Traduzioni d’appendice: Leopardi dai “Versi” ai “Canti”
Abstract
Rivista internazionale di studi leopardiani 10 (2017): 15-26
References (39)
- Nel Discorso sopra la Batracomiomachia, Leopardi, basandosi sulle intuizioni proprie e degli studiosi precedenti, insiste sui passi in cui l'autore avrebbe imitato scrittori successivi a Omero (ivi, pp. 409-12).
- Cfr. Emilio Bigi, «Il Leopardi traduttore dei classici (1814-1817)» [1964], in Id., La genesi del Canto notturno e altri studi sul Leopardi, Palermo, Manfredi, 1967, pp. 9-80: pp. 33-34.
- Cfr. Giacomo Leopardi, Canti e Poesie disperse, vol. iii, a cura di Paola Italia et al., Firenze, presso l'Accademia della Crusca, 2009, pp. 170-71 e 267.
- Stefano Giovannuzzi, in Giacomo Leopardi, Versi, Firenze, Società editrice fiorentina, 2002, p. x.
- Leopardi, Poesie e Prose, i, cit., pp. 202-3.
- Cfr. Luigi Blasucci, «Sul libro dei Canti» [2000], in Id., Lo stormire del vento tra le pian- te. Testi e percorsi leopardiani, Venezia, Marsilio, 2003, pp. 63-84: pp. 66 e 81-82. Lo stesso varrà per La ginestra nei Canti (ivi, pp. 81-82). Di opposto avviso Franco D'Intino, «Spento il diurno raggio (xxxix) e il problema della conclusione dei Canti», in Rivista internazionale di studi leopardiani, 2, 2000, pp. 17-34, il quale rifiuta l'etichetta di 'appendice' e considera i testi finali parte integrante del libro, che si chiuderebbe effettivamente con i due frammenti di Simonide. Rossano Pestarino, «Leopardi tra Canti e poesie disperse», in Strumenti critici, 125.1, 2011, pp. 59-94: pp. 82-84 vede nel- la dialettica Canti/Frammenti un'eco di quella che aveva portato Leopardi a scindere la propria pro- duzione poetica in due volumi (Canzoni e Versi), poi fusi insieme nei Canti. 18. Giovannuzzi, in Leopardi, Versi, cit., p. xliii.
- Ivi, pp. lv-lix.
- Cfr. Cic. de orat. 1.155 e Quint. inst. 10.5.2.
- Giordani, nella lettera inviata a Giacomo il 12 marzo 1817, definisce la traduzione «eserci- zio che mi pare affatto necessario a divenir grande scrittore, e proprio all'età giovane» (in Giacomo Leopardi, Epistolario, a cura di Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino, Bollati Boringhieri, 1998, vol. i, pp. 66-67). Cfr. Pino Fasano, L'entusiasmo della ragione. Il romantico e l'antico nell'esperienza leopardiana, Roma, Bulzoni, 1985, p. 70: per il giovane si tratta di una concezione della «traduzione […] come possesso e immedesimazione […], accensione istantanea della scintilla poetica; per Giorda- ni tradurre non è che il primo gradino di una lunga scalata verso la poesia».
- Lo ipotizza Giovannuzzi, in Leopardi, Versi, cit., p. lxii.
- Leopardi, Epistolario, cit., ii, p. 1281 (a P. Brighenti, 27 dicembre 1826).
- Blasucci, «Sul libro dei Canti», cit., pp. 65-66.
- Blasucci, «Sul libro dei Canti», cit., p. 82 (e la relativa nota), che cita la lettera al De Sinner del maggio 1831: «Vi ho spedito per la posta un esemplare de' miei Canti, che contiene tutte le mie poesie originali approvate e ricorrette. Le altre che ho pubblicate in varii tempi sono da me disappro- vate e rifiutate» (Leopardi, Epistolario, cit., ii, p. 1790, corsivi originali).
- Cfr. Blasucci, «Sul libro dei Canti», cit., p. 81: si tratta della esplicita volontà di Starita di stampare un numero di poesie maggiore di almeno un terzo rispetto all'edizione Piatti. 32. Gilberto Lonardi, «Imitazione», in Lectura leopardiana, cit., pp. 647-62: p. 656. 33. Ivi, pp. 653-58.
- Il referente è invece esplicitato, come del resto nel greco, al v. 2 di Ogni mondano evento.
- Sull'argomento si vedano: Mario Fubini, Introduzione a Leopardi, Canti, cit., pp. 10-11; Luigi Bla- succi, «I titoli dei Canti» [1987], in Id., I titoli dei Canti e altri studi leopardiani [1989], Venezia, Marsilio, 20112, pp. 146-57; Pier Vincenzo Mengaldo, «Come iniziano i Canti» [2004], in Id., Sonavan le quiete stanze. Sullo stile dei Canti di Leopardi, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 41-77: pp. 59-62;
- Id., «Una lettura di A Silvia» [2010], in Id., Leopardi antiromantico e altri saggi sui Canti, Bologna, il Mulino, 2012, pp. 157-75: pp. 168-70.
- Cfr. Fasano, L'entusiasmo della ragione, cit., pp. 88-89 e Emilio Pasquini, «Leopardi fra traduzione e citazione: due trafile distinte», in La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro. Atti del Convegno (Lecce, 22-26 ottobre 1984), Roma, Salerno, 1985, pp. 603-13: p. 604.
- Cfr. Angelo Monteverdi, «Una foglia» [1937], in Id., Frammenti critici leopardiani, Na- poli, Edizioni Scientifiche italiane, 1967, pp. 49-66: p. 55. pana, inoltre, come un filo rosso l'immagine della foglia, creatura marginale e metafora della vita dell'uomo, di matrice omerica.44 Nei frammenti simonidei -evidentemente tali Leopardi considerava an- che i relativi originali greci, reliquie di testi più ampi e perduti -il poeta dei Canti ribadisce ancora una volta quell'accorata ricerca di un 'tu', sviluppato in Ogni mondano evento al. v. 2, «o figlio», come pure in Umana cosa picciol tempo dura dal v. 20, «tu». Tale procedimento, da un lato, corrisponde a quella stessa personalizzazione allocutoria sperimentata da Leopardi nella Satira sopra le donne, in quel caso persino contro l'originale greco;45 d'altron- de, sembra viva la volontà di sigillare il libro con quello stesso piglio pedago- gico (nel senso letterale di "guida di fanciulli") che aveva indotto Leopardi a concludere l'edizione Piatti non con il Canto notturno, cronologicamente posteriore, ma «con la voce dolente d'una saggezza senza tempo»46 del dittico La quiete dopo la tempesta -Il sabato del villaggio. Quell'impresa, infatti, ridimensionata la presenza dell'io lirico, si concludeva con la celebre apostrofe al «garzoncello scherzoso», che non è così distante dal παῖς ('fi- glio' ma anche 'fanciullo') del primo frammento simonideo né dal «tu» del secondo.47 Tuttavia, l'aggiunta della Ginestra, il vero e più naturale epilogo dei Canti, sposta il referente verso una figura di saggio più maturo, lucido e disincantato, che annuncia al mondo gli errori e la nuda verità: è lo stesso «uom saggio e sciolto dal comune errore» del v. 30 del Frammento XL.48 Questo richiamarsi a distanza dei due testi ribadisce la fine dei rispettivi 'cicli', quello maggiore All'Italia -La ginestra e quello minore Imitazione - Frammento XLI.49
- Cfr. Cfr. D'Intino, «Spento il diurno raggio (xxxix) e il problema della conclusione dei
- Canti», cit., p. 19 e Claudio Milanini, «Leopardi, l'ordine dei Canti», in Belfagor, 57.3, 2002, pp. 307-30: p. 327.
- Cfr. Simonetta Randino, «Il Volgarizzamento della Satira di Simonide sopra le donne di Giacomo Leopardi», Filologia e critica, 32, 2007, pp. 387-424: pp. 416-17.
- Blasucci, «Sul libro dei Canti», cit., p. 76.
- Milanini, «Leopardi, l'ordine dei Canti», cit., pp. 308-9 afferma che l'epilogo del Sabato si ricollega per contrasto all'incipit solenne della canzone di apertura, All'Italia. 48. Il frammento si inquadrava in origine nella prospettiva delle Operette morali, delineando la figura di un saggio che rinuncia attivamente alle illusioni (nella Ginestra si aggiungerà la dimensione solidale): cfr. Luigi Blasucci, «La posizione ideologica delle Operette morali» [1970], in Id., Leo- pardi e i segnali dell'infinito, Bologna, il Mulino, 1985, pp. 165-226: 198-200.
- Stasi, «La morale della favola: le traduzioni da Simonide nei Canti leopardiani», cit., p. 245 parla di «una sorta di congedo in tono minore, un'uscita metatestuale dal testo stesso», rife- rendosi al fatto che i due titoli scelti, ovvero Imitazione e Frammenti (non Scherzo), mettono l'accen- to sul «procedimento» di scrittura, anziché sull'«oggetto». La stessa studiosa ha inoltre avanzato l'ipotesi che la foglia potrebbe essere letta «come un'immagine del testo poetico, destinato a essere diviso dalla propria patria -linguistica e culturale -e a vagare "perpetuamente pellegrino"» («Idee di Leopardi sulla traduzione», in Traduzioni letterarie e rinnovamento del gusto: dal Neoclassicismo al primo Romanticismo. Atti del Convegno internazionale (Lecce-Castro, 15-18 giugno 2005), a cura di Giuseppe Coluccia e Beatrice Stasi, vol. 2, Galatina, Congedo, 2006, pp. 291-324: p. 323).
- Domenico De Robertis, «L'edizione Starita» [1989], in Id., Leopardi. La poesia, Bologna, Cosmopoli, 1996, pp. 333-54: p. 337.
- Peruzzi, «Odi, Melisso», cit., p. 115 cita l'ironia del passeggere nella relativa Operetta.
- Leopardi vi aveva inserito, con qualche variazione, i vv. 10-18: cfr. Pasquini, «Leopardi fra traduzione e citazione», cit.; Marcello Gigante, «Simonide e Leopardi», in La Parola del Passato, 53, 1998, pp. 161-200: pp. 179-81;
- Simonetta Randino, «Leopardi, Canti, xl: Dal greco di Simoni- de», Studi italiani di filologia classica, s. iii, 18, 2000, pp. 235-50: pp. 241-42.
- Da Blasucci, «I titoli dei Canti», cit., p. 148, raccolgo qui il rinvio a Franco Fortini, «Sopra il ritratto di una bella donna», in Id., Nuovi saggi italiani, Milano, Garzanti, pp. 56-85: p. 67 (nota) per sottolineare che anche per il frammento in questione il titolo si rivela luogo prosasti- co: come per il Ritratto Leopardi sceglie sopra e non sovra, così per il frammento simonideo il poeta pone nel titolo speranza, e non speme, che compare invece nel testo (vv. 10 e 19).
- Entrambe le opere si concluderebbero con una "palinodia": Luigi Blasucci, «Procedimen- ti satirici nella Palinodia», in Id., I tempi dei Canti, cit., pp. 162-176: p. 162.
- Cfr. De Robertis, «L'edizione Starita», cit., p. 337. Sul ruolo di trapasso tra le varie sezioni dei Canti svolto dal genere dell'epistola (Al conte Carlo Pepoli, la Palinodia e, possibilmente, i Nuovi credenti, cassati da Ranieri su indicazione di Leopardi) si è espresso, con una ricerca di parallelismi forse non congrua, Milanini, «Leopardi, l'ordine dei Canti», cit., p. 328, per cui Leopardi avrebbe voluto collocare I nuovi credenti dopo La ginestra.
- Franco D'Intino, in Giacomo Leopardi, Poeti greci e latini, Roma, Salerno, 1999, p. lvi. Sul rapporto con le Operette si veda anche Antonino Sole, «Verso l'Islandese: la traduzione leopar- diana di due frammenti di Simonide [sic] di Amorgo», in Giornale storico della letteratura italiana, 178, 2001, pp. 321-50.
- Cfr. G. Leopardi, Canti e Poesie disperse, vol. i, a cura di Franco Gavazzeni et al., Firenze, presso l'Accademia della Crusca, 20092, p. 261: nel quaderno autografo ora a Napoli, infatti, La ri- cordanza appare in prima posizione, seguita appunto dall'Infinito. 58. Blasucci, «Sul libro dei Canti», cit., p. 82.
- Cfr. Saverio Orlando, «Il pessimismo antico nel Leopardi traduttore. Nota sulle versioni semonidee in appendice ai Canti», in Studi in onore di Alberto Chiari, vol. ii, Brescia, Paideia, 1973, pp. 911-937: p. 936.
- Si può aggiungere che già nell'edizione Starita i frammenti evocassero, tra le «sembianze beate» (xl, v. 11), almeno quella dell'amata di Alla sua donna: cfr. Sole, «Verso l'Islandese», cit., pp. 346-47. Sulla vitalità, in Leopardi, delle metafore lunari nell'intera raccolta dei Canti si veda ora Antonella Del Gatto, "Quel punto acerbo". Temporalità e conoscenza metaforica in Leopardi, Firen- ze, Olschki, 2012, pp. 59-88.
- D'Intino, in Leopardi, Poeti greci e latini, cit., p. ix; ma si tratta, nei Frammenti, di «un Simonide ben diverso da quello che in All'Italia attribuiva alla fama la salvezza dall'Ade» (María de las Nieves Muñiz Muñiz, «Traduzione, imitazione, riscrittura nei Canti di Leopardi», in Stru- menti critici, 29.135, 2014, pp. 215-40: p. 239).
- A questo proposito si veda Gilberto Lonardi, L'oro di Omero. L'«Iliade», Saffo: antichissi- mi di Leopardi, Venezia, Marsilio, 2005, pp. 209-10.
- Cfr. Leopardi, Canti e Poesie disperse, vol. iii, cit., p. 235.