Books by Simone Ciolfi
€ 71,95 9 788881 094912 ISBN 978-88-8109-491-2 APS 7
Thesis by Simone Ciolfi
PHD DISSERTATION by Simone Ciolfi
PAPERS by Simone Ciolfi
The Cantata and the Galant Style: Developments and Circulation of a ‘New Music’ (1720–1760)
Eighteenth Century Music, 2013
Devozione e Passione: Alessandro Scarlatti Nel 350° Anniversario Della Nascita, a Roberto Pagano Per I Suoi 80 Anni Naples and Rome, 15–16 December 2010
Eighteenth Century Music, 2011
Articolo dedicato al convegno internazionale di studi Devozione e passione: Alessandro Scarlatti ... more Articolo dedicato al convegno internazionale di studi Devozione e passione: Alessandro Scarlatti nel 350\ub0 anniversario della nascita, svoltosi a Napoli dal 15 al 16 dicembre 2010
Alessandro Scarlatti “il compositore più fecondo, e più originale di cantate per camera”
Massenet and the Mediterranean world

Idea e strategia del dramma in 'Job' di Luigi Dallapiccola
Rivista Italiana Di Musicologia, 2002
Luigi Dallapiccola's chamber opera Job, una Sacra Rappresentazione , a work commissioned by ... more Luigi Dallapiccola's chamber opera Job, una Sacra Rappresentazione , a work commissioned by the Anfiparnaso association of Rome and composed in the summer of 1950, appears to have received little musicological attention. Overshadowed by the fame of both Il Prigioniero (1949) and Ulisse (1968), the dramatic and musical value of Job , Dallapiccola's first dodecaphonic theatre work, has been somewhat underrated. The present article, the first in Italian on the subject, takes its cue from the composer's correspondence on the opera, and makes use of the material preserved in the Archivio Contemporaneo “A. Bonsanti” of the Gabinetto Vieusseux in Florence. From the hitherto unpublished epistolary material, Dallapiccola vividly emerges as deeply engaged in fulfilling the ethical and cultural mission that he considered composition to be. While the musical ideas appeared to pour out from a mysterious source, daily routine seemed to conspire against him, involving him in a con...

Musical Improvisation in the Baroque Era, 2019
I l mito di Alessandro Scarlatti iniziatore o codificatore di una tradizione nonché compositore '... more I l mito di Alessandro Scarlatti iniziatore o codificatore di una tradizione nonché compositore 'ricercato', ha origine all'epoca di Scarlatti stesso ed echeggia ancora oggi in varie pubblicazioni. Eccone alcuni esempi, settecenteschi e contemporanei, riguardanti la forma dell'aria e il carattere stilistico del repertorio scarlattiano. All'inizio del Capitolo iv della sua General History of Music, Burney cita il fatto che «it has been said that the Da Capo is a new invention; that […] was first used by Alessandro Scarlatti, in his Theodora, 1693; and that in 1715 there was no an air without it in Gasparini's opera of Il Tartaro alla China». Lo stesso Burney, poco dopo, confuta questa affermazione erronea, ma essa prova la fama di Scarlatti nel Settecento come iniziatore di una tradizione 1. Alberto Basso ritiene Scarlatti il codificatore dell'aria col da capo non l'inventore, anche se la codificazione è una forma di paternità 2. Nell'ambito della cantata da camera, di cui Scarlatti fu prolifico autore, si riporta, in relazione con l'aria di cui il nostro compositore dovrebbe essere stato 'inventore' o 'codificatore', l'opinione di Helen T. Harris che concorda con Malcolm Boyd sul fatto che il «1697 represents a significant stylistic break in the style of Alessandro Scarlatti's cantatas […]. After 1697 Scarlatti's cantatas illustrate the supremacy of the da capo aria […]» 3. Si deve specificare però che nelle cantate e nelle opere scarlattiane a cavallo tra Seicento e Settecento, l'aria col da capo conviveva con forme più aperte, e con diverse forme dello 1 .

Music and the Second Industrial Revolution, 2019
T ale scritto è stato pensato come continuazione della mia precedente pubblicazione intitolata 'L... more T ale scritto è stato pensato come continuazione della mia precedente pubblicazione intitolata 'L'influenza della rivoluzione industriale sul concetto di tradizione: riflessioni sul culto del passato musicale a Londra tra '700 e '800' 1. Sua intenzione è quella di iniziare un'indagine su alcuni trascurati aspetti che il culto del passato ha preso nell'Ottocento e nei primi del Novecento, seguendo la crescente considerazione di cui la figura di Johann Sebastian Bach ha goduto in questo periodo. Lo studio deve necessariamente avviarsi citando Johann Nikolaus Forkel (1749-1818), primo biografo di Bach, studioso e musicista che guardava con sospetto allo stile galante del suo tempo: colpisce il fatto che avesse idee anacronistiche sulla restaurazione di un'ipotetica e poco chiara Affektenlehre nella produzione a lui contemporanea 2. Forkel condivideva con Gottifred van Swieten (1733-1803) un amore ante litteram per gli autori del passato. Tuttavia, mentre van Swieten ammirava i compositori (galanti e non) della sua epoca, il primo biografo bachiano fu più fermo nella sua convinzione passatista 3. In ogni modo, quello che interessa di più, oltre alla posizione passatista, è che Forkel aveva dedicato la sua biografia di Bach (abbozzata nel 1774 ma pubblicata nel 1802) ai «patriottici ammiratori dell'arte musicale» e la sua attività musicologica aveva quindi già sfumature patriottiche in senso romantico: l'arte di Bach costituiva, hegelianamente, l'essenza dello spirito del popolo tedesco 4. Sia detto subito: sicuramente questo fu uno dei motivi che nel romanticismo fecero di Bach un modello per tutta l'Europa, essendo lo stesso romanticismo musicale diffusosi a partire dal mondo nordico e teutonico. 1

Music and Power in the Baroque Era, 2018
T he versatile nature of Baroque art was expressed at the highest level in ephemeral creations cr... more T he versatile nature of Baroque art was expressed at the highest level in ephemeral creations created for the numerous religious, political and cultural celebrations held in Rome and in other major Italian cities during the seventeenth century. Famous Roman monuments, such as the Fountain of the Four Rivers in Piazza Navona, the Elephant and Obelisk sculpture in Piazza della Minerva and the Chair of St. Peter in the homonymous basilica, were derived from temporary structures that often had an experimental character, as they were erected in order to represent real-world equivalents of various artistic ideas 1. These ephemeral structures were realized by renowned artists working in every field. Triumphal arches, 'papal rides', funeral catafalques, Quarantore celebrations 2 , carnival cars and so on were designed, built and dismantled within short time periods. Significantly, all of these structures and celebrations were explained by an accompanying 'libretto' 3. Among others, this included graduation ceremonies-occasional events whose celebrations incorporated music and stage design, and which involved various members of the public, from scholars and cardinals to the relatives of those graduating. These ceremonies were held in venues that were specifically prepared for the occasion, typically called 'theatres' by contemporaries. Unfortunately, the only thing that still survives of these ephemeral manifestations is frequently just the libretto. Architects, painters, decorators, cabinet makers, engravers, printers and scholars were all involved in executing the ephemeral structures that were dedicated to these festivals and celebrations, and these were held both indoors and outside. Scholars wrote the mottos that were inscribed on the structures, as well as both the speeches for specific occasions 1
Nell'arco del Settecento, testimonianze italiane e straniere riportano apprezzamento e meraviglia... more Nell'arco del Settecento, testimonianze italiane e straniere riportano apprezzamento e meraviglia per i recitativi delle cantate di Alessandro Scarlatti. 1 Tali commenti connettono quasi sempre i brani in questione alla dimensione espressiva degli 'affetti'; la visione del recitativo come intermezzo narrativo fra le arie diventerà un topos ricorrente solo nelle consuetudini del maturo dramma per musica. 2 Nel tardo Seicento e nel primissimo Settecento, invece, le peculiarità dell'armonia e la grande forza espressiva dei recitativi, soprattutto di quelli contenuti nelle cantate, facevano sì che questi fossero apprezzati ai più alti livelli della società. Lo stretto rapporto con la

P arlare di improvvisazione per prodotti così ricercati e bizzarri come i recitativi delle cantat... more P arlare di improvvisazione per prodotti così ricercati e bizzarri come i recitativi delle cantate di Alessandro Scarlatti (1660-1725) può suonare strano. Additati per tutto il Settecento e oltre come pezzi eccentrici e stravaganti, tali recitativi sembrano invece proprio il prodotto di una lunga riflessione creativa 1 . Il discorso, tuttavia, vale anche per noti improvvisatori come Mozart, Clementi, Beethoven o Liszt, i cui lasciti sono spesso altrettanto ricercati e complessi. Alla base della fluidità e dell'efficienza di queste opere c'è sicuramente una prolungata dedizione creativa, ma vi giace anche lo strumentario di un malleabile mestiere, riconoscibile nella velocità di scrittura, nella ricorrenza di certi archetipi formali, di certe 'idee tipo', per usare un termine di Max Weber e Carl Dahlhaus, che si rinnovano nell'epifania di usuali progressioni armoniche combinate a soluzioni ritmiche e timbriche sempre nuove 2 .

Verosimiglianza», «naturalezza» e «semplicità» del recitativo nelle cantate d'epoca galante Le in... more Verosimiglianza», «naturalezza» e «semplicità» del recitativo nelle cantate d'epoca galante Le influenze esercitate sulla nascita del recitar cantando da autori come Aristotele, Cicerone o Quintiliano, per citare i maggiori, sono rimaste spesso materia nebulosa e poco chiara. Fanno eccezione a questa osservazione solo pochi scritti. 1 Si è sottolineato più volte che la Poetica di Aristotele ebbe nel Seicento un certo peso in ambito letterario e teatrale. Tuttavia, non si è discusso molto sull'influenza che questa opera e la Retorica del medesimo autore, collegata da riferimenti interni ineludibili alla Poetica, potrebbero aver avuto sul teatro musicale e sulla monodia, non solo in ambito testuale, ma anche in aspetti prettamente musicali. In particolare, il secondo libro della Retorica contiene la prima sistematica definizione della «teoria delle passioni», altra materia, conosciuta con la più comune locuzione di «teoria degli affetti», di cui si è discusso in maniera abbondante e vaga in riferimento alla cultura barocca. Tale teoria, reperibile nel Libro secondo della Retorica, molto probabilmente fece da modello a Cartesio per le sue Passioni dell'anima. 2 Il trattato cartesiano e il Libro in questione meritano una sistematica comparazione e non è questo il luogo per farla; ma le influenze della Poetica e della Retorica sul teatro musicale e, in particolare, sul recitativo seicentesco, si rivelano materia interessante per il musicologo anche in ambiti più minuti rispetto a quello della teoria degli affetti. Innanzi tutto fino alla prima metà del Settecento la concezione circolante di «periodo letterario» era mutuata dalla Retorica aristotelica, almeno a leggere le definizioni seicentesche e settecentesche del Vocabolario della Crusca e i volumi utilizzati in ambito didattico nei collegi gesuitici. 3 Tale costrutto anticipa in parte la moderna concezione

Risulta sconcertante leggere oggi gli scritti critici di Alfredo Casella. Accanto alle non rare o... more Risulta sconcertante leggere oggi gli scritti critici di Alfredo Casella. Accanto alle non rare osservazioni acute si reperiscono con una certa facilità contraddizioni e argomentazioni dal significato ambiguo. A una prima lettura viene spontaneo approfondire il taglio intellettuale dei termini e dei concetti, nella speranza di essere caduti in errore nella comprensione di alcuni passi. Spesso, però, l'approfondimento conferma la prima impressione. Il periodo storico in cui si collocano gli scritti in questione, come è noto, invitava a una sfuggente ambiguità di pensiero, se non altro per la necessità di mettersi al riparo da ogni possibile critica, censura o disagio peggiore. 1 Si pensi, per esempio, alle riflessioni sul concetto di ›nazionalismo‹ musicale elaborate da Casella nei Segreti della giara. In alcuni passi di questa autobiografia, pubblicata nel 1941, l'autore sostiene allo stesso tempo sia la necessità storica del nazionalismo sia il suo superamento; la costatazione che ci sia un'arte ›nostra‹, italiana, convive con l'osservazione che, negli anni Quaranta, nessuno avrebbe dovuto più curarsi di scrivere musica ›nazionale‹. Nei Segreti della giara si trovano costatazioni come questa: »Io ritengo oggi che il problema della cosiddetta ›pregiudiziale‹ del carattere nazionale dell'opera d'arte, debba ormai considerarsi come superato. È un aspetto dell'arte che ha potuto, parecchi anni fa, imporsi come problema alla nostra generazione che ereditava dai predecessori una situazione assai difficile. Ma nessuno di noi si cura oggi di essere ›nazionale‹ quando scrive musica«. 2 Tale affermazione era stata però preceduta da un passo che si scagliava contro le »›seduzioni‹ del poema sinfonico e di tutto ciò che questa forma (che non è affatto nostra, ma invece franco-nordica) reca con sé di virtuosistico, di ornamentale e soprattutto di estraneo alla musica.« 3 1 L'ambiguità concettuale degli scritti di Casella, soprattutto di quelli prossimi o contemporanei al fascismo, è specchio di una »[r]ealtà [quella fascista] con la quale di continuo confrontarsi« ma che è »categoria nello stesso tempo confusa«, che »sfuggiva […] a ogni investigazione critica condotta con gli strumenti della ragione o dell'intuizione.« Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole 1984 [Contrappunti 19], p. 253. 2 Alfredo Casella, I segreti della giara, Firenze 1941, p. 308. 3 Ivi, p. 232.
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