La voce e il corpo. Cercando Eco
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Abstract
Narcissus does not exist, if not for the presence of Echo. Inventing Narcissus, Ovid invents Echo. Sound mirrors, reflecting mirrors
Related papers
2019
A tradução da expressão hebraica de 1 Re 19,12, "voz de silêncio sussurrante" (qôl demãmãh daqqãh), e a aplicação ao texto de 1 Re 19,11-13 do esquema retórico "três coisas digo, quatro afirmo" (cf. Pr 30,15ss.;Am 1-2) permitem colher a dimensão interior e espiritual da experiência de Elias no Monte Horeb, através de um releitura em chave simbólica dos fenómenos atmosféricos "teofânicos": o vento, o terremoto e o fogo. Esta interpretação espiritual, que podemos encontrar em ambientes monacais hesicastas, revela o silêncio como voz através da qual Deus se torna presente ao profeta falando na profundidade do seu corpo. Emerge assim o valor espiritual que o corpo tem na Bíblia e a certeza de que a escuta de Deus não se faz sem a escuta do corpo, verdadeiro lugar do Espírito.
2020
This article examines the intense connection that involves the Imaginary and the voice as body, a great absent of the western philosophical tradition. In a methodological perspective of hermeneutic excavation, firstly the complexity of the voice is investigated in the Hebrew and pre-metaphysical Hellenic traditions. Secondly, the world of poetry and the value of rhythm will be examined. The text essentially addresses an invitation to listen to the pure vocalic, to that voice that comes before the logos but which discloses ontological meanings containing the unsolved philosophical questions of Western culture. A voice that comes from layers of the past that the Imaginary is full of, and it is from this permanence in the progressive changing of the narratives that we need to recover the body too often set aside, but also to rediscover ourselves.
ContaminAzioni Ecologiche: Cibi, nature, culture, a c. di D. Fargione e S. Iovino, 2015
Esiste un’eloquenza della natura? Molti risponderebbero di sì. Del resto, tutto è relativo quello che ci aspettiamo di sentire. Vulcani, alberi, pietre, organismi, fossili ci dicono qualcosa della storia geologica o evolutiva della terra. Nuvole, correnti, fenomeni atmosferici, temperature, ci parlano del clima. Anche noi umani siamo natura eloquente; siamo animali che parlano, e il più delle volte – nel bene o nel male – è attraverso di noi, attraverso le nostre rappresentazioni, metafore, simboli, allegorie, che la natura parla. L’ecocritica, per vocazione e per definizione, studia le espressioni di questo immaginario na- turale. Allo stesso tempo però essa ci insegna a essere cauti nei confronti di tecniche narrative basate sull’antropomorfizzazione della natura, e certamente non è difficile riconoscere in questa eloquenza naturale una metafora, una contaminazione di registri e di esperienze. Di qui le nostre prime domande: c’è il modo di andare oltre le metafore e di riconciliare l’antropomorfismo con le storie della natura? E c’è un modo di lasciare che queste storie affiorino senza che vengano «contaminate» dalle nostre visioni antropocentriche? Che cosa possiamo intendere, infine, per «contaminazione»? Questo saggio si propone di rispondere a questi interrogativi attraverso l'analisi di testi letterari e documentari esaminati alla luce delle più recenti teorie ecocritiche.
FERMENTI, n. 233, 2009
Paul Zumthor, profondo conoscitore di letteratura medievale sia nei suoi aspetti testuali che in quelli modali, dove "il testuale domina lo scritto; il modale, le arti della voce", chiarisce che "nel momento in cui, durante la performance, il testo composto per iscritto diventa voce, una mutazione globale lo investe e, per tutto il tempo in cui prosegue l'audizione e in cui questa presenza dura, ne modifica la natura. Al di là degli oggetti e dei sensi a cui fa riferimento, il discorso vocale rinvia all'innominabile: la parola non è la semplice esecutrice della lingua, che non realizza mai pienamente, che infrange, con tutta la sua corporeità, per il nostro impre-vedibile piacere. È così che la voce interviene nel e sul testo, come dentro e su una materia semi formalizzata, con cui plasmare un oggetto mobile, ma finito". Esplorando specificatamente le frontiere della poesia sonora, lo stesso Zumthor scrive: "Il vocema diviene nello stesso tempo suono, parola, frase, discorso, inesauribilmente; e lo diventa nella propria conti-nuità ritmica". E, soffermandosi sul nostro lavoro, così prosegue: "È così che si può, con Giovanni Fontana, assicurare che la poesia non solo è con la voce e nella voce, ma dietro la voce, all'interno del proprio corpo, da dove vengono dominati il canto, i sospiri, i soffi, gli ansiti e tutto ciò che, al di qua e al di là del dire, è segnale dell'inesprimibile, coscienza primor-diale dell'esistenza. Giovanni Fontana parla in questo senso di poesia dilatata". In questa direzione, la poesia, scritta o dipinta che sia, pur nella sua stesura completa e definitiva, può essere considerata come una poesia interrotta, come un pre-testo da utilizzare per aprire un varco verso altre dimensioni. 4 Dalla parola, dal colore, dal segno bidimensinale potrà scaturire un poema polidimensionale che includerà il suono e l'azione, un poema che sarà scritto dinamicamente e si distenderà nel tempo. Ma al di là dell'infinita gamma di relazioni tra la scrittura e gli altri
Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, 2017
Vent'anni fa Umberto Eco dava alle stampe Kant e l'ornitorinco (1997), desideroso di tornare su alcuni temi trattati in opere precedenti e ispirato dalla Decade di Cerisyla-Salle (1996), in cui studiosi di tutto il mondo avevano radiografato le sue teorie con estremo puntiglio. Nasceva così un libro in cui Eco riprendevain maniera non organica e sistematica, ma con molte interconnessionii principali temi della sua ricerca semiotica per fare precisazioni, approfondimenti, ma anche virate e cambi di direzione. Forse il tema che riteneva più urgente ridiscutere era il ruolo della realtà (dell'Essere, ovvero dell'Oggetto Dinamico di Peirce) nel quadro della teoria semiotica. Nella prima parte del Trattato di semiotica generale (1975) l'Oggetto Dinamico era considerato come terminus ad quem della semiosi (qualcosa di cui si parla tramite segni e interpretanti), mentre nella seconda era visto come terminus a quo (qualcosa che ci spinge a comunicare). Ora Eco vuole invertire le priorità e capire meglio come l'Oggetto, in quanto terminus a quo, condiziona, vincola, limita i processi semiosici, e questo lo porta innanzitutto a proporre la sua teoria del «realismo negativo», secondo la quale esisterebbe uno «zoccolo duro dell'essere, tale che alcune cose che diciamo su di esso e per esso non possano e non debbano essere prese per buone». Contestualmente Eco propone di ridefinire la cosiddetta «soglia inferiore» della semiotica: se l'Oggetto Immediato è il concetto con cui Peirce rielabora in modo non trascendentale lo schematismo kantiano, esso si forma attraverso modalità percettive aurorali, disposizioni proto-semiotiche che Eco chiama forme di iconismo primario naturale e che vanno incluse nella teoria semiotica. La percezione può essere intesa come uno stadio primario dell'attività semiosica, sorta di pre-condizione della semiosi: è sulla base dei processi percettivima non soloche ci formiamo degli schemi, ed è grazie a questi schemi privati (per Eco Tipi Cognitivi) che riconosciamo le occorrenze concrete.
G. Pescatore, La voce e il corpo. L'opera lirica al cinema, Campanotto, Pasian di Prato, 2001,, 2001
L'opera lirica e il cinema possono apparire due forme di espressione artistica piuttosto distanti, con tradizioni e linguaggi assai diversi. Tuttavia, a una ricognizione più attenta si delinea un fitto reticolo di interazioni, di contatti, di influenze che rendono conto di una presenza viva della lirica sul grande schermo cinematografico. Certo, c'è il film opera, a cui molta parte di questo volume e dedicata, ma le interazioni sono spesso più sottili: dalle convenzioni melodrammatiche al commento musicale il cinema si è spesso nutrito della tradizione operistica, dei suoi testi e anche del suo pubblico. Questo volume intende proporre una campionatura di tale presenza, con uno sguardo metodologico nella prima parte e analizzando alcuni casi concreti nella seconda, nella convinzione che parlare dell'opera lirica al cinema significhi anche riflettere sullo statuto del cinema stesso e sui suoi rapporti con le altre arti.
Musica Domani, 2021
La didattica dell’ascolto musicale suggerisce da tempo l’attivazione di strategie diversificate: movimento, rappresentazione grafica, verbaliz- zazione. Ma come influiscono queste differenti modalità sui processi di analisi e di attribuzione di significati? La ricerca qui illustrata, condotta in classe con bambine e bambini di 9 e 10 anni, conferma, alla luce della teoria della Embodied Music Cognition, l’efficacia di un approccio multi- modale all’ascolto e suggerisce che il movimento corporeo favorisca una condotta analitica focalizzata sull’organizzazione temporale delle rela- zioni sonore. Parole chiave: ascolto – corporeità – rappresentazione – verbalizzazione – ricerca – scuola primaria The teaching methods related to music listening have suggested for a long time the activation of various strategies: movement, graphic representation, verbalisation. But how do these different modalities influence our analytical processes and the way we assign meaning? This research involving 9 and 10-year old children, confirms the effectiveness of a multimodal approach to listening, following the Embodied Music Cognition theory. It also suggests that body movement fosters an analytical approach focused on the temporal organization of sound relations. Keywords: listening – corporeity – representation – verbalization – research – primary school
2011
Giochi linguistici e forme della percezione guidano l'elaborazione dei modelli formali nella strutturazione del concetto di "sonoro".
Doppiozero, 20 maggio, 2016
Chi vuole accostarsi alla lingua senza pregiudizi e con il desiderio di capirci qualcosa trova una fiera resistenza nel senso comune dei dotti. La lingua vi ha infatti un gran rilievo ed è tema di molte idee ricevute. Non solo tra profani che son dotti perché praticano dottamente altre contrade dell'umano, ma anche tra dotti specifici. Del resto, quando è questione della lingua, una distinzione tra profani e specialisti è già essa stessa un'idea ricevuta. In proposito vale un criterio aureo. Sulla lingua, provare a capire ciò che fa chi la parla è in linea di massima più ragionevole che provare a capire le speculazioni che la riguardano (questa inclusa). Sempre che si sia sufficientemente magnanimi, per dirla col Dante del Convivio, da intendere ciò che fa chi la parla. La faccenda è spinosa, però, e non è nemmeno quella di cui qui si vuole dire. La si toccherà, caso mai, un'altra volta. Tra le idee ricevute sulla lingua ce n'è una, generalissima e di gran peso, le cui radici stanno addirittura nella Bibbia: "Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche" (Genesi 2,19-20). Non è proprio il principio, ma il principio c'è stato da poco. Ciò che vi si narra ha avuto e ha rilievo per discussioni di non poco momento. Qui ci si tiene stretti alla faccetta linguistica. Per il resto, manca a chi scrive non solo la competenza, ma anche l'interesse. La faccetta linguistica ha peraltro prodotto miriadi di riflessi, nei non pochi secoli in cui quelle righe sono parse pertinenti. Dire di avere tutti presenti tali riflessi (o anche solo in buona parte) sarebbe millanteria. Alla buona, qui se ne intercetta uno e piuttosto recente. Non proprio uno qualsiasi, però. Il riflesso che una volta si produsse nel compianto Umberto Eco. Se, come si è detto, a proposito di lingua è questione di una dottrina, l'evocazione di Eco è adattissima. Egli fu un principe della cultura italiana e non solo, un nocchiero del vascello dei dotti tra le tempeste del rapido declino della modernità, un polo per la bussola delle loro opinioni. E fu cultore insigne di una disciplina che non pochi tengono (e lui medesimo tenne) per prossima alla lingua, se non per una linguistica a pieno titolo.

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References (13)
- Ov., Met., III, pp. 356-369.
- Ov., Met. III, p. 371.
- Ov., Met. III, pp. 371-377, (trad. L. Koch). 33 Raval 2003, pp. 211 ss.
- Ov., Met. III, pp. 316-348. 35 Spivack 1993, p. 00.
- Hor., carm., I, pp. 12, 4; vd. a proposito della formula "imago vocis", Scivoletto 1985, p. 165. 42
- Verg., geor, IV, p. 50. 43 Lucr., d.r.n., IV, p. 570 s.
- Ov., Met., III, p. 385; cfr. Barchiesi 2007, pp. 180 s. 45 Sull'identità tra riflesso sonoro e riflesso ottico, Arist., de anim. II, p. 8 (419b).
- Ov., Met. III, pp. 394-398, (trad. L. Koch).
- Abbreviazioni supplementari: Barchiesi 2007 = in A. Barchiesi -G. Rosati (edd.), Ovidio, Metamorfosi, volume II, libri III-IV, Milano.
- Bazant-Simon 1986
- = J. Bazant -E. Simon, s.v. 'Echo', LIMC III, pp. 680-683.
- Bettini 1992 = M. Bettini, Il ritratto dell'amante, Torino 1992. Bonadeo 2002 = A. Bonadeo 2002, 'Il pianto di Eco. Riflessioni sulla presenza dell'eco in alcune trasposizioni letterarie del planctus', in QUCC 71, 2, 2002, pp.133-145.
- Ov., Met. III, p. 401, «sonus est qui vivit in illa». 48 Trovo la poesia in M. Rosso (ed.), 'I poeti del Ventisette', Venezia 2008, p. 74.