale. Inoltre, uno degli aspetti più marcati dell'inizio del Quattrocento fu la ripresa dei classici, latini e greci: da Platone ad Aristotele, da Virgilio a Livio. Gli antichi furono, quindi, i maestri dei moderni. Con ciò, in Italia, nel Quattrocento, si affermerà quel movimento culturale di notevole rilevanza storica che prese il nome di Umanesimo: il cui principale protagonista fu l'uomo, posto al centro della svolta culturale. L'Umanesimo deriva dall'espressione humanae litterae, espressione completamente diversa rispetto alle divinae litterae, che designavano le Sacre Scritture. In effetti, la filosofia umanistica fu il terreno fertile da cui nacquero diverse discussioni in ambito religioso, filosofico e scientifico.

Assaggi filosofici è il risultato di curiose ricerche condotte durante gli anni universitari, nel corso dei quali i miei primi interessi filosofici di ricerca si fondevano con le questioni più profonde della mia esistenza. Infatti il mio rapporto con la filosofia si è pian piano intensificato con il passar degli anni; d’altronde il mio primo incontro con la filosofia fu al terzo anno di liceo, quando Platone e Aristotele cominciarono a tessere la tela intorno ai miei pensieri.
Gli anni liceali e gli anni universitari furono assai fecondi per me, perché cominciavo man mano ad “assaggiare” le prime difficili tematiche della filosofia: dallo spazio al tempo, dall’essere al non essere, fino ad arrivare alle questioni più complesse legate alla tortuosa ricerca della verità. Tuttavia, ho preferito preservare lo stile e il linguaggio adottati durante quegli anni, affinché il lettore possa comprendere l’inizio del mio percorso attraverso l’analisi dei miei semplici pensieri. Spero nella clemenza del lettore, augurandomi che possa gustare con gradevolezza i miei modesti Assaggi filosofici.