Thesis Chapters by Alessandro Zamai

Tesi di laurea consultabile integralmente presso il catalogo online dell'Università degli Studi d... more Tesi di laurea consultabile integralmente presso il catalogo online dell'Università degli Studi di Udine: https://servizi.amm.uniud.it/CercaTesi/.
«La Siberia è sconosciuta in Europa e poco conosciuta in Russia». Così scriveva, nel 1862, lo scrittore russo Ippolit Irinarchovič Zavališin nella sua "Descrizione della Siberia occidentale". L’affermazione perentoria di Zavališin, per quanto i tempi e le modalità d’informazione siano profondamente cambiati da centosessant’anni a questa parte, è più che mai attuale vista la scarsa considerazione di cui, almeno in Occidente, gode la Siberia e la sua storia.
Il presente studio intende approfondire questo spazio immenso e complesso, soffermandosi su protagonisti, dinamiche e popoli che ne hanno plasmato il passato e continuano a influenzarne il presente.
L’elaborato si articola in tre capitoli, ognuno dei quali dedicato a un aspetto centrale della conquista e della strutturazione della Siberia moderna.
Il primo capitolo analizza i presupposti che resero possibile l’avanzata russa, delineando la forma mentis russa dell’epoca, pur rimanendo ancora fuori dalla Siberia, e soffermandosi su tre elementi complementari: le basi poste dall’approccio coloniale dalla Repubblica di Novgorod, il ruolo di primo piano ricoperto dalla famiglia Stroganov, che trae i suoi capostipiti proprio da Novgorod stessa, e, infine, l’ingaggio delle comunità militari cosacche, in particolar modo quelle guidate dall’atamano Ermak Timofeevič.
Il secondo capitolo affronta la conquista vera e propria, a partire dalla conquista del Khanato di Sibir, “porta d’accesso” alla Siberia, e della parte occidentale della regione. A partire da questo momento si abbandona la sola cronistoria degli eventi, optando invece per un approccio tematico, distinguendo le principali direttrici dell’espansione: la penetrazione verso la Siberia nordorientale, con particolare attenzione alla figura di Vitus Bering; l’avanzata centrorientale verso la penisola della Kamčatka; l’espansione sudorientale, attraverso cui si analizzano tre secoli di rapporti e conflitti con la Cina; e, infine, l’esperienza coloniale russa in Nord America, diretta conseguenza del moto espansionistico siberiano.
Il terzo capitolo, infine, non tratta strettamente delle vicende storiche legate alla colonizzazione, già ampiamente discusse nelle sezioni precedenti, quanto piuttosto degli aspetti sociali, economici e amministrativi della Siberia di età moderna. Essi sono messe a confronto con i processi coloniali coevi di altri Stati europei, al fine di delineare le specificità e le peculiarità del caso russo.
Per favorire una comprensione più concreta dei fenomeni analizzati, la ricerca integra all’esame critico delle fonti storiografiche l’utilizzo di resoconti coevi, che consentono di rendere ancor più “vive” le vicende esposte, ma anche mappe storico-tematiche, utili a contestualizzare meglio gli oggetti di studio. Inoltre, non mancheranno, quando opportuno, i riferimenti a quegli elementi culturali – dipinti, illustrazioni, fotografie ed estratti letterari – che contribuiscono a restituire un punto di vista inedito e popolare sull’espansione russa in Siberia. In tal modo, il lavoro intende offrire non soltanto una ricostruzione storica delle vicende trattate, ma anche una riflessione sulle modalità attraverso cui la Siberia è stata narrata, percepita e progressivamente integrata nell’immaginario e nelle strutture dell’impero russo.
---
Thesis available in full through the online catalog of the University of Udine: https://servizi.amm.uniud.it/CercaTesi/.
«Siberia is unknown in Europe and little known in Russia». Thus wrote, in 1862, the Russian writer Ippolit Irinarchovič Zavališin in his “Description of Western Siberia”. Zavališin’s categorical statement, although the means and modes of information have changed profoundly over the past one hundred and sixty years, remains highly relevant today given the limited attention Siberia and its history receive, at least in the West.
This study aims to explore this immense and complex region, focusing on the key actors, dynamics, and peoples who shaped its past and continue to influence its present.
The dissertation is structured into three chapters, each dedicated to a central aspect of the conquest and structuring of modern Siberia.
The first chapter examines the conditions that made the Russian advance possible, outlining the Russian mindset of the period even before entering Siberia itself, and focusing on three complementary elements: the foundations of the colonial approach established by the Republic of Novgorod, the prominent role of the Stroganov family – whose ancestors also hailed from Novgorod – and, finally, the recruitment of Cossack military communities, particularly those led by the ataman Ermak Timofeevič.
The second chapter addresses the conquest itself, beginning with the annexation of the Khanate of Sibir, the “gateway” to Siberia, and the western part of the region. From this point onward, the study moves away from a purely chronological account of events, opting instead for a thematic approach that distinguishes the main directions of expansion: penetration into northeastern Siberia, with particular attention to the figure of Vitus Bering; the central-eastern advance toward the Kamchatka Peninsula; the southeastern expansion, through which three centuries of relations and conflicts with China are examined; and, finally, the Russian colonial experience in North America, a direct consequence of Siberia’s expansionist momentum.
The third chapter, rather than focusing directly on the historical events of colonization already discussed in previous sections, examines the social, economic, and administrative aspects of modern Siberia. These are compared with contemporary colonial processes in other European states, in order to highlight the specificities and peculiarities of the Russian case.
To facilitate a more concrete understanding of the phenomena analyzed, the research integrates the critical examination of historiographical sources with contemporary accounts, which help render the events more vivid, as well as historical-thematic maps that allow for better contextualization of the objects of study. Furthermore, where appropriate, references are made to cultural elements – paintings, illustrations, photographs, and literary excerpts – that contribute to providing an original and popular perspective on Russian expansion in Siberia. In this way, the study aims not only to offer a historical reconstruction of the events discussed but also to reflect on the ways in which Siberia has been narrated, perceived, and progressively incorporated into the imagination and structures of the Russian Empire.
Papers by Alessandro Zamai

L’obiettivo del presente studio è offrire uno scorcio su un contesto raramente approfondito: la S... more L’obiettivo del presente studio è offrire uno scorcio su un contesto raramente approfondito: la Siberia, che, dal Cinquecento all’Ottocento, fu oggetto della progressiva conquista da parte dei Russi stanziati a occidente dei monti Urali. Nello specifico, la ricerca si concentra sull’economia e sulle politiche monetarie adottate dall’Impero russo nella colonia siberiana, con particolare attenzione agli effetti sulle popolazioni indigene.
L’elaborato è suddiviso in due sezioni principali, ognuna riguardante un aspetto fondamentale legato all’argomento.
La prima, introdotta da una premessa sulla natura della conquista russa della regione, esamina in senso lato le dinamiche economiche concernenti la Siberia occorse tra XVI e XIX secolo, evidenziando l’impatto spesso invasivo sulle comunità native e sull’ambiente. Vengono sviscerate le caratteristiche fisico-geografiche del territorio allo scopo di comprenderne meglio le ragioni dell’attrattiva economica, il ruolo centrale delle pellicce nell’economia russa dell’epoca e le attività sviluppatesi in seguito al depauperamento della fauna pellicciata a causa dei decenni di sfruttamento incontrollato, quali il commercio di schiavi e l’industria mineraria.
La seconda parte restringe invece il campo, prendendo in esame le politiche monetarie adottate specificatamente in età imperiale (1721-1917) nella Jugra, regione storica localizzata a ridosso del versante orientale degli Urali e abitata principalmente dagli Ob-Ugrici, gruppo etnico annoverante sia Ostiachi che Mansi, e dai Tartari siberiani, soffermandosi sugli effetti distinti che queste misure ebbero sulle due comunità. È stato selezionato proprio tale contesto in quanto recentemente approfondito sotto questo profilo, a differenza di altri scenari siberiani, da parte dei ricercatori delle università locali: l’Università statale della Jugra di Chanty-Mansijsk, l’Istituto Internazionale di Educazione Innovativa e l’Università statale di Tjumen', entrambi con sede a Tjumen'. Oltre a un inquadramento storico, economico e culturale dei due gruppi, sono approfondite principalmente le riforme in campo monetario varate tra fine Seicento e la seconda metà del Settecento – in particolare sotto Pietro I e Caterina II – ma anche quelle che, dalla fine del XVIII secolo, vennero promulgate sino ai primi decenni del Novecento. Su questa base verrà costruita una riflessione, supportata da dati e documentazione coeva, sull’impatto di tali iniziative nei riguardi delle società locali.
In appendice si propone infine un catalogo delle monete emesse specificatamente per la Siberia durante il governo di Caterina II, tematica introdotta nelle sezioni precedenti. Esso è corredato dalle immagini del diritto e del rovescio di tutte le tipologie di monete in questione, ognuna delle quali è accompagnata da schede descrittive riguardanti materialità, iconografia e iscrizioni.
Complessivamente, il lavoro è strutturato per fornire una visione completa dell’argomento, avvalendosi anche di mappe storico-tematiche, che permettono di orientarsi al meglio entro il contesto siberiano, nonché di testimonianze tratte da resoconti e diari di viaggio dell’epoca.
---
The aim of the present study is to offer a glimpse into a context rarely explored: Siberia, which from the sixteenth to the nineteenth century was progressively conquered by the Russians settled to the west of the Ural Mountains. Specifically, the research focuses on the economy and the monetary policies implemented by the Russian Empire in the Siberian colony, with particular attention to their effects on the indigenous populations.
The study is divided into two main sections, each addressing a key aspect of the topic.
The first section, introduced by a premise on the nature of the Russian conquest of the region, broadly examines the economic dynamics that occurred in Siberia between the sixteenth and nineteenth centuries, highlighting their often invasive impact on native communities and the environment. The physical and geographical characteristics of the territory are analyzed to better understand the reasons for its economic attractiveness, the central role of furs in the Russian economy of the period, and the activities that developed following the depletion of fur-bearing animals due to decades of uncontrolled exploitation, such as the slave trade and mining industries.
The second section narrows the focus, examining the monetary policies specifically implemented during the imperial era (1721-1917) in Yugra, a historical region located on the eastern slopes of the Urals, primarily inhabited by the Ob-Ugric peoples – including both the Khanty and the Mansi – and Siberian Tatars. Attention is given to the distinct effects these measures had on the two communities. This context was selected because it has recently been studied in depth from this perspective, unlike other Siberian regions, by researchers from local universities: the Yugra State University of Khanty-Mansiysk, the International Institute for Innovative Education, and the Tyumen State University, both based in Tyumen.
In addition to a historical, economic, and cultural overview of the two groups, the study mainly examines the monetary reforms enacted from the late seventeenth century to the second half of the eighteenth century – particularly under Peter I and Catherine II – as well as those promulgated from the late eighteenth century to the early decades of the twentieth century. Based on this framework, a reflection is developed, supported by period data and documentation, on the impact of these initiatives on local societies.
In the end, an appendix presents a catalog of the coins specifically issued for Siberia during the reign of Catherine II, a topic introduced in the preceding sections. The catalog includes images of both the obverse and reverse of all coin types in question, each accompanied by descriptive sheets detailing material, iconography, and inscriptions.
Overall, the work is structured to provide a comprehensive view of the subject, making use of historical-thematic maps to facilitate orientation within the Siberian context, as well as testimonies drawn from period travel accounts and diaries.

Il presente lavoro si propone di analizzare e contestualizzare il corpus di documenti contenuti a... more Il presente lavoro si propone di analizzare e contestualizzare il corpus di documenti contenuti all’interno della busta 362 nella serie “Sforzesco", “Potenze Estere” relativa a Venezia e conservata presso l’Archivio di Stato di Milano. Il faldone raccoglie 141 missive ascrivibili generalmente al trimestre che va da luglio a settembre 1475. I mittenti e i destinatari sono vari, ma chiaramente concernenti la Milano sforzesca dell’epoca. Ricorre infatti più degli altri come interlocutore Galeazzo Maria Sforza, l’allora duca di Milano. Delle 141 lettere, sono state poste sotto la lente d’ingrandimento, e quindi edite, solo alcune di queste, che saranno oggetto di analisi nel presente lavoro: 41 missive originali che, da Venezia, furono inviate da Leonardo Botta, ambasciatore sforzesco presso la Serenissima, con le quali questo comunicava notizie riguardanti la politica internazionale e gli equilibri di potere nell’Italia quattrocentesca. In 39 di questi casi era proprio Galeazzo Maria il destinatario, mentre nei restanti 2 Cicco Simonetta, segretario del duca milanese. Esse sono incluse entro il lasso di tempo che va dal 7 luglio al 26 agosto 1475.
L’importanza di tali documenti risiede non soltanto nel loro valore storico, ma anche nella loro natura di fonte diretta, che consente di indagare la prassi diplomatica sforzesca, la scrittura cancelleresca e le strategie retoriche adottate da un ambasciatore esperto come Botta. Attraverso lo studio della forma, della lingua e della struttura dei dispacci, è infatti possibile ricostruire sia il funzionamento interno della cancelleria sforzesca sia il ruolo dell’ambasciatore quale mediatore politico e veicolo di informazione tra Venezia e Milano.
Dal punto di vista contenutistico, le lettere testimoniano le principali questioni che animavano la politica internazionale dell’epoca: in particolare, i rapporti conflittuali con Ferrante d’Aragona e le tensioni legate alla corona di Cipro, l’avanzata ottomana culminata nella caduta di Caffa, nonché i delicati equilibri che coinvolgevano le grandi potenze italiane e i loro interlocutori esteri. Attraverso la corrispondenza si delineano così le linee di frattura e cooperazione che caratterizzarono il sistema politico della penisola italiana nella seconda metà del Quattrocento, all’interno di quel fragile equilibrio inaugurato dalla pace di Lodi e incarnato dalla Lega italica.
Lo studio intende contribuire da un lato alla ricostruzione storica dei rapporti tra Milano, Venezia e gli altri attori della penisola, dall’altro alla comprensione del ruolo dell’ambasciatore come figura cardine nei processi politici e culturali del Rinascimento.
---
This study aims to analyse and contextualize the corpus of documents contained in folder 362 of the “Sforzesco”, “Potenze Estere” series, pertaining to Venice and preserved at the State Archives of Milan. The folder comprises 141 letters generally dating from the period between July and September 1475. The senders and recipients are varied, yet clearly related to Sforza-era Milan. Notably, Galeazzo Maria Sforza, the Duke of Milan at the time, appears more frequently than others as the interlocutor.
Of the 141 letters, only a selection has been examined in detail and edited for the purposes of this study: 41 original missives sent from Venice by Leonardo Botta, the Sforza ambassador to the Serenissima, which conveyed information concerning international politics and the balance of power in fifteenth-century Italy. In 39 instances, Galeazzo Maria was the recipient, while the remaining two were addressed to Cicco Simonetta, the Duke’s secretary. These letters span the period from 7 July to 26 August 1475.
The significance of these documents lies not only in their historical value but also in their nature as primary sources, which allow for an in-depth investigation of Sforza diplomatic practice, chancery writing, and the rhetorical strategies employed by an experienced ambassador such as Botta. By studying the form, language, and structure of these dispatches, it is possible to reconstruct both the internal functioning of the Sforza chancery and the ambassador’s role as a political mediator and conduit of information between Venice and Milan.
From a content perspective, the letters reflect the main issues animating international politics at the time: in particular, the contentious relations with Ferrante of Aragon, the tensions surrounding the crown of Cyprus, the Ottoman advance culminating in the fall of Caffa, and the delicate balances involving the major Italian powers and their foreign interlocutors. Through this correspondence, one can trace the lines of division and cooperation that characterized the political system of the Italian peninsula in the second half of the fifteenth century, within the fragile equilibrium inaugurated by the Peace of Lodi and embodied in the Italic League.
This study seeks, on the one hand, to contribute to the historical reconstruction of relations between Milan, Venice, and other actors on the peninsula, and on the other, to deepen the understanding of the ambassador’s role as a pivotal figure in the political and cultural processes of the Renaissance.

«Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria v... more «Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini». Così scriveva Alda Merini nel suo “Diario di una diversa”, volume in cui l’autrice ripercorre il periodo che lei stessa passò in manicomio in seguito a un esaurimento nervoso avvenuto nel 1964, conseguenza dell’immenso stress causato dalla sua complicata situazione familiare e personale del tempo.
L’obiettivo di quest’elaborato è proprio quello di fornire una panoramica generale delle problematiche e delle questioni storiche relative alle dinamiche d’internamento femminile nei sanatori italiani, con il manicomio di Colorno, sito nell’odierna provincia di Parma, preso come soggetto principale dello studio.
È stato selezionato proprio il contesto colornese in quanto, relativamente a questo caso, vi è una letteratura storica particolarmente rilevante e una documentazione altrettanto ricca.
La fonte primaria impiegata per trattare dell’argomento è il film documentario “Matti da slegare”, mandato in onda su Rai 3 nel 1975. Scritto e diretto da Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, il film è interamente girato entro le mura del manicomio di Colorno e ha come tema principale il racconto delle storie degli internati. Con la sua produzione e la successiva trasmissione si tentò, riprendendo le tesi di Franco Basaglia, di restituire dignità a una categoria di persone da sempre confinata ai margini della società.
Sebbene la prima parte del documentario sia dedicata a raccontare tre storie di vita in particolare, cioè quelle di Paolo, Angelo e Marco, la seconda si occupa più generalmente degli altri pazienti. In relazione a quest’ultima, la mia attenzione si è concentrata in particolare su tre interviste di donne, sia internate che ex internate del manicomio colornese. Per utilizzare le parole di Pierre Sorlin, «non si può studiare la vita materiale del XX secolo senza le fonti audiovisive», e proprio “Matti da slegare” mi ha permesso di allacciare le testimonianze delle dirette interessate al racconto di dinamiche dal respiro più ampio, cioè, dal particolare, arrivare a raccontare il generale.
Per compiere ciò è stata altrettanto fondamentale l’altra fonte primaria utilizzata, “Tutti i segni di una manifesta pazzia” di Stefania Re. Imponente studio nei riguardi delle dinamiche d’internamento femminile, specificatamente a Colorno, il volume è stato quell’altro anello di congiunzione che, insieme al documentario, ha consentito di legare gli specifici e singoli casi esposti nelle interviste di “Matti da slegare” a un quadro più esteso, alle storie di vita di molte altre donne vissute anche decenni prima. Il volume riporta un’accurata e acuta disamina delle dinamiche di manicomializzazione, e le considerazioni che Re ne trae sono frutto di un ampio lavoro di studio dei fascicoli personali delle pazienti, dei “modula”, delle relazioni dei medici e di molti altri documenti di diversa natura afferenti al periodo compreso tra il 1880 e il 1915.
Per quanto riguarda la suddivisione del lavoro, vi sono due sezioni principali, ciascuna dedicata a un aspetto fondamentale connesso all’argomento.
La prima tratta della storia del sanatorio colornese, dalle attestazioni di XVIII secolo inerenti alla volontà di costruire una struttura per contenere gli “alienati”, alla sua graduale chiusura dal 1978 in poi sulla scia delle iniziative di Mario Tommasini e Basaglia volte allo smantellamento dell’istituzione manicomiale.
La seconda invece sviscera le vere e proprie dinamiche sia prima, che durante e infine dopo l’internamento sulla base degli aneddoti raccontati dalle tre donne intervistate in “Matti da slegare”.
In ultima istanza, nelle conclusioni, oltre a tirare le somme, viene analizzata quella che è la natura della fonte primaria alla base dell’elaborato, ossia un film documentario, e dell’importanza dello stesso medium audiovisivo nei riguardi del racconto della storia.
---
«In fact, there is no madness without justification, and every act that ordinary, sober people consider insane involves the mystery of an unheard-of suffering that has not been perceived by others». Thus wrote Alda Merini in her “Diario di una diversa”, a volume in which the author retraces the period she herself spent in a psychiatric hospital following a nervous breakdown in 1964, a consequence of the immense stress caused by her complicated family and personal situation at the time.
The aim of this paper is to provide a general overview of the issues and historical questions related to the dynamics of female institutionalization in Italian psychiatric hospitals, with the Colorno asylum, located in today’s province of Parma, as the main focus of the study.
The Colorno context was selected because it offers particularly relevant historical literature and equally rich documentation.
The primary source used in this study is the documentary film “Matti da slegare”, broadcast on Rai 3 in 1975. Written and directed by Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia, and Stefano Rulli, the film was entirely shot within the walls of the Colorno asylum and focuses mainly on the stories of the patients. Its production and subsequent broadcast sought, following Franco Basaglia’s theses, to restore dignity to a category of people long confined to the margins of society.
Although the first part of the documentary is devoted to three specific life stories – those of Paolo, Angelo, and Marco – the second part addresses the other patients more generally. In this latter section, my attention focused on three interviews with women, both current and former patients of the Colorno asylum. As Pierre Sorlin observes, «one cannot study the material life of the twentieth century without audiovisual sources», and “Matti da slegare” allowed to link the testimonies of the women interviewed to broader dynamics, moving from the particular to the general.
Equally important was the other primary source used, Stefania Re’s “Tutti i segni di una manifesta pazzia”. This extensive study of female institutionalization, specifically in Colorno, provided another connecting element which, together with the documentary, allowed me to relate the individual cases presented in “Matti da slegare” to a wider context, including the life stories of many other women who lived decades earlier. The volume offers a precise and insightful examination of the dynamics of institutionalization, based on patient files, the “modula”, medical reports, and many other documents from the period 1880-1915.
The work is divided into two main sections, each addressing a key aspect of the topic. The first traces the history of the Colorno asylum, from eighteenth-century records regarding the construction of a facility for the “insane” to its gradual closure from 1978 onwards, following initiatives by Mario Tommasini and Basaglia aimed at dismantling the psychiatric institution.
The second section examines the dynamics of institutionalization before, during, and after confinement, based on the anecdotes recounted by the three women interviewed in “Matti da slegare”.
Finally, in the conclusions, in addition to summarizing the findings, the study analyzes the nature of the primary source underlying the research – a documentary film – and highlights the importance of the audiovisual medium in recounting historical narratives.

Il presente contributo si propone di analizzare in chiave comparativa la pericope evangelica dell... more Il presente contributo si propone di analizzare in chiave comparativa la pericope evangelica dell’unzione di Gesù da parte di una donna, attestata nei quattro vangeli canonici (Mc. 14, 3-9; Mt. 26, 6-13; Lc. 7, 36-50; Gv. 12, 1-8). Attraverso un confronto sinottico e una lettura storica dei testi, si evidenziano affinità e divergenze narrative, teologiche e redazionali, con particolare attenzione al contesto delle prime comunità cristiane, alle strategie di trasmissione e reinterpretazione del messaggio cristologico. In particolare, tale analisi mette in luce una duplice tradizione: da un lato la matrice narrativa comune a Marco, Matteo e Giovanni, dall’altro la rilettura di Luca, che si distingue per la peculiare attenzione riservata alle tematiche concernenti la fede e il perdono. Lo studio approfondisce le motivazioni teologiche e redazionali delle varianti, inserendole nel contesto delle prime comunità cristiane in dialogo – e tensione – con l’ebraismo. Ne emerge che le divergenze narrative e simboliche non solo rispondono a esigenze sociali e identitarie, ma riflettono anche strategie di trasmissione della memoria di Gesù e di elaborazione teologica. L’analisi evidenzia infine il valore filologico e storico della pluralità delle fonti, facendo riferimento al dibattito sulla distinzione tra “Gesù della storia” e “Gesù della fede”.
---
This paper offers a comparative analysis of the Gospel pericope of the anointing of Jesus by a woman, attested in all four canonical Gospels (Mk. 14, 3-9; Mt. 26, 6-13; Lk. 7, 36-50; Jn. 12, 1-8). Through a synoptic comparison and a historical reading of the texts, the study highlights narrative, theological, and editorial affinities and divergences, with particular attention to the context of the earliest Christian communities and to the strategies of transmission and reinterpretation of the Christological message. In particular, the analysis reveals a twofold tradition: on the one hand, the narrative matrix shared by Mark, Matthew, and John; on the other, Luke’s distinctive reworking, marked by a peculiar emphasis on the themes of faith and forgiveness. The study further investigates the theological and editorial motivations underlying these variations, situating them within the context of early Christian communities in dialogue – and at times in tension – with Judaism. The findings suggest that the narrative and symbolic divergences not only respond to social and identity-related needs but also reflect specific strategies of transmitting the memory of Jesus and developing theological reflection. Finally, the analysis underscores the philological and historical value of the plurality of sources, contributing to the ongoing debate on the distinction between the “Jesus of history” and the “Christ of faith”.

Il presente contributo si propone di indagare la rappresentazione della figura autoriale nel roma... more Il presente contributo si propone di indagare la rappresentazione della figura autoriale nel romanzo “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979) di Italo Calvino, evidenziando, facendo diretto riferimento a porzioni del testo, come la struttura postmoderna dell’opera sfumi l’identità dell’autore in una molteplicità di voci ed eteronimi. L’analisi si concentra in particolare sui personaggi, presentati entro il romanzo, di Silas Flannery ed Ermes Marana, i quali incarnano rispettivamente la crisi dello scrittore e l’ambiguità del ruolo ricoperto dall’autore, divenendo metafore della funzione autoriale stessa. Il romanzo, concepito come un “labirinto di specchi” – immagine evocata nel settimo incipit – mette in tensione l’atto della scrittura e della lettura, mostrando come l’autore sia al contempo presente e assente, reale e fittizio, autentico e contraffatto. Tale costruzione permette di identificare intertestualità che richiamano a Borges e Pessoa, ma anche a modelli più antichi, in particolare Omero, presentato come contraltare al paradigma calviniano di cui il romanzo si fa manifesto.
---
This paper investigates the representation of the authorial figure in Italo Calvino’s novel “If on a Winter’s Night a Traveler” (1979), highlighting – through direct reference to selected passages – how the work’s postmodern structure dissolves the identity of the author into a multiplicity of voices and heteronyms. The analysis focuses in particular on the characters of Silas Flannery and Ermes Marana, who embody, respectively, the writer’s crisis and the ambiguity of the author’s role, becoming metaphors of the very function of authorship. Conceived as a “labyrinth of mirrors” – an image evoked in the seventh incipit – the novel sets writing and reading in a dynamic tension, revealing the author as simultaneously present and absent, real and fictitious, authentic and counterfeit. This construction enables the identification of intertextual links not only with Borges and Pessoa but also with more ancient models, most notably Homer, who is presented as a counterpoint to the Calvinoan paradigm of which the novel becomes a manifesto.
Uploads
Thesis Chapters by Alessandro Zamai
«La Siberia è sconosciuta in Europa e poco conosciuta in Russia». Così scriveva, nel 1862, lo scrittore russo Ippolit Irinarchovič Zavališin nella sua "Descrizione della Siberia occidentale". L’affermazione perentoria di Zavališin, per quanto i tempi e le modalità d’informazione siano profondamente cambiati da centosessant’anni a questa parte, è più che mai attuale vista la scarsa considerazione di cui, almeno in Occidente, gode la Siberia e la sua storia.
Il presente studio intende approfondire questo spazio immenso e complesso, soffermandosi su protagonisti, dinamiche e popoli che ne hanno plasmato il passato e continuano a influenzarne il presente.
L’elaborato si articola in tre capitoli, ognuno dei quali dedicato a un aspetto centrale della conquista e della strutturazione della Siberia moderna.
Il primo capitolo analizza i presupposti che resero possibile l’avanzata russa, delineando la forma mentis russa dell’epoca, pur rimanendo ancora fuori dalla Siberia, e soffermandosi su tre elementi complementari: le basi poste dall’approccio coloniale dalla Repubblica di Novgorod, il ruolo di primo piano ricoperto dalla famiglia Stroganov, che trae i suoi capostipiti proprio da Novgorod stessa, e, infine, l’ingaggio delle comunità militari cosacche, in particolar modo quelle guidate dall’atamano Ermak Timofeevič.
Il secondo capitolo affronta la conquista vera e propria, a partire dalla conquista del Khanato di Sibir, “porta d’accesso” alla Siberia, e della parte occidentale della regione. A partire da questo momento si abbandona la sola cronistoria degli eventi, optando invece per un approccio tematico, distinguendo le principali direttrici dell’espansione: la penetrazione verso la Siberia nordorientale, con particolare attenzione alla figura di Vitus Bering; l’avanzata centrorientale verso la penisola della Kamčatka; l’espansione sudorientale, attraverso cui si analizzano tre secoli di rapporti e conflitti con la Cina; e, infine, l’esperienza coloniale russa in Nord America, diretta conseguenza del moto espansionistico siberiano.
Il terzo capitolo, infine, non tratta strettamente delle vicende storiche legate alla colonizzazione, già ampiamente discusse nelle sezioni precedenti, quanto piuttosto degli aspetti sociali, economici e amministrativi della Siberia di età moderna. Essi sono messe a confronto con i processi coloniali coevi di altri Stati europei, al fine di delineare le specificità e le peculiarità del caso russo.
Per favorire una comprensione più concreta dei fenomeni analizzati, la ricerca integra all’esame critico delle fonti storiografiche l’utilizzo di resoconti coevi, che consentono di rendere ancor più “vive” le vicende esposte, ma anche mappe storico-tematiche, utili a contestualizzare meglio gli oggetti di studio. Inoltre, non mancheranno, quando opportuno, i riferimenti a quegli elementi culturali – dipinti, illustrazioni, fotografie ed estratti letterari – che contribuiscono a restituire un punto di vista inedito e popolare sull’espansione russa in Siberia. In tal modo, il lavoro intende offrire non soltanto una ricostruzione storica delle vicende trattate, ma anche una riflessione sulle modalità attraverso cui la Siberia è stata narrata, percepita e progressivamente integrata nell’immaginario e nelle strutture dell’impero russo.
---
Thesis available in full through the online catalog of the University of Udine: https://servizi.amm.uniud.it/CercaTesi/.
«Siberia is unknown in Europe and little known in Russia». Thus wrote, in 1862, the Russian writer Ippolit Irinarchovič Zavališin in his “Description of Western Siberia”. Zavališin’s categorical statement, although the means and modes of information have changed profoundly over the past one hundred and sixty years, remains highly relevant today given the limited attention Siberia and its history receive, at least in the West.
This study aims to explore this immense and complex region, focusing on the key actors, dynamics, and peoples who shaped its past and continue to influence its present.
The dissertation is structured into three chapters, each dedicated to a central aspect of the conquest and structuring of modern Siberia.
The first chapter examines the conditions that made the Russian advance possible, outlining the Russian mindset of the period even before entering Siberia itself, and focusing on three complementary elements: the foundations of the colonial approach established by the Republic of Novgorod, the prominent role of the Stroganov family – whose ancestors also hailed from Novgorod – and, finally, the recruitment of Cossack military communities, particularly those led by the ataman Ermak Timofeevič.
The second chapter addresses the conquest itself, beginning with the annexation of the Khanate of Sibir, the “gateway” to Siberia, and the western part of the region. From this point onward, the study moves away from a purely chronological account of events, opting instead for a thematic approach that distinguishes the main directions of expansion: penetration into northeastern Siberia, with particular attention to the figure of Vitus Bering; the central-eastern advance toward the Kamchatka Peninsula; the southeastern expansion, through which three centuries of relations and conflicts with China are examined; and, finally, the Russian colonial experience in North America, a direct consequence of Siberia’s expansionist momentum.
The third chapter, rather than focusing directly on the historical events of colonization already discussed in previous sections, examines the social, economic, and administrative aspects of modern Siberia. These are compared with contemporary colonial processes in other European states, in order to highlight the specificities and peculiarities of the Russian case.
To facilitate a more concrete understanding of the phenomena analyzed, the research integrates the critical examination of historiographical sources with contemporary accounts, which help render the events more vivid, as well as historical-thematic maps that allow for better contextualization of the objects of study. Furthermore, where appropriate, references are made to cultural elements – paintings, illustrations, photographs, and literary excerpts – that contribute to providing an original and popular perspective on Russian expansion in Siberia. In this way, the study aims not only to offer a historical reconstruction of the events discussed but also to reflect on the ways in which Siberia has been narrated, perceived, and progressively incorporated into the imagination and structures of the Russian Empire.
Papers by Alessandro Zamai
L’elaborato è suddiviso in due sezioni principali, ognuna riguardante un aspetto fondamentale legato all’argomento.
La prima, introdotta da una premessa sulla natura della conquista russa della regione, esamina in senso lato le dinamiche economiche concernenti la Siberia occorse tra XVI e XIX secolo, evidenziando l’impatto spesso invasivo sulle comunità native e sull’ambiente. Vengono sviscerate le caratteristiche fisico-geografiche del territorio allo scopo di comprenderne meglio le ragioni dell’attrattiva economica, il ruolo centrale delle pellicce nell’economia russa dell’epoca e le attività sviluppatesi in seguito al depauperamento della fauna pellicciata a causa dei decenni di sfruttamento incontrollato, quali il commercio di schiavi e l’industria mineraria.
La seconda parte restringe invece il campo, prendendo in esame le politiche monetarie adottate specificatamente in età imperiale (1721-1917) nella Jugra, regione storica localizzata a ridosso del versante orientale degli Urali e abitata principalmente dagli Ob-Ugrici, gruppo etnico annoverante sia Ostiachi che Mansi, e dai Tartari siberiani, soffermandosi sugli effetti distinti che queste misure ebbero sulle due comunità. È stato selezionato proprio tale contesto in quanto recentemente approfondito sotto questo profilo, a differenza di altri scenari siberiani, da parte dei ricercatori delle università locali: l’Università statale della Jugra di Chanty-Mansijsk, l’Istituto Internazionale di Educazione Innovativa e l’Università statale di Tjumen', entrambi con sede a Tjumen'. Oltre a un inquadramento storico, economico e culturale dei due gruppi, sono approfondite principalmente le riforme in campo monetario varate tra fine Seicento e la seconda metà del Settecento – in particolare sotto Pietro I e Caterina II – ma anche quelle che, dalla fine del XVIII secolo, vennero promulgate sino ai primi decenni del Novecento. Su questa base verrà costruita una riflessione, supportata da dati e documentazione coeva, sull’impatto di tali iniziative nei riguardi delle società locali.
In appendice si propone infine un catalogo delle monete emesse specificatamente per la Siberia durante il governo di Caterina II, tematica introdotta nelle sezioni precedenti. Esso è corredato dalle immagini del diritto e del rovescio di tutte le tipologie di monete in questione, ognuna delle quali è accompagnata da schede descrittive riguardanti materialità, iconografia e iscrizioni.
Complessivamente, il lavoro è strutturato per fornire una visione completa dell’argomento, avvalendosi anche di mappe storico-tematiche, che permettono di orientarsi al meglio entro il contesto siberiano, nonché di testimonianze tratte da resoconti e diari di viaggio dell’epoca.
---
The aim of the present study is to offer a glimpse into a context rarely explored: Siberia, which from the sixteenth to the nineteenth century was progressively conquered by the Russians settled to the west of the Ural Mountains. Specifically, the research focuses on the economy and the monetary policies implemented by the Russian Empire in the Siberian colony, with particular attention to their effects on the indigenous populations.
The study is divided into two main sections, each addressing a key aspect of the topic.
The first section, introduced by a premise on the nature of the Russian conquest of the region, broadly examines the economic dynamics that occurred in Siberia between the sixteenth and nineteenth centuries, highlighting their often invasive impact on native communities and the environment. The physical and geographical characteristics of the territory are analyzed to better understand the reasons for its economic attractiveness, the central role of furs in the Russian economy of the period, and the activities that developed following the depletion of fur-bearing animals due to decades of uncontrolled exploitation, such as the slave trade and mining industries.
The second section narrows the focus, examining the monetary policies specifically implemented during the imperial era (1721-1917) in Yugra, a historical region located on the eastern slopes of the Urals, primarily inhabited by the Ob-Ugric peoples – including both the Khanty and the Mansi – and Siberian Tatars. Attention is given to the distinct effects these measures had on the two communities. This context was selected because it has recently been studied in depth from this perspective, unlike other Siberian regions, by researchers from local universities: the Yugra State University of Khanty-Mansiysk, the International Institute for Innovative Education, and the Tyumen State University, both based in Tyumen.
In addition to a historical, economic, and cultural overview of the two groups, the study mainly examines the monetary reforms enacted from the late seventeenth century to the second half of the eighteenth century – particularly under Peter I and Catherine II – as well as those promulgated from the late eighteenth century to the early decades of the twentieth century. Based on this framework, a reflection is developed, supported by period data and documentation, on the impact of these initiatives on local societies.
In the end, an appendix presents a catalog of the coins specifically issued for Siberia during the reign of Catherine II, a topic introduced in the preceding sections. The catalog includes images of both the obverse and reverse of all coin types in question, each accompanied by descriptive sheets detailing material, iconography, and inscriptions.
Overall, the work is structured to provide a comprehensive view of the subject, making use of historical-thematic maps to facilitate orientation within the Siberian context, as well as testimonies drawn from period travel accounts and diaries.
L’importanza di tali documenti risiede non soltanto nel loro valore storico, ma anche nella loro natura di fonte diretta, che consente di indagare la prassi diplomatica sforzesca, la scrittura cancelleresca e le strategie retoriche adottate da un ambasciatore esperto come Botta. Attraverso lo studio della forma, della lingua e della struttura dei dispacci, è infatti possibile ricostruire sia il funzionamento interno della cancelleria sforzesca sia il ruolo dell’ambasciatore quale mediatore politico e veicolo di informazione tra Venezia e Milano.
Dal punto di vista contenutistico, le lettere testimoniano le principali questioni che animavano la politica internazionale dell’epoca: in particolare, i rapporti conflittuali con Ferrante d’Aragona e le tensioni legate alla corona di Cipro, l’avanzata ottomana culminata nella caduta di Caffa, nonché i delicati equilibri che coinvolgevano le grandi potenze italiane e i loro interlocutori esteri. Attraverso la corrispondenza si delineano così le linee di frattura e cooperazione che caratterizzarono il sistema politico della penisola italiana nella seconda metà del Quattrocento, all’interno di quel fragile equilibrio inaugurato dalla pace di Lodi e incarnato dalla Lega italica.
Lo studio intende contribuire da un lato alla ricostruzione storica dei rapporti tra Milano, Venezia e gli altri attori della penisola, dall’altro alla comprensione del ruolo dell’ambasciatore come figura cardine nei processi politici e culturali del Rinascimento.
---
This study aims to analyse and contextualize the corpus of documents contained in folder 362 of the “Sforzesco”, “Potenze Estere” series, pertaining to Venice and preserved at the State Archives of Milan. The folder comprises 141 letters generally dating from the period between July and September 1475. The senders and recipients are varied, yet clearly related to Sforza-era Milan. Notably, Galeazzo Maria Sforza, the Duke of Milan at the time, appears more frequently than others as the interlocutor.
Of the 141 letters, only a selection has been examined in detail and edited for the purposes of this study: 41 original missives sent from Venice by Leonardo Botta, the Sforza ambassador to the Serenissima, which conveyed information concerning international politics and the balance of power in fifteenth-century Italy. In 39 instances, Galeazzo Maria was the recipient, while the remaining two were addressed to Cicco Simonetta, the Duke’s secretary. These letters span the period from 7 July to 26 August 1475.
The significance of these documents lies not only in their historical value but also in their nature as primary sources, which allow for an in-depth investigation of Sforza diplomatic practice, chancery writing, and the rhetorical strategies employed by an experienced ambassador such as Botta. By studying the form, language, and structure of these dispatches, it is possible to reconstruct both the internal functioning of the Sforza chancery and the ambassador’s role as a political mediator and conduit of information between Venice and Milan.
From a content perspective, the letters reflect the main issues animating international politics at the time: in particular, the contentious relations with Ferrante of Aragon, the tensions surrounding the crown of Cyprus, the Ottoman advance culminating in the fall of Caffa, and the delicate balances involving the major Italian powers and their foreign interlocutors. Through this correspondence, one can trace the lines of division and cooperation that characterized the political system of the Italian peninsula in the second half of the fifteenth century, within the fragile equilibrium inaugurated by the Peace of Lodi and embodied in the Italic League.
This study seeks, on the one hand, to contribute to the historical reconstruction of relations between Milan, Venice, and other actors on the peninsula, and on the other, to deepen the understanding of the ambassador’s role as a pivotal figure in the political and cultural processes of the Renaissance.
L’obiettivo di quest’elaborato è proprio quello di fornire una panoramica generale delle problematiche e delle questioni storiche relative alle dinamiche d’internamento femminile nei sanatori italiani, con il manicomio di Colorno, sito nell’odierna provincia di Parma, preso come soggetto principale dello studio.
È stato selezionato proprio il contesto colornese in quanto, relativamente a questo caso, vi è una letteratura storica particolarmente rilevante e una documentazione altrettanto ricca.
La fonte primaria impiegata per trattare dell’argomento è il film documentario “Matti da slegare”, mandato in onda su Rai 3 nel 1975. Scritto e diretto da Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, il film è interamente girato entro le mura del manicomio di Colorno e ha come tema principale il racconto delle storie degli internati. Con la sua produzione e la successiva trasmissione si tentò, riprendendo le tesi di Franco Basaglia, di restituire dignità a una categoria di persone da sempre confinata ai margini della società.
Sebbene la prima parte del documentario sia dedicata a raccontare tre storie di vita in particolare, cioè quelle di Paolo, Angelo e Marco, la seconda si occupa più generalmente degli altri pazienti. In relazione a quest’ultima, la mia attenzione si è concentrata in particolare su tre interviste di donne, sia internate che ex internate del manicomio colornese. Per utilizzare le parole di Pierre Sorlin, «non si può studiare la vita materiale del XX secolo senza le fonti audiovisive», e proprio “Matti da slegare” mi ha permesso di allacciare le testimonianze delle dirette interessate al racconto di dinamiche dal respiro più ampio, cioè, dal particolare, arrivare a raccontare il generale.
Per compiere ciò è stata altrettanto fondamentale l’altra fonte primaria utilizzata, “Tutti i segni di una manifesta pazzia” di Stefania Re. Imponente studio nei riguardi delle dinamiche d’internamento femminile, specificatamente a Colorno, il volume è stato quell’altro anello di congiunzione che, insieme al documentario, ha consentito di legare gli specifici e singoli casi esposti nelle interviste di “Matti da slegare” a un quadro più esteso, alle storie di vita di molte altre donne vissute anche decenni prima. Il volume riporta un’accurata e acuta disamina delle dinamiche di manicomializzazione, e le considerazioni che Re ne trae sono frutto di un ampio lavoro di studio dei fascicoli personali delle pazienti, dei “modula”, delle relazioni dei medici e di molti altri documenti di diversa natura afferenti al periodo compreso tra il 1880 e il 1915.
Per quanto riguarda la suddivisione del lavoro, vi sono due sezioni principali, ciascuna dedicata a un aspetto fondamentale connesso all’argomento.
La prima tratta della storia del sanatorio colornese, dalle attestazioni di XVIII secolo inerenti alla volontà di costruire una struttura per contenere gli “alienati”, alla sua graduale chiusura dal 1978 in poi sulla scia delle iniziative di Mario Tommasini e Basaglia volte allo smantellamento dell’istituzione manicomiale.
La seconda invece sviscera le vere e proprie dinamiche sia prima, che durante e infine dopo l’internamento sulla base degli aneddoti raccontati dalle tre donne intervistate in “Matti da slegare”.
In ultima istanza, nelle conclusioni, oltre a tirare le somme, viene analizzata quella che è la natura della fonte primaria alla base dell’elaborato, ossia un film documentario, e dell’importanza dello stesso medium audiovisivo nei riguardi del racconto della storia.
---
«In fact, there is no madness without justification, and every act that ordinary, sober people consider insane involves the mystery of an unheard-of suffering that has not been perceived by others». Thus wrote Alda Merini in her “Diario di una diversa”, a volume in which the author retraces the period she herself spent in a psychiatric hospital following a nervous breakdown in 1964, a consequence of the immense stress caused by her complicated family and personal situation at the time.
The aim of this paper is to provide a general overview of the issues and historical questions related to the dynamics of female institutionalization in Italian psychiatric hospitals, with the Colorno asylum, located in today’s province of Parma, as the main focus of the study.
The Colorno context was selected because it offers particularly relevant historical literature and equally rich documentation.
The primary source used in this study is the documentary film “Matti da slegare”, broadcast on Rai 3 in 1975. Written and directed by Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia, and Stefano Rulli, the film was entirely shot within the walls of the Colorno asylum and focuses mainly on the stories of the patients. Its production and subsequent broadcast sought, following Franco Basaglia’s theses, to restore dignity to a category of people long confined to the margins of society.
Although the first part of the documentary is devoted to three specific life stories – those of Paolo, Angelo, and Marco – the second part addresses the other patients more generally. In this latter section, my attention focused on three interviews with women, both current and former patients of the Colorno asylum. As Pierre Sorlin observes, «one cannot study the material life of the twentieth century without audiovisual sources», and “Matti da slegare” allowed to link the testimonies of the women interviewed to broader dynamics, moving from the particular to the general.
Equally important was the other primary source used, Stefania Re’s “Tutti i segni di una manifesta pazzia”. This extensive study of female institutionalization, specifically in Colorno, provided another connecting element which, together with the documentary, allowed me to relate the individual cases presented in “Matti da slegare” to a wider context, including the life stories of many other women who lived decades earlier. The volume offers a precise and insightful examination of the dynamics of institutionalization, based on patient files, the “modula”, medical reports, and many other documents from the period 1880-1915.
The work is divided into two main sections, each addressing a key aspect of the topic. The first traces the history of the Colorno asylum, from eighteenth-century records regarding the construction of a facility for the “insane” to its gradual closure from 1978 onwards, following initiatives by Mario Tommasini and Basaglia aimed at dismantling the psychiatric institution.
The second section examines the dynamics of institutionalization before, during, and after confinement, based on the anecdotes recounted by the three women interviewed in “Matti da slegare”.
Finally, in the conclusions, in addition to summarizing the findings, the study analyzes the nature of the primary source underlying the research – a documentary film – and highlights the importance of the audiovisual medium in recounting historical narratives.
---
This paper offers a comparative analysis of the Gospel pericope of the anointing of Jesus by a woman, attested in all four canonical Gospels (Mk. 14, 3-9; Mt. 26, 6-13; Lk. 7, 36-50; Jn. 12, 1-8). Through a synoptic comparison and a historical reading of the texts, the study highlights narrative, theological, and editorial affinities and divergences, with particular attention to the context of the earliest Christian communities and to the strategies of transmission and reinterpretation of the Christological message. In particular, the analysis reveals a twofold tradition: on the one hand, the narrative matrix shared by Mark, Matthew, and John; on the other, Luke’s distinctive reworking, marked by a peculiar emphasis on the themes of faith and forgiveness. The study further investigates the theological and editorial motivations underlying these variations, situating them within the context of early Christian communities in dialogue – and at times in tension – with Judaism. The findings suggest that the narrative and symbolic divergences not only respond to social and identity-related needs but also reflect specific strategies of transmitting the memory of Jesus and developing theological reflection. Finally, the analysis underscores the philological and historical value of the plurality of sources, contributing to the ongoing debate on the distinction between the “Jesus of history” and the “Christ of faith”.
---
This paper investigates the representation of the authorial figure in Italo Calvino’s novel “If on a Winter’s Night a Traveler” (1979), highlighting – through direct reference to selected passages – how the work’s postmodern structure dissolves the identity of the author into a multiplicity of voices and heteronyms. The analysis focuses in particular on the characters of Silas Flannery and Ermes Marana, who embody, respectively, the writer’s crisis and the ambiguity of the author’s role, becoming metaphors of the very function of authorship. Conceived as a “labyrinth of mirrors” – an image evoked in the seventh incipit – the novel sets writing and reading in a dynamic tension, revealing the author as simultaneously present and absent, real and fictitious, authentic and counterfeit. This construction enables the identification of intertextual links not only with Borges and Pessoa but also with more ancient models, most notably Homer, who is presented as a counterpoint to the Calvinoan paradigm of which the novel becomes a manifesto.