Papers by Sofia Bacchini

La politica attraverso la cultura. La diaspora di Wasim Dahmash, editore italo-palestinese.
Il Tascabile, 2024
Wasim Dahmash è nato a Damasco nel 1948, l’anno che segna un prima e un dopo nella vita di tutti ... more Wasim Dahmash è nato a Damasco nel 1948, l’anno che segna un prima e un dopo nella vita di tutti i palestinesi e che coincide con l’espulsione forzata dalle loro terre (nakba). Anche la famiglia di Wasim, originaria di Lydda, dopo l’assedio della città, dovette fuggire verso la Siria. Sua madre, che scappando era rimasta ferita, iniziò la marcia con una pallottola nella gamba e un figlio in grembo. Arrivata a Damasco, passando per Amman, in ospedale le dissero che estrarre la pallottola avrebbe comportato la perdita del feto. Lei rifiutò di farsi operare, così dopo qualche mese partorì Wasim e la pallottola continuò a restare nel suo corpo per altri 25 anni. “Sono stato colpito prima ancora di nascere” dice Wasim con un mezzo sorriso, mentre versa il caffè nel salotto del suo appartamento romano.
Per l'articolo intero:
https://www.iltascabile.com/societa/wasim-dahmash/

Palestina, un eccezionale normale
Gli Asini - Rivista, 2024
https://gliasinirivista.org/palestina-un-eccezionale-normale/
Nel settembre 2023 ero in Palest... more https://gliasinirivista.org/palestina-un-eccezionale-normale/
Nel settembre 2023 ero in Palestina per partecipare ad un convegno organizzato dall’università Dar al-Kalima di Betlemme. Betlemme dista da Gerusalemme soltanto otto chilometri, ma per potercisi recare è necessario prendere l’autobus di linea, passare un checkpoint – fare lunghe code per farsi controllare bagagli e documenti dai soldati israeliani – e decidere se tentare di trovare un taxi, o farsela a piedi. Questo perché in seguito agli accordi di Oslo del 1994 il territorio della Cisgiordania venne sezionato in aree sottoposte a regimi amministrativi differenti, separate tra loro da diversi dispositivi di controllo della mobilità, che possono essere sia fissi, come le strade separate per israeliani e palestinesi, che mobili, come i controlli volanti o la chiusura improvvisa degli accessi.
«Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale», 2022

L'esploratore perso nell'oblio. Vittorio Bottego tra mito, storia e rimosso coloniale, 2022
Le strade di una città sono la plastica testimonianza della sua memoria, anche quella rimossa, co... more Le strade di una città sono la plastica testimonianza della sua memoria, anche quella rimossa, come nel caso del colonialismo italiano. A Vittorio Bottego, esploratore parmigiano della fine dell’Ottocento, la propria città natale ha dedicato un ruolo di primo piano nella toponomastica, intitolazione di una scuola e un monumento posto all’esterno della stazione ferroviaria. Nonostante questa presenza diffusa la figura di Bottego, come quella di molti altri protagonisti del colonialismo italiano, rimane per i più avvolta in una densa nebbia, nutrita di mito e campanilismo provinciale, che da un lato ne rende incerti i contorni reali e dall’altro rafforza il paradigma degli “italiani brava gente”. Tramite la figura di Vittorio Bottego, dunque, i saggi di questo volume cercano di rispondere a una domanda molto semplice: oltre ai segni concreti visibili negli spazi urbani, rimane in noi anche qualcos’altro di quello sguardo coloniale, introiettato a tal punto da non saperlo più distinguere dal resto?
IWA Mag - Islamic World of Art, 2020
In Beirut Hezbollah has employed a number of strategies to affirm and consolidate its power: imag... more In Beirut Hezbollah has employed a number of strategies to affirm and consolidate its power: images, construction projects, and collective practices are all used by the Party of God to create an urban reality that fits its own ideal of Islamic society.
IWA Mag - Islamic World of Art, 2019
Zionist cultural production and propaganda include aspects similar to those of other
nationalist... more Zionist cultural production and propaganda include aspects similar to those of other
nationalistic movements of the period (for instance the themes of homeland, people,
and progress) but also propose peculiar themes that fit the unique mission of the
Jewish community: to build in Palestine “a portion of a rampart of Europe against Asia,
an outpost of civilization as opposed to barbarism” (Theodor Herzl, The Jewish State,
1896).
Book Reviews by Sofia Bacchini

https://storieinmovimento.org/2025/04/11/verso-una-storia-sociale-del-terzomondismo-e-dellantimpe... more https://storieinmovimento.org/2025/04/11/verso-una-storia-sociale-del-terzomondismo-e-dellantimperialismo/
Verso una storia sociale del terzomondismo e dell’antimperialismo
Sune Haugbolle e Rasmus Elling sono tra gli animatori di un prolifico hub di ricerca danese e scandinavo che, nel solco della tradizione della storia connessa (connected) o incrociata (croisée), sta contribuendo a un nuovo corso della storiografia del sud globale. The fate of thirdworldism in the Middle East: Iran, Palestine and beyond è un volume collettaneo di microstorie che, come tessere di un mosaico, si ricompongono nel disegno di un processo dinamico, permettendo di visualizzare i cambiamenti storici nel momento del loro farsi. La domanda di ricerca che attraversa i contributi ribalta i più tradizionali approcci al terzomondismo, che si interrogano sulla nascita e gli sviluppi di questo fenomeno, proponendo di indagarne invece la fine, o, ancora, le sorti (fate) ‒ termine che, rispetto a end, presuppone un processo di trasformazione piuttosto che di sparizione totale.
Le storiografie su Iran e Palestina – due pilastri del terzomondismo in Medio Oriente e non solo – si incontrano in alcuni anni considerati dei punti di svolta per l’intera regione: il 1979 (rivoluzione islamica in Iran) e il 1982 (cacciata del quartier generale dell’Olp da Beirut). Attorno a questi eventi è stata costruita una periodizzazione rigida, che li individua come marcatori monolitici: da un lato, segnerebbero la fine del secolarismo arabo e della definitiva ascesa dell’islam politico; dall’altro invece la fine della stagione rivoluzionaria della resistenza palestinese. Considerati assieme, raffigurerebbero dunque la pietra tombale della stagione terzomondista in Medio Oriente. Elling e Haugbolle vogliono confutare una lettura ingabbiante e deterministica di questo tipo, proponendo un approccio che connette vari tipi di traiettorie, e i loro grovigli transnazionali, con la macrostoria del terzomondismo come fenomeno globale. Suggeriscono che le periodizzazioni – al plurale – si costruiscono a partire dalle esperienze concrete di soggetti generalmente considerati marginali dalla storiografia: rivoluzionari vagabondi, attivisti studenteschi, guerriglieri, medici e infermieri volontari, intellettuali militanti. Emerge poi centrale il tema della spazialità e della materialità della ricerca, soprattutto in relazione alla produzione dei luoghi in cui queste connessioni avvenivano: manifesti, networks, delegazioni, conferenze, festival, riviste. La storia sociale diventa dunque in questo senso un’importante alleata, perché permette di cogliere le increspature della superficie e quindi osservare gli eventi nel loro svolgersi, non attraverso griglie precostituite o semplici date. Riducendo la globalità alla scala analitica delle traiettorie collettive e individuali, si può osservare il modo in cui il cambiamento storico è stato sperimentato, analizzato e vissuto.
Alcuni fili rossi attraversano il volume, delineando delle riflessioni cruciali relative alle sorti del terzomondismo. Anzitutto, demistificare le presunte pareti lisce della solidarietà terzomondista, mettendo in luce le difficoltà e le contraddizioni che sono nate nello sforzo di tenere insieme soggetti ed esperienze politiche anche molto distanti tra loro, che hanno prodotto frizioni che, progressivamente, hanno contribuito all’usurarsi del collante terzomondista. La solidarietà è una pratica e una progettualità politica, agita dagli uomini e dalle donne e dunque necessariamente contraddittoria, e in quanto tale è un organismo vivente, cangiante, complesso, che si trasforma nel tempo e nello spazio.
Un altro approccio utilizzato è quello di genere, che aiuta a mettere a fuoco la produzione di soggetti marginalizzati all’interno delle lotte, in questo caso le donne. Nella concezione comune del lavoro politico femminile come “dietro il fronte”, o del lavoro “di cura”. L’assistenza medica, ad esempio, è molto spesso stata associata alle donne, e quando, in particolare dalla metà degli anni settanta in poi, la cooperazione sanitaria divenne un’articolazione della solidarietà internazionalista, la figura del “militante-dottore/infermiere” (uomo) cominciò a mettere in crisi un più tradizionale immaginario “virile”. Un discorso simile vale anche per l’ipermascolinizzazione della figura del guerrigliero, del martire e del rivoluzionario, un immaginario di mascolinità che soprattutto con la guerra civile libanese subì i contraccolpi di uno scivolamento simbolico dal corpo del combattente al corpo della vittima.
L’accento posto dai curatori sulla centralità della prassi rivoluzionaria per leggere il mutamento storico permette di cogliere, in questo caso, il passaggio nodale dalla “solidarietà armata” degli anni sessanta e settanta agli “aiuti umanitari” degli anni ottanta e novanta. Un processo accompagnato e corroborato da una retorica pubblica sempre più marcata dal «paradigma della vittima». Guardando a come i gruppi e gli ambienti rivoluzionari hanno vissuto e negoziato il momento spartiacque prima che il nuovo ordine degli anni ottanta si stabilizzasse, si propone infine di scrostare le date dalle rigide periodizzazioni che, se abbattute, permetterebbero un ragionamento di più ampio respiro sui mutamenti, inserendoli in una prospettiva di lunga durata.
Mettendo a sistema i vari spunti offerti dal volume emerge un quadro allo stesso tempo denso e sfumato della riconfigurazione del terzomondismo a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, che restituisce dilemmi e sfide di lunga gestazione. Gli autori ci propongono insomma una metodologia innovativa che individua il terzo mondo non come un “fronte ideologico” ma come una processualità plasmata dalla miriade di pratiche di varie e interconnesse progettualità politiche.

Il 27 ottobre 1962 il bimotore sul quale stava viaggiando Enrico Mattei, presidente dell’Ente naz... more Il 27 ottobre 1962 il bimotore sul quale stava viaggiando Enrico Mattei, presidente dell’Ente nazionale idrocarburi (Eni), si schianta misteriosamente nelle campagne del comune di Bescapè, in provincia di Pavia. Oltre a ingrossare le fila dei grandi “misteri” della Prima Repubblica, la morte di Mattei costituì un monito nei confronti delle politiche italiane della guerra fredda – per cui l’Eni conduceva una sorta di “diplomazia parallela” in campo energetico e non solo, trattando direttamente con i governi del cosiddetto terzo mondo al tempo alle prese con le decolonizzazioni, Algeria in primis. E proprio a causa di questa particolare entente tra Mattei e l’Algeria – o meglio, tra Mattei e il Fronte di liberazione nazionale algerino (Fln), dal 1954 a guida della sanguinosa guerra di liberazione con la Francia che porterà all’indipendenza del paese nel 1962 – i fatti di Bescapè segnarono un prima e un dopo del “neutralismo all’italiana” del secondo dopoguerra. Non solo, determinarono anche le sorti di «un film mai realizzato, sicuramente scritto e in parte girato»: Un dio nero un diavolo bianco.
Altreitalie. Rivista internazionale di studi sulle migrazioni italiane nel mondo, 2022
Books by Sofia Bacchini

«Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale», 2022
Le società occidentali contemporanee sono caratterizzate da continue frizioni, con forti dinamich... more Le società occidentali contemporanee sono caratterizzate da continue frizioni, con forti dinamiche esclusive e marginalizzanti nei confronti di soggetti razzializzati. Sotto questa realtà evidente, c’è un oceano fatto di immaginari, visioni del mondo, narrazioni del sè e dell’altro. La riflessione di questo numero si sviluppa intorno al rapporto tra una ingombrante eredità coloniale, spesso sottotraccia, e un presente in cui le pratiche di razzializzazione generano ancora una precisa linea del colore. La riproduzione di principi e valori e il perpetuarsi di modelli e dispositivi concreti, consolidano i canoni del nostro sentirci noi stessi, del nostro percepirci parte di una comunità, della nostra maniera di leggere il mondo. Questo pensiero, questa riproduzione dell’italianità, affonda le sue radici nel mondo moderno, e nelle storie – e scorie – della fase coloniale (1869-1960). Se la nostra identità nazionale è stata creata osservando lʼaltro, per comprendere la realtà odierna e accantonare retaggi e rimanenze coloniali è necessario guardarci allo specchio, spogliandoci delle maschere che indossiamo.
Conference Presentations by Sofia Bacchini

Titolo dell'intervento: "I luoghi della comunità palestinese a Parma negli anni Settanta tra impe... more Titolo dell'intervento: "I luoghi della comunità palestinese a Parma negli anni Settanta tra impegno politico e vita quotidiana"
Abstract
Questo intervento è parte della mia più ampia ricerca dottorale, il cui focus è relativo alla presenza degli studenti palestinesi in Italia tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Novanta. Una presenza letta attraverso una lente bifocale, che permette di guardarli sia in quanto soggetti politici transnazionali, che contribuirono contemporaneamente alla lotta di liberazione nazionale nel loro paese e al dibattito politico italiano, dall’altro, studiandone le dinamiche migratorie legate agli arrivi e alle permanenze, le relazioni con i soggetti e i luoghi della vita quotidiana, e le memorie generate da queste esperienze.
Il radicamento fisico dei palestinesi, tanto nello spazio pubblico e della contestazione politica, quanto in quello della vita quotidiana e personale, ha generato scambi e reti che hanno continuato a produrre un discorso sulla Palestina, proponendone letture diverse e a volte conflittuali. Mettendo in luce la circolazione e le interazioni tra storie di vita, dibattiti politici, prodotti culturali, l’intenzione è far dialogare la dimensione globale entro la quale l’esperienza degli studenti palestinesi in Italia si inscrive con un’attenzione microstorica che ne metta in luce le chiavi e le griglie di lettura (Ginzburg 1976).
Ho scelto come caso studio la città di Parma per vari motivi: anzitutto la presenza di una comunità relativamente numerosa di studenti palestinesi, attratti in primo luogo dalla presenza dell’università e delle facoltà scientifiche, in particolare medicina. In secondo luogo, per la sua dimensione provinciale e “periferica” rispetto alle grandi città universitarie, elementi che producevano, da un lato, la sensazione da parte degli studenti palestinesi di trovarsi in un contesto più accogliente, dall’altro, delle reti sociali più corte, che presuppongono una maggiore prossimità tra le realtà politiche e i soggetti della vita quotidiana. La città di Parma e la sua provincia, inoltre, come il resto dell’Emilia, sono state un importante teatro della resistenza italiana, evento che ha permeato la storia della città, la sua cultura antifascista e le sue memorie.
Ho utilizzato diversi documenti – volantini, opuscoli, manifesti – provenienti dall’archivio del Centro studi per la stagione dei movimenti di Parma, e li ho messi in dialogo con alcune interviste realizzate a ex militanti palestinesi e italiani. Queste testimonianze, in particolare, hanno strutturato la domanda di ricerca. Da un lato, perché il loro interesse, come dice Alessandro Portelli, “non consiste solo nella loro aderenza ai fatti ma anche nella loro divaricazione da essi, ed è in questo scarto che si insinua l’immaginazione, il simbolico, il desiderio” (Portelli 2017). Dall’altro, proprio le interviste, intese come prodotto dialogico tra intervistato e intervistatrice, hanno posto l’accento sulla dimensione spaziale del racconto e l’importanza dei luoghi, quasi che i ricordi avessero bisogno di un elemento concreto a cui aggrapparsi, di situarsi, dare un nome, ricostruire delle “geografie della memoria” (Tarpino 2008). I luoghi che sono scaturiti dalle testimonianze sono sia concreti, fisici, sia simbolici, immateriali; hanno a che fare con l’attività politica ma anche con la vita quotidiana, i confini tra le quali, in realtà, spesso si confondono e sovrappongono; gli stessi luoghi, poi, ritornano nei ricordi di persone diverse, anche con valenze e significati differenti. Questa natura anche contraddittoria dello spazio, data dalla sua dimensione allo stesso tempo astratta e concreta (Coornaert e Garnier 1994), ha influito sulla fruizione e sulla condivisione di alcuni luoghi, producendo delle contaminazioni, tra soggetti e culture politiche, che sono l’oggetto di questa ricerca.
Bibliografia
A. Brazzoduro, “Se un giorno tornasse quell’ora”. La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo, «Italia contemporanea» n. 296, agosto 2021.
S. Behre, Studenti internazionali nell’Italia repubblicana. Storia di un’avanguardia, Mimesis, Milano, 2023.
P. T. Chamberlin, The Struggle Against Oppression Everywhere: The Global Politics of Palestinian Liberation, «Middle Eastern Studies», vol. 47, 2011, pp. 25-41.
L. Castellini, Come la Palestina entra nel dibattito politico italiano. L’Unione Generale degli Studenti Palestinesi in Italia tra il 1965 e il 1995 [tesi di laurea magistrale], a.a. 2013/2014, Università Ca’ Foscari di Venezia.
H. Combes, D. Garibay, C. Goirand (a cura di), Les lieux de la colère. Occuper l’espace pour contester, de Madrid à Sanaa, Karthala, Paris, 2015.
M. Coornaert e J. P. Garnier (a cura di), Actualités de Henri Lefebvre, «Espaces et sociétés» n. 76, 1994.
M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, edizioni Lavoro, Roma, 2001.
L. Falciola, Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia, tra solidarietà, politica e violenza, «Mediterranea – studi storici», n. 54, 2022, pp. 69-104.
F. Focardi, La guerra della memoria: la Resistenza nel dibattito politico italiano dal 1945 a oggi, Laterza, Roma, 2005.
R. Frank, Imaginaire politique et figures symboliques internationales, in Dreyfus-Armand, Frank, Levy et al. (a cura di), Les Années 68. Le temps de la contestation, Éditions Complexe, Bruxelles, 2000.
C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Adelphi, Milano, 1976.
S. Haugbolle e P. V. Olsen, Emergence of Palestine as a Global Cause, «Middle East Critique», vol. 32, 2023, pp. 129-148.
D. Melegari e I. La Fata (a cura di), La Resistenza contesa. Memorie e rappresentazioni dell'antifascismo nei manifesti politici degli anni Settanta, edizioni punto rosso, Milano, 2004.
P. Nora, Les Lieux de Mémoire, 3 voll., Gallimard, Paris, 1984-1992.
A. Portelli 2017, Storie orali. Racconto, immaginazione, dialogo, Donzelli, Roma, 2007.
A. Sayyad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002.
M. Simoni, When Conflict Spills Over: Identities, Memories, Politics and Representations of the Israeli-Palestinian Conflict in Italy‒The 1960s, in D. Lombardo e M. Simoni (eds), Languages of Discrimination and Racism in Twentieth-Century Italy: Histories, Legacies and Practices, Springer International Publishing, 2022, pp. 99-135.
S. Subrahmanyam, Mondi connessi: la storia oltre l'eurocentrismo (secoli XVI – XVIII), Carocci, Roma, 2014.
A. Tarpino, Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani, Einaudi, Torino, 2008.
F. Trivellato, Microstoria e storia globale, Officina Libraria, Roma, 2023.
M. Werner e B. Zimmermann, Beyond Comparison: Histoire Croisée and the Challenge of Reflexivity, «History and Theory», vol. 45, n. 1, 2006, pp. 30-50.
J. Venn-Brown (a cura di), Per un palestinese: dediche a più voci a Wael Zuaiter, Prospettiva Edizioni, 2002 [1979].

"Sognando la rivoluzione globale: Incontri e contaminazione tra gli immaginari politici della nuo... more "Sognando la rivoluzione globale: Incontri e contaminazione tra gli immaginari politici della nuova sinistra italiana e palestinese"
Abstract
Dalla fine degli anni ‘60, quella della resistenza palestinese si trasformò in una causa centrale nell’immaginario della sinistra globale, un simbolo di solidarietà terzomondista, ma anche “a transgressive tool that shaped and re-situated ideological positions globally”. (Haugbølle 2023) In Italia la questione palestinese divenne uno dei temi che appassionò maggiormente la sinistra, e forse ancora di più la sinistra extraparlamentare. In pochi anni la lotta palestinese divenne argomento centrale nel dibattito pubblico e parole arabe come “fedayn” e “kefiah” entrarono, una volta italianizzate, nel linguaggio comune; mentre l’intensa circolazione di pubblicazioni politiche, manifesti e volantini tra le due sponde del Mediterraneo diffondeva per lo stivale la pratica marxista del FPLP e del FDLP.
Questo intervento si concentrerà in particolare sulla rivista al-Sharara, scritta in italiano e pubblicata a Milano dai sostenitori del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. Caso studio attraverso il quale indagare l’incontro (sia fisico cheintellettuale) tra militanti della sinistra rivoluzionaria italiana e palestinese. Un incontro che tanto nella memoria pubblica quanto nell'analisi storica rimane un puzzle irrisolto, spesso offuscato dalla sua presunta dimensione terroristica. Infine questo intervento vuole riflettere sulla circolazione delle risorse simboliche, dunque andare oltre la semplice descrizione delle relazioni tra movimenti politici e richiamare l'attenzione sullo spazio e la rilevanza che il “mito” della Palestina ha avuto nell’accendere in una generazione il sogno della rivoluzione globale.
Keywords: Palestina; Nuova Sinistra; DFLP; Avanguardia Operaia; Internazionalismo proletario
Bibliografia essenziale
Bardawil, Fadi A. 2020. Revolution and disenchantment: Arab Marxism and the binds of emancipation. Theory in forms. Durham: Duke University Press.
Di Figlia, Matteo. 2012. Israele e la sinistra: gli ebrei nel dibattito pubblico italiano dal 1945 a oggi. Saggi. Storia e scienze sociali. Roma: Donzelli.
Di-Capua, Yoav. 2021. «Palestine Comes to Paris: The Global Sixties and the Making of a Universal Cause». Journal of Palestine Studies 50 (1): 19–50.
Falciola, Luca. 2020. «Transnational Relationships between the Italian Revolutionary Left and Palestinian Militants during the Cold War». cws Journal of Cold War Studies 22 (4): 31–70.
Gambetta, William. 2014. I muri del lungo ’68: manifesti e comunicazione politica in Italia.
Guirguis, Laure. 2021. «The Arab New Left and May ’68: Transnational Entanglements at a Time of Disruption». Critical Historical Studies 8 (1).
Haugbolle, Sune, e Pelle Valentin Olsen. 2023. «Emergence of Palestine as a Global Cause». Middle East Critique 32 (1): 129–48.
Leopardi, Francesco Saverio. 2020. The Palestinian Left and Its Decline. Loyal Opposition. Singapore: Springer Singapore.
Maasri, Zeina. 2022. Cosmopolitan Radicalism: The Visual Politics of Beirut’s Global Sixties. S.l.: Cambridge Univ Press.
Marzano, Arturo. 2016. «Il “mito” della Palestina nell’immaginario della sinistra extraparlamentare italiana degli anni settanta». ITALIA CONTEMPORANEA.
Riccardi, Luca. 2006. Il problema Israele: diplomazia italiana e PCI di fronte allo stato ebraico (1948-1973). 1. ed. Frontiere 23. Milano: Guerini studio.
Said, Edward W. 1983. The World, the Text, and the Critic. Cambridge, Mass: Harvard University Press.
Sayigh, Yezid. 1992. «Turning Defeat into Opportunity: The Palestinian Guerrillas after the June 1967 War». Middle East Journal 46 (2): 244–65.
Takriti, Abdel Razzaq. 2016. Monsoon Revolution: Republicans, Sultans, and Empires in Oman, 1965-1976. Oxford University Press.
Young, Cynthia A. 2006. Soul Power: Culture, Radicalism, and the Making of a U.S. Third World Left. Durham: Duke University Press Books.

"Da partigiani a fedayn: memoria antifascista e resistenza palestinese nell’Italia degli anni Set... more "Da partigiani a fedayn: memoria antifascista e resistenza palestinese nell’Italia degli anni Settanta"
Abstract
La ricerca indaga il contributo degli studenti palestinesi in Italia negli anni Sessanta e Settanta al dibattito terzomondista e antimperialista italiano. In particolare, si affronta la trasformazione della memoria della Resistenza antifascista in un paradigma attraverso cui leggere le lotte di liberazione nazionale, tra cui quella palestinese.
Questo contributo è parte di una più ampia ricerca di storia sociale relativa alla presenza degli studenti palestinesi in Italia tra gli anni Sessanta e Novanta, al loro contributo alla storia dell’attivismo terzomondista e antimperialista, e alla costruzione di immaginari politici condivisi.
A partire dal secondo dopoguerra, le politiche di apertura del sistema universitario italiano nei confronti degli studenti internazionali favorirono l’arrivo di migliaia di giovani che costituirono i nuclei delle prime comunità di persone immigrate in Italia, le quali, dagli anni Ottanta in poi, assumeranno una dimensione più ampia e radicata (Colucci, 2018; Deplano, 2022; Behre, 2023). Gli studenti palestinesi – che cominciarono ad arrivare in maniera più massiccia a seguito del Settembre Nero del 1970 in Giordania – furono una delle presenze più attive e organizzate tra la componente studentesca straniera, potendo contare anche sull’appoggio politico e logistico dei partiti e dei movimenti della sinistra italiana, sia in ambito istituzionale sia in quello extraparlamentare (Falciola, 2020 e 2022; Simoni, 2022). Attraverso strutture, contatti e reti transnazionali, questi giovani palestinesi crearono nuovi spazi di produzione politica, tanto in termini di pratiche – cortei, presidi, scioperi della fame, occupazioni simboliche – quanto in termini di elaborazione teorica – tramite collettivi, dibattiti e numerose pubblicazioni. Il contesto di questa ricerca è rappresentato dalle forme di scambio e reciproca contaminazione che si crearono tra gli studenti palestinesi e gli ambienti politici, sociali e culturali italiani. L’interesse per la questione palestinese si innestava su una più lunga tradizione di rapporti ‒ anche conflittuali ‒ tra la sinistra italiana e i movimenti di resistenza anticoloniale (Borruso, 2009; Srivastava, 2018), diventando, dalla fine degli anni Sessanta, la causa-simbolo di tutte le lotte di liberazione nazionale, sia in Italia che a livello globale (Haugbolle, 2019; DiCapua, 2020; Haugbolle e Olsen, 2023). La memoria della Resistenza antifascista quale esperienza del popolo in armi e potenzialmente rivoluzionaria, oltre a rappresentare un elemento di rottura tra l’emergere della Nuova sinistra italiana e la sinistra tradizionale, diventò un paradigma attraverso cui leggere le lotte di liberazione del Terzo mondo, tra cui quella palestinese (Brazzoduro 2021).
L’articolo vuole dunque indagare la costruzione del parallelismo tra la Rivoluzione palestinese e la Resistenza antifascista in Italia come un movimento dialettico e a doppia direzione. Da un lato, questo ricorso a un sistema di analogie mutuate dall'esperienza nazi-fascista facilitò meccanismi di identificazione e solidarietà, facendo del sostegno alla Palestina un valore centrale della sinistra italiana ‒ anche spesso celebrato in modo spontaneo e acritico ‒, prefigurando una forma di riscatto per l’esperienza irrisolta della Resistenza. Assumendo la prospettiva dei palestinesi in Italia, invece, i richiami alla Resistenza antifascista rappresentarono un’originale rielaborazione di un’esperienza in realtà prettamente connaturata alla cultura italiana, e una forma di legittimazione della propria lotta.
Attraverso una letteratura di respiro internazionale si vuole anzitutto ricostruire un contesto storico che connetta le profonde trasformazioni politiche che, seppure in congiunture differenti, hanno attraversato tanto la società italiana quanto quella palestinese, in Palestina e in diaspora, dai primi anni Sessanta. A partire da questa panoramica è possibile studiare la presenza dei palestinesi in Italia in una prospettiva transnazionale, ovvero concentrare l’attenzione sulle interazioni e gli scambi che avvengono «al di fuori, al di sopra e al di là» (Saunier, 2004) dei confini geografici o istituzionali definiti dal nazionalismo metodologico.
Gran parte della ricerca si basa su fonti orali, che restituiscono le memorie dell’esperienza resistenziale – mai vissuta in prima persona – e suggeriscono i meccanismi memoriali con i quali questa esperienza viene riattivata nel presente a contatto con un’altra lotta. Le interviste sono state realizzate a ex studenti palestinesi in Italia ed ex militanti italiani.
Le fonti archivistiche utilizzate provengono in larga parte da archivi politici e di movimento, e sono prodotte sia organizzazioni italiane che palestinesi, suddivise in due tipologie principali: fonti a stampa (opuscoli, volantini, articoli di quotidiani e riviste ecc.) e fonti iconografiche (manifesti, fotografie, illustrazioni ecc.).
Questo lavoro di ricerca si inserisce all’interno di un panorama di studi che intende riconsiderare la storia dell’attivismo politico lungo e oltre i long Global Sixties alla luce delle mobilità transnazionali e delle soggettività degli studenti e delle studentesse del sud globale. Gli studenti internazionali in Italia, e le loro reti transnazionali, sono un soggetto ancora marginale nella storiografia che urge essere studiato per contribuire a riconsiderare la storia politica e sociale italiana alla luce delle sue connessioni nel nuovo contesto globale inaugurato dai processi di decolonizzazione. Allo stesso tempo si vuole contribuire al filone di studi relativo alle organizzazioni transnazionali palestinesi, alle loro reti, e al ruolo che hanno esercitato sia nella gestione quotidiana della vita in diaspora, sia nelle relazioni con i movimenti di solidarietà internazionale.
A partire dal rapporto tra memoria della Resistenza e lotta di liberazione palestinese, l’obiettivo è di ricostruire la storia connessa di un laboratorio di riconoscimento politico e di costruzione di un orizzonte di senso comune.
Bibliografia
Abu Samra, Mjriam, The Palestinian Student Movement 1948-1982: a Study of Popular Organisation and Transnational Mobilisation, University of Oxford, 2020 [tesi di dottorato].
Bardawil, Fadi A., Revolution and disenchantment: Arab Marxism and the binds of
emancipation, Duke University Press, 2020.
Behre, Simona, Studenti internazionali nell’Italia repubblicana. Storia di un’avanguardia, Mimesis, Milano, 2023.
Borruso, Paolo, Il Pci e l’Africa indipendente. Apogeo e crisi di un’utopia socialista (1956-1989), Le Monnier, Roma-Firenze, 2009.
Brazzoduro, Andrea, “Se un giorno tornasse quell’ora”. La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo, «Italia contemporanea», n. 296, agosto 2021.
Chamberlin, Paul Thomas, The Struggle Against Oppression Everywhere: The Global Politics of Palestinian Liberation, «Middle Eastern Studies», vol. 47, n. 1, 2011, pp. 25-41.
Colucci, Michele, Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni, Carocci, Roma, 2018.
Deplano, Valeria, Dall’anticolonialismo all’antimperialismo: associazionismo e attivismo degli studenti africani nell’Italia degli anni Sessanta, «Italia contemporanea», fasc. 299, 2022, pp. 225–51.
Di-Capua, Yoav, Palestine Comes to Paris: The Global Sixties and the Making of a Universal Cause, «Journal of Palestine Studies», vol. 50, n. 1, 2020, pp. 19–50.
Falciola, Luca, Transnational Relationships between the Italian Revolutionary Left and Palestinian Militants during the Cold War, «Journal of Cold War Studies», vol. 22, n. 4, 2020, pp. 31-70.
Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia tra solidarietà, politica e violenza, «Mediterranea. Ricerche storiche», n. 54, aprile 2022, pp. 69-104.
Guirguis, Laure (a cura di), The Arab Lefts, Histories and Legacies, 1950s-1970s, Edinburgh University Press, 2020.
Haugbolle, Sune, Entanglement, Global History, and the Arab Left, «International Journal of Middle East Studies», vol. 51, 2019, pp. 301-304.
Haugbolle, Sune, Olsen, Pelle Valentin, Emergence of Palestine as a Global Cause, «Middle East Critique», 2023.
Saunier, Pierre-Yves, Circulations, connexions et espaces transnationaux, «Genèses», vol. 4, n. 57, 2004, pp. 110-126.
Simoni, Marcella, When Conflict Spills Over: Identities, Memories, Politics and Representations of the Israeli-Palestinian Conflict in Italy— The 1960s, in Marcella Simoni e Davide Lombardo (a cura di), Languages of Discrimination and Racism in Twentieth- Century Italy. Histories, Legacies and Practices, Palgrave Mcillan, 2022.
Srivastava, Neelam, Italian Colonialism and Resistances to Empire, 1930–1970, Palgrave Mcmillan, 2018.

Questa sera vanno in scena i fedayyin. Resistenza palestinese e il teatro politico in Italia nei ... more Questa sera vanno in scena i fedayyin. Resistenza palestinese e il teatro politico in Italia nei primi anni Settanta.
New geographies and agenda items imposed by decolonisation and liberation struggles profoundly shaped the new international context emerging from the ashes of the Second World War. It was during the beginning of the Cold War order that a new magmatic subject gradually developed: the Third World as a political project rather than a geographical space (Chamberlin 2012), which was shaped by the Cuban revolution, the Algerian war and the Vietcong guerrilla. At the end of te 1960s, a generational and radical turnover in the Palestinian political leadership led to the election of Yasser Arafat as chairman of the PLO (1969), when the Palestinian resistance established itself as the vanguard of the anti-imperialist struggles, becoming a global cause for the Left and an iconic signifier of solidarity and support (Haugbolle and Olsen 2023). In Italy, a significant and politically active community of Palestinian students ‒ who began arriving in particular after the end of the Six Day War in 1967 ‒ has allowed information and materials from Palestine, the Arab world, and the rest of the diaspora to circulate, as well as exchanges and direct relations between militants, intellectuals and political organisations.
In 1970, after leaving the Communist Party's cultural circuits, Dario Fo and Franca Rame founded the theater collective La Comune in Milan. Their first productions were dedicated to the Palestinian resistance: Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente (1970) and Fedayn (1972). Interpretations of the Palestinian issue within these shows were influenced by a certain reading of anticolonial struggles and anti-imperialism through the paradigm of anti-fascist resistance in Italy and its productive memory. Although, as a result of the authors/militants direct experience ‒ through traveling and collaborations with Palestinians ‒ several original elements are introduced to the debate, including the role of civil society in the liberation struggle, the importance of popular culture and collective memory and the contradictions within the resistance's leadership. These performances generated contrasting and sometimes conflicting reactions, revealing a deeper political and generational confrontation and an influential presence of Palestinian organisations in Italy.
Using the complete playscripts, the wide range of documents contained in the Franca Rame Dario Fo archive and oral interviews, this research aims to firstly reconstruct the context in which the actors moved, paying particular attention to transnational mobility and interactions between micro, local, and global phenomena. In addition, a study of the debate generated by the performances will be carried out using the transcripts of the audience speeches following the performances and articles published in the periodicals of Italian and Palestinian political collectives. In addition to revealing important elements of how these shows were received during the long global 1960s, the analysis of their reception could also be used to trace the presence of the Palestinian community in Italy that contributed directly to the anti-imperialist debate. Lastly, the comparison with another play dedicated to the Palestinian issue, Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte by the Bologna-based Gruppo Teatrale Viaggiante (1972), aims to highlight continuities and divergences that further enrich the reconstruction of this event.
By employing an approach that integrates the epistemological perspective of microhistory and the spatially sensitive methodology of global history (De Vito, 2019), this study contributes to a recent research focus on the inter- and transnational dimension of Third World and anti-imperialist debates in Italy, as well as its role in political and social movements history.

«Quando il bar Perugina era dei palestinesi»: storie di vita e impegno politico della comunità pa... more «Quando il bar Perugina era dei palestinesi»: storie di vita e impegno politico della comunità palestinese a Parma tra gli anni Settanta e Novanta
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, quando la Palestina cominciò ad imporsi nell’immaginario politico globale (Chamberlin 2012, Haugbolle e Olsen 2023), anche in Italia arrivarono migliaia di studenti palestinesi, che si strutturarono in comunità policentriche e diedero vita ad un’intensa attività politica attraverso la General Union of Palestinian Students (GUPS) e altre organizzazioni (Castellini 2013, Falciola 2022). Questa ricerca propone un focus sulla presenza e l’attivismo degli studenti palestinesi a Parma, a partire dall’esperienza del GUPS locale lungo gli anni Settanta e Ottanta, sino alle mobilitazioni per la prima intifada, con una particolare attenzione al rapporto con i luoghi (politici, privati, immaginari), con l’obiettivo di ricostruire delle “geografie della memoria” (Tarpino 2008) attraverso fonti orali e materiali d’archivio.
Adottando proposte metodologiche che articolano in maniera originale il rapporto tra microstoria, locale e globale (De Vito 2019, Trivellato 2023), questo caso studio intende valorizzare preziosi elementi di riflessione sul ruolo della questione palestinese nella quotidianità e nel dibattito politico italiano, senza perdere di vista i contesti più ampi e complessi che contribuirono a produrli.
Anche Parma, media città della provincia emiliana, attrasse numerosi studenti palestinesi grazie alla presenza di facoltà mediche e scientifiche, generalmente preferite, per il costo della vita più basso rispetto a città più grandi e per un ambiente politico e sociale accogliente nei confronti della causa palestinese. Questa ricerca indaga, da una parte, aspetti di vita materiale relativi alla formazione e al radicamento di una comunità palestinese a Parma, dall’altra, l’articolarsi di questi soggetti attraverso diverse strutture ed esperienze politiche lungo gli anni Settanta e Ottanta.
Adottando un approccio microstorico e locale connesso alle dinamiche globali, questo caso studio intende valorizzare preziosi elementi di riflessione sul ruolo di attori transnazionali nella quotidianità e nel dibattito politico italiano, senza perdere di vista i contesti più ampi e complessi che contribuirono a produrli. Per ricostruire queste storie, la ricerca farà dialogare testimonianze orali e diverse tipologie di materiali di archivio (volantini e opuscoli politici, carte di polizia, periodici, corrispondenza).

Les fedayn montent sur scène : la résistance palestinienne et le théâtre politique italien au déb... more Les fedayn montent sur scène : la résistance palestinienne et le théâtre politique italien au début des années soixante-dix
Mon papier étudie la manière dont, de la fin des années soixante, les milieux politiques de la gauche italienne ont abordé la question palestinienne non seulement par le biais de débats théoriques, mais aussi par des formes d'expérimentation artistique. J'utiliserai en particulier
deux pièces écrites et mises en scène par Dario Fo et Franca Rame avec le collectif théâtral «La Comune», parmi les auteurs et les expériences les plus significativess de la scène théâtrale militante italienne des années soixante-dix. Ces œuvres nous offrent un témoignage precieux de la confrontation étroite avec la résistance du peuple palestinien et de l'ancrage de cette lutte – et de la figure emblématique du fedayn – dans le débat public italien de ces années-là.
La présence d'une communauté d'étudiants palestiniens en Italie depuis la fin de la guerre des Six Jours de 1967 avait permis la circulation d'informations et de matériel en provenance du monde arabe et du reste de la diaspora, ainsi que des échanges et des relations directes entre
militants et organisations politiques. La mise en scène de ces spectacles a provoqué un débat animé qui a impliqué aussi bien les milieux militants italiens que les milieux arabes et palestiniens. Ce débat démontre non seulement la profonde confrontation dialectique qui a eu lieu dans ces années par rapport aux luttes de libération en cours dans le monde mais aussi l'extrême complexité de la confrontation dans une nouvelle dimension globale.
Pour reconstruire ce débat, j'utiliserai les matériaux originaux des performances (scénarios, notes, interviews, brouillons) ainsi que les articles parus dans les revues militantes. Par une approche critique des sources, qui seront analysées entre les contextes locaux et globaux, le
papier vise à souligner l'utilisation d'autres langages, pas seulement théoriques, pour aborder les débats politiques les plus pertinents dans les «Global Sixties», ainsi que la recherche de formes de traduction des luttes politiques à travers la rencontre de cultures transnationales.

«Nei nostri pugni un miraggio»
Lotte, vite e desideri di studenti palestinesi in Italia (1965-199... more «Nei nostri pugni un miraggio»
Lotte, vite e desideri di studenti palestinesi in Italia (1965-1995).
La ricerca studia le traiettorie degli studenti palestinesi in Italia attraverso le storie, le memorie e il rapporto con i luoghi, tanto reali quanto immaginari, visti come elementi che permettono la ricostruzione di una storia sociale dell’attivismo terzomondista, antimperialista e pacifista. La
periodizzazione scelta (1965-1995) permette di allungare i confini della cosiddetta “stagione dei movimenti” fino ad includere tutti gli anni Ottanta e il passaggio critico ai primi anni Novanta, coincidendo con l’intero arco di vita dell’Unione degli Studenti Palestinesi in Italia (GUPS) e, a livello transnazionale, con il periodo di massima visibilità della questione palestinese fino all’attuazione degli accordi di Oslo. Attraverso l’utilizzo della storia orale e un focus microstorico, la ricerca mira a far emergere narrazioni che nascono dalle soggettività, dagli interstizi e dagli scarti
che si creano tra storia e memoria, memorie pubbliche e individuali, immaginari e fatti storici.
A partire dal secondo dopoguerra, le politiche di apertura del sistema universitario italiano nei confronti degli studenti internazionali favorirono l’arrivo di migliaia di giovani che costituirono i nuclei delle prime comunità di persone immigrate in Italia e che, dagli anni Ottanta in poi, assumeranno una dimensione più ampia e radicata. Gli studenti palestinesi – che cominciarono ad arrivare in maniera più massiccia a seguito del settembre nero del 1970 in Giordania – furono una delle presenze più attive e organizzate tra la componente studentesca straniera, potendo contare
anche sull’appoggio politico e logistico dei partiti e dei movimenti della sinistra italiana, sia in ambito istituzionale sia in quello extra-parlamentare. Attraverso strutture, contatti e reti transnazionali, questi giovani palestinesi crearono nuovi spazi di produzione politica, tanto in termini di pratiche – cortei, presidi, scioperi della fame, occupazioni simboliche – quanto in termini di elaborazione teorica – tramite collettivi, dibattiti e numerose pubblicazioni.
Questo lavoro di ricerca si inserisce all’interno di un panorama di studi che intende riconsiderare la storia dei movimenti politici dalla guerra fredda in poi alla luce delle mobilità transnazionali e delle soggettività degli studenti e delle studentesse del sud globale. Per sostenere questa ipotesi interpretativa, il progetto si articola intorno a molteplici domande di ricerca. Anzitutto, quali furono le implicazioni pratiche di questa forma “avanguardistica” di migrazione, legata sia a motivi di studio sia a motivi politici? Quali le dinamiche legate all’arrivo e alla sistemazione, ai rapporti
interpersonali e alle questioni materiali? Quale il rapporto con le città e i luoghi legati alla vita quotidiana della diaspora, e quale il rapporto con un luogo spesso “immaginato” come la Palestina?
Un secondo obiettivo di indagine è relativo alle forme di organizzazione interne alle comunità palestinesi e ai loro rapporti con le realtà politiche italiane. Quali furono le strutture, quali tematiche affrontarono e quali tipologie di scambio produssero? Analizzo infine l’impatto che la presenza dei palestinesi ha avuto sulle elaborazioni politiche e culturali di gruppi, partiti, collettivi e movimenti italiani relativamente al tema della Palestina e, più in generale, del terzomondismo, dell’antimperialismo, della violenza, della pace e della guerra.
La prima parte della ricerca è dedicata al tema delle mobilità transnazionali degli studenti provenienti dal Terzo Mondo durante la guerra fredda. Dopo una ricognizione storiografica sul più recente panorama di studi a livello internazionale, si approfondisce il caso italiano, attraverso uno studio più generale sulla presenza degli studenti internazionali ed un approfondimento specifico sull’esperienza del GUPS in Italia.
La seconda parte, relativa al periodo 1968-1982, guarda ai rapporti tra la società italiana degli anni Settanta e la questione palestinese. Vengono esaminate alcune tematiche ed esperienze legate al terzomondismo e all’antimperialismo (le iconografie, le analogie con la Resistenza partigiana, le letture proposte dalla rivista femminista Quarto Mondo ecc.), gli aspetti concreti delle esperienze migratorie degli studenti palestinesi lette attraverso il rapporto con i luoghi (pubblici, privati, politici, immaginari) e la produzione culturale legata alla Palestina (riviste, case editrici, spettacoli teatrali, documentari, musica), mettendo in luce anche gli aspetti più contraddittori di queste esperienze.
La terza e ultima parte, dedicata agli anni 1982-1995, tratta dell’evoluzione del dibattito italiano sui temi della guerra, della violenza e dell’antimilitarismo a seguito delle vicende del conflitto in Libano, degli euromissili di Comiso e del disastro di Chernobyl, e in particolare delle riflessioni nate dall’ecofemminismo. Vengono esaminate le esperienze politiche e i dibattiti più significativi dedicati alla questione palestinese durante gli anni Ottanta, tra cui un capitolo dedicato specificamente alle riflessioni e ai progetti messi in campo da alcuni ambienti femministi durante gli anni della prima intifada. Infine, le conclusioni si occuperanno del dibattito sugli accordi di Oslo e della fine dell’esperienza del GUPS.
Insieme a una letteratura di respiro internazionale, la ricerca utilizza varie tipologie di fonti, in particolare fonti orali, che verranno privilegiate nella ricostruzione delle memorie e delle storie di vita, differenti materiali (opuscoli, volantini, corrispondenze, carte di polizia, riviste, manifesti ecc.)
provenienti da archivi di movimento, archivi istituzionali (Acs, Università per stranieri di Perugia), fondi privati, e fonti audiovisive (film, vinili, fotografie).

Tonight the fedayyin are on stage.
The Palestinian resistance and the anti-imperialist debate in... more Tonight the fedayyin are on stage.
The Palestinian resistance and the anti-imperialist debate in Dario Fo’s political theatre (1970-1972)
New geographies and agenda items imposed by decolonisation and liberation struggles profoundly shaped the new international context emerging from the ashes of the Second World War. It was during the beginning of the Cold War order that a new magmatic subject gradually developed: the Third World as a political project rather than a geographical space (Chamberlin 2012), which was shaped by the Cuban revolution, the Algerian war and the Vietcong guerrilla. At the end of te 1960s, a generational and radical turnover in the Palestinian political leadership led to the election of Yasser Arafat as chairman of the PLO (1969), when the Palestinian resistance established itself as the vanguard of the anti-imperialist struggles, becoming a global cause for the Left and an iconic signifier of solidarity and support (Haugbolle and Olsen 2023). In Italy, a significant and politically active community of Palestinian students ‒ who began arriving in particular after the end of the Six Day War in 1967 ‒ has allowed information and materials from Palestine, the Arab world, and the rest of the diaspora to circulate, as well as exchanges and direct relations between militants, intellectuals and political organisations.
In 1970, after leaving the Communist Party's cultural circuits, Dario Fo and Franca Rame founded the theater collective La Comune in Milan. Their first productions were dedicated to the Palestinian resistance: Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente (1970) and Fedayn (1972). Interpretations of the Palestinian issue within these shows were influenced by a certain reading of anticolonial struggles and anti-imperialism through the paradigm of anti-fascist resistance in Italy and its productive memory. Although, as a result of the authors/militants direct experience ‒ through traveling and collaborations with Palestinians ‒ several original elements are introduced to the debate, including the role of civil society in the liberation struggle, the importance of popular culture and collective memory and the contradictions within the resistance's leadership. These performances generated contrasting and sometimes conflicting reactions, revealing a deeper political and generational confrontation and an influential presence of Palestinian organisations in Italy.
Using the complete playscripts, the wide range of documents contained in the Franca Rame Dario Fo archive and oral interviews, this research aims to firstly reconstruct the context in which the actors moved, paying particular attention to transnational mobility and interactions between micro, local, and global phenomena. In addition, a study of the debate generated by the performances will be carried out using the transcripts of the audience speeches following the performances and articles published in the periodicals of Italian and Palestinian political collectives. In addition to revealing important elements of how these shows were received during the long global 1960s, the analysis of their reception could also be used to trace the presence of the Palestinian community in Italy that contributed directly to the anti-imperialist debate. Lastly, the comparison with another play dedicated to the Palestinian issue, Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte by the Bologna-based Gruppo Teatrale Viaggiante (1972), aims to highlight continuities and divergences that further enrich the reconstruction of this event.
By employing an approach that integrates the epistemological perspective of microhistory and the spatially sensitive methodology of global history (De Vito, 2019), this study contributes to a recent research focus on the inter- and transnational dimension of Third World and anti-imperialist debates in Italy, as well as its role in political and social movements history.
Presentation title: "The theatre stage as a place of political activation during the Global Sixti... more Presentation title: "The theatre stage as a place of political activation during the Global Sixties. Dario Fo and Franca Rame’s experience with the Palestinian resistance"
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Papers by Sofia Bacchini
Per l'articolo intero:
https://www.iltascabile.com/societa/wasim-dahmash/
Nel settembre 2023 ero in Palestina per partecipare ad un convegno organizzato dall’università Dar al-Kalima di Betlemme. Betlemme dista da Gerusalemme soltanto otto chilometri, ma per potercisi recare è necessario prendere l’autobus di linea, passare un checkpoint – fare lunghe code per farsi controllare bagagli e documenti dai soldati israeliani – e decidere se tentare di trovare un taxi, o farsela a piedi. Questo perché in seguito agli accordi di Oslo del 1994 il territorio della Cisgiordania venne sezionato in aree sottoposte a regimi amministrativi differenti, separate tra loro da diversi dispositivi di controllo della mobilità, che possono essere sia fissi, come le strade separate per israeliani e palestinesi, che mobili, come i controlli volanti o la chiusura improvvisa degli accessi.
nationalistic movements of the period (for instance the themes of homeland, people,
and progress) but also propose peculiar themes that fit the unique mission of the
Jewish community: to build in Palestine “a portion of a rampart of Europe against Asia,
an outpost of civilization as opposed to barbarism” (Theodor Herzl, The Jewish State,
1896).
Book Reviews by Sofia Bacchini
Verso una storia sociale del terzomondismo e dell’antimperialismo
Sune Haugbolle e Rasmus Elling sono tra gli animatori di un prolifico hub di ricerca danese e scandinavo che, nel solco della tradizione della storia connessa (connected) o incrociata (croisée), sta contribuendo a un nuovo corso della storiografia del sud globale. The fate of thirdworldism in the Middle East: Iran, Palestine and beyond è un volume collettaneo di microstorie che, come tessere di un mosaico, si ricompongono nel disegno di un processo dinamico, permettendo di visualizzare i cambiamenti storici nel momento del loro farsi. La domanda di ricerca che attraversa i contributi ribalta i più tradizionali approcci al terzomondismo, che si interrogano sulla nascita e gli sviluppi di questo fenomeno, proponendo di indagarne invece la fine, o, ancora, le sorti (fate) ‒ termine che, rispetto a end, presuppone un processo di trasformazione piuttosto che di sparizione totale.
Le storiografie su Iran e Palestina – due pilastri del terzomondismo in Medio Oriente e non solo – si incontrano in alcuni anni considerati dei punti di svolta per l’intera regione: il 1979 (rivoluzione islamica in Iran) e il 1982 (cacciata del quartier generale dell’Olp da Beirut). Attorno a questi eventi è stata costruita una periodizzazione rigida, che li individua come marcatori monolitici: da un lato, segnerebbero la fine del secolarismo arabo e della definitiva ascesa dell’islam politico; dall’altro invece la fine della stagione rivoluzionaria della resistenza palestinese. Considerati assieme, raffigurerebbero dunque la pietra tombale della stagione terzomondista in Medio Oriente. Elling e Haugbolle vogliono confutare una lettura ingabbiante e deterministica di questo tipo, proponendo un approccio che connette vari tipi di traiettorie, e i loro grovigli transnazionali, con la macrostoria del terzomondismo come fenomeno globale. Suggeriscono che le periodizzazioni – al plurale – si costruiscono a partire dalle esperienze concrete di soggetti generalmente considerati marginali dalla storiografia: rivoluzionari vagabondi, attivisti studenteschi, guerriglieri, medici e infermieri volontari, intellettuali militanti. Emerge poi centrale il tema della spazialità e della materialità della ricerca, soprattutto in relazione alla produzione dei luoghi in cui queste connessioni avvenivano: manifesti, networks, delegazioni, conferenze, festival, riviste. La storia sociale diventa dunque in questo senso un’importante alleata, perché permette di cogliere le increspature della superficie e quindi osservare gli eventi nel loro svolgersi, non attraverso griglie precostituite o semplici date. Riducendo la globalità alla scala analitica delle traiettorie collettive e individuali, si può osservare il modo in cui il cambiamento storico è stato sperimentato, analizzato e vissuto.
Alcuni fili rossi attraversano il volume, delineando delle riflessioni cruciali relative alle sorti del terzomondismo. Anzitutto, demistificare le presunte pareti lisce della solidarietà terzomondista, mettendo in luce le difficoltà e le contraddizioni che sono nate nello sforzo di tenere insieme soggetti ed esperienze politiche anche molto distanti tra loro, che hanno prodotto frizioni che, progressivamente, hanno contribuito all’usurarsi del collante terzomondista. La solidarietà è una pratica e una progettualità politica, agita dagli uomini e dalle donne e dunque necessariamente contraddittoria, e in quanto tale è un organismo vivente, cangiante, complesso, che si trasforma nel tempo e nello spazio.
Un altro approccio utilizzato è quello di genere, che aiuta a mettere a fuoco la produzione di soggetti marginalizzati all’interno delle lotte, in questo caso le donne. Nella concezione comune del lavoro politico femminile come “dietro il fronte”, o del lavoro “di cura”. L’assistenza medica, ad esempio, è molto spesso stata associata alle donne, e quando, in particolare dalla metà degli anni settanta in poi, la cooperazione sanitaria divenne un’articolazione della solidarietà internazionalista, la figura del “militante-dottore/infermiere” (uomo) cominciò a mettere in crisi un più tradizionale immaginario “virile”. Un discorso simile vale anche per l’ipermascolinizzazione della figura del guerrigliero, del martire e del rivoluzionario, un immaginario di mascolinità che soprattutto con la guerra civile libanese subì i contraccolpi di uno scivolamento simbolico dal corpo del combattente al corpo della vittima.
L’accento posto dai curatori sulla centralità della prassi rivoluzionaria per leggere il mutamento storico permette di cogliere, in questo caso, il passaggio nodale dalla “solidarietà armata” degli anni sessanta e settanta agli “aiuti umanitari” degli anni ottanta e novanta. Un processo accompagnato e corroborato da una retorica pubblica sempre più marcata dal «paradigma della vittima». Guardando a come i gruppi e gli ambienti rivoluzionari hanno vissuto e negoziato il momento spartiacque prima che il nuovo ordine degli anni ottanta si stabilizzasse, si propone infine di scrostare le date dalle rigide periodizzazioni che, se abbattute, permetterebbero un ragionamento di più ampio respiro sui mutamenti, inserendoli in una prospettiva di lunga durata.
Mettendo a sistema i vari spunti offerti dal volume emerge un quadro allo stesso tempo denso e sfumato della riconfigurazione del terzomondismo a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, che restituisce dilemmi e sfide di lunga gestazione. Gli autori ci propongono insomma una metodologia innovativa che individua il terzo mondo non come un “fronte ideologico” ma come una processualità plasmata dalla miriade di pratiche di varie e interconnesse progettualità politiche.
Books by Sofia Bacchini
Conference Presentations by Sofia Bacchini
Abstract
Questo intervento è parte della mia più ampia ricerca dottorale, il cui focus è relativo alla presenza degli studenti palestinesi in Italia tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Novanta. Una presenza letta attraverso una lente bifocale, che permette di guardarli sia in quanto soggetti politici transnazionali, che contribuirono contemporaneamente alla lotta di liberazione nazionale nel loro paese e al dibattito politico italiano, dall’altro, studiandone le dinamiche migratorie legate agli arrivi e alle permanenze, le relazioni con i soggetti e i luoghi della vita quotidiana, e le memorie generate da queste esperienze.
Il radicamento fisico dei palestinesi, tanto nello spazio pubblico e della contestazione politica, quanto in quello della vita quotidiana e personale, ha generato scambi e reti che hanno continuato a produrre un discorso sulla Palestina, proponendone letture diverse e a volte conflittuali. Mettendo in luce la circolazione e le interazioni tra storie di vita, dibattiti politici, prodotti culturali, l’intenzione è far dialogare la dimensione globale entro la quale l’esperienza degli studenti palestinesi in Italia si inscrive con un’attenzione microstorica che ne metta in luce le chiavi e le griglie di lettura (Ginzburg 1976).
Ho scelto come caso studio la città di Parma per vari motivi: anzitutto la presenza di una comunità relativamente numerosa di studenti palestinesi, attratti in primo luogo dalla presenza dell’università e delle facoltà scientifiche, in particolare medicina. In secondo luogo, per la sua dimensione provinciale e “periferica” rispetto alle grandi città universitarie, elementi che producevano, da un lato, la sensazione da parte degli studenti palestinesi di trovarsi in un contesto più accogliente, dall’altro, delle reti sociali più corte, che presuppongono una maggiore prossimità tra le realtà politiche e i soggetti della vita quotidiana. La città di Parma e la sua provincia, inoltre, come il resto dell’Emilia, sono state un importante teatro della resistenza italiana, evento che ha permeato la storia della città, la sua cultura antifascista e le sue memorie.
Ho utilizzato diversi documenti – volantini, opuscoli, manifesti – provenienti dall’archivio del Centro studi per la stagione dei movimenti di Parma, e li ho messi in dialogo con alcune interviste realizzate a ex militanti palestinesi e italiani. Queste testimonianze, in particolare, hanno strutturato la domanda di ricerca. Da un lato, perché il loro interesse, come dice Alessandro Portelli, “non consiste solo nella loro aderenza ai fatti ma anche nella loro divaricazione da essi, ed è in questo scarto che si insinua l’immaginazione, il simbolico, il desiderio” (Portelli 2017). Dall’altro, proprio le interviste, intese come prodotto dialogico tra intervistato e intervistatrice, hanno posto l’accento sulla dimensione spaziale del racconto e l’importanza dei luoghi, quasi che i ricordi avessero bisogno di un elemento concreto a cui aggrapparsi, di situarsi, dare un nome, ricostruire delle “geografie della memoria” (Tarpino 2008). I luoghi che sono scaturiti dalle testimonianze sono sia concreti, fisici, sia simbolici, immateriali; hanno a che fare con l’attività politica ma anche con la vita quotidiana, i confini tra le quali, in realtà, spesso si confondono e sovrappongono; gli stessi luoghi, poi, ritornano nei ricordi di persone diverse, anche con valenze e significati differenti. Questa natura anche contraddittoria dello spazio, data dalla sua dimensione allo stesso tempo astratta e concreta (Coornaert e Garnier 1994), ha influito sulla fruizione e sulla condivisione di alcuni luoghi, producendo delle contaminazioni, tra soggetti e culture politiche, che sono l’oggetto di questa ricerca.
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J. Venn-Brown (a cura di), Per un palestinese: dediche a più voci a Wael Zuaiter, Prospettiva Edizioni, 2002 [1979].
Abstract
Dalla fine degli anni ‘60, quella della resistenza palestinese si trasformò in una causa centrale nell’immaginario della sinistra globale, un simbolo di solidarietà terzomondista, ma anche “a transgressive tool that shaped and re-situated ideological positions globally”. (Haugbølle 2023) In Italia la questione palestinese divenne uno dei temi che appassionò maggiormente la sinistra, e forse ancora di più la sinistra extraparlamentare. In pochi anni la lotta palestinese divenne argomento centrale nel dibattito pubblico e parole arabe come “fedayn” e “kefiah” entrarono, una volta italianizzate, nel linguaggio comune; mentre l’intensa circolazione di pubblicazioni politiche, manifesti e volantini tra le due sponde del Mediterraneo diffondeva per lo stivale la pratica marxista del FPLP e del FDLP.
Questo intervento si concentrerà in particolare sulla rivista al-Sharara, scritta in italiano e pubblicata a Milano dai sostenitori del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. Caso studio attraverso il quale indagare l’incontro (sia fisico cheintellettuale) tra militanti della sinistra rivoluzionaria italiana e palestinese. Un incontro che tanto nella memoria pubblica quanto nell'analisi storica rimane un puzzle irrisolto, spesso offuscato dalla sua presunta dimensione terroristica. Infine questo intervento vuole riflettere sulla circolazione delle risorse simboliche, dunque andare oltre la semplice descrizione delle relazioni tra movimenti politici e richiamare l'attenzione sullo spazio e la rilevanza che il “mito” della Palestina ha avuto nell’accendere in una generazione il sogno della rivoluzione globale.
Keywords: Palestina; Nuova Sinistra; DFLP; Avanguardia Operaia; Internazionalismo proletario
Bibliografia essenziale
Bardawil, Fadi A. 2020. Revolution and disenchantment: Arab Marxism and the binds of emancipation. Theory in forms. Durham: Duke University Press.
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Falciola, Luca. 2020. «Transnational Relationships between the Italian Revolutionary Left and Palestinian Militants during the Cold War». cws Journal of Cold War Studies 22 (4): 31–70.
Gambetta, William. 2014. I muri del lungo ’68: manifesti e comunicazione politica in Italia.
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Abstract
La ricerca indaga il contributo degli studenti palestinesi in Italia negli anni Sessanta e Settanta al dibattito terzomondista e antimperialista italiano. In particolare, si affronta la trasformazione della memoria della Resistenza antifascista in un paradigma attraverso cui leggere le lotte di liberazione nazionale, tra cui quella palestinese.
Questo contributo è parte di una più ampia ricerca di storia sociale relativa alla presenza degli studenti palestinesi in Italia tra gli anni Sessanta e Novanta, al loro contributo alla storia dell’attivismo terzomondista e antimperialista, e alla costruzione di immaginari politici condivisi.
A partire dal secondo dopoguerra, le politiche di apertura del sistema universitario italiano nei confronti degli studenti internazionali favorirono l’arrivo di migliaia di giovani che costituirono i nuclei delle prime comunità di persone immigrate in Italia, le quali, dagli anni Ottanta in poi, assumeranno una dimensione più ampia e radicata (Colucci, 2018; Deplano, 2022; Behre, 2023). Gli studenti palestinesi – che cominciarono ad arrivare in maniera più massiccia a seguito del Settembre Nero del 1970 in Giordania – furono una delle presenze più attive e organizzate tra la componente studentesca straniera, potendo contare anche sull’appoggio politico e logistico dei partiti e dei movimenti della sinistra italiana, sia in ambito istituzionale sia in quello extraparlamentare (Falciola, 2020 e 2022; Simoni, 2022). Attraverso strutture, contatti e reti transnazionali, questi giovani palestinesi crearono nuovi spazi di produzione politica, tanto in termini di pratiche – cortei, presidi, scioperi della fame, occupazioni simboliche – quanto in termini di elaborazione teorica – tramite collettivi, dibattiti e numerose pubblicazioni. Il contesto di questa ricerca è rappresentato dalle forme di scambio e reciproca contaminazione che si crearono tra gli studenti palestinesi e gli ambienti politici, sociali e culturali italiani. L’interesse per la questione palestinese si innestava su una più lunga tradizione di rapporti ‒ anche conflittuali ‒ tra la sinistra italiana e i movimenti di resistenza anticoloniale (Borruso, 2009; Srivastava, 2018), diventando, dalla fine degli anni Sessanta, la causa-simbolo di tutte le lotte di liberazione nazionale, sia in Italia che a livello globale (Haugbolle, 2019; DiCapua, 2020; Haugbolle e Olsen, 2023). La memoria della Resistenza antifascista quale esperienza del popolo in armi e potenzialmente rivoluzionaria, oltre a rappresentare un elemento di rottura tra l’emergere della Nuova sinistra italiana e la sinistra tradizionale, diventò un paradigma attraverso cui leggere le lotte di liberazione del Terzo mondo, tra cui quella palestinese (Brazzoduro 2021).
L’articolo vuole dunque indagare la costruzione del parallelismo tra la Rivoluzione palestinese e la Resistenza antifascista in Italia come un movimento dialettico e a doppia direzione. Da un lato, questo ricorso a un sistema di analogie mutuate dall'esperienza nazi-fascista facilitò meccanismi di identificazione e solidarietà, facendo del sostegno alla Palestina un valore centrale della sinistra italiana ‒ anche spesso celebrato in modo spontaneo e acritico ‒, prefigurando una forma di riscatto per l’esperienza irrisolta della Resistenza. Assumendo la prospettiva dei palestinesi in Italia, invece, i richiami alla Resistenza antifascista rappresentarono un’originale rielaborazione di un’esperienza in realtà prettamente connaturata alla cultura italiana, e una forma di legittimazione della propria lotta.
Attraverso una letteratura di respiro internazionale si vuole anzitutto ricostruire un contesto storico che connetta le profonde trasformazioni politiche che, seppure in congiunture differenti, hanno attraversato tanto la società italiana quanto quella palestinese, in Palestina e in diaspora, dai primi anni Sessanta. A partire da questa panoramica è possibile studiare la presenza dei palestinesi in Italia in una prospettiva transnazionale, ovvero concentrare l’attenzione sulle interazioni e gli scambi che avvengono «al di fuori, al di sopra e al di là» (Saunier, 2004) dei confini geografici o istituzionali definiti dal nazionalismo metodologico.
Gran parte della ricerca si basa su fonti orali, che restituiscono le memorie dell’esperienza resistenziale – mai vissuta in prima persona – e suggeriscono i meccanismi memoriali con i quali questa esperienza viene riattivata nel presente a contatto con un’altra lotta. Le interviste sono state realizzate a ex studenti palestinesi in Italia ed ex militanti italiani.
Le fonti archivistiche utilizzate provengono in larga parte da archivi politici e di movimento, e sono prodotte sia organizzazioni italiane che palestinesi, suddivise in due tipologie principali: fonti a stampa (opuscoli, volantini, articoli di quotidiani e riviste ecc.) e fonti iconografiche (manifesti, fotografie, illustrazioni ecc.).
Questo lavoro di ricerca si inserisce all’interno di un panorama di studi che intende riconsiderare la storia dell’attivismo politico lungo e oltre i long Global Sixties alla luce delle mobilità transnazionali e delle soggettività degli studenti e delle studentesse del sud globale. Gli studenti internazionali in Italia, e le loro reti transnazionali, sono un soggetto ancora marginale nella storiografia che urge essere studiato per contribuire a riconsiderare la storia politica e sociale italiana alla luce delle sue connessioni nel nuovo contesto globale inaugurato dai processi di decolonizzazione. Allo stesso tempo si vuole contribuire al filone di studi relativo alle organizzazioni transnazionali palestinesi, alle loro reti, e al ruolo che hanno esercitato sia nella gestione quotidiana della vita in diaspora, sia nelle relazioni con i movimenti di solidarietà internazionale.
A partire dal rapporto tra memoria della Resistenza e lotta di liberazione palestinese, l’obiettivo è di ricostruire la storia connessa di un laboratorio di riconoscimento politico e di costruzione di un orizzonte di senso comune.
Bibliografia
Abu Samra, Mjriam, The Palestinian Student Movement 1948-1982: a Study of Popular Organisation and Transnational Mobilisation, University of Oxford, 2020 [tesi di dottorato].
Bardawil, Fadi A., Revolution and disenchantment: Arab Marxism and the binds of
emancipation, Duke University Press, 2020.
Behre, Simona, Studenti internazionali nell’Italia repubblicana. Storia di un’avanguardia, Mimesis, Milano, 2023.
Borruso, Paolo, Il Pci e l’Africa indipendente. Apogeo e crisi di un’utopia socialista (1956-1989), Le Monnier, Roma-Firenze, 2009.
Brazzoduro, Andrea, “Se un giorno tornasse quell’ora”. La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo, «Italia contemporanea», n. 296, agosto 2021.
Chamberlin, Paul Thomas, The Struggle Against Oppression Everywhere: The Global Politics of Palestinian Liberation, «Middle Eastern Studies», vol. 47, n. 1, 2011, pp. 25-41.
Colucci, Michele, Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni, Carocci, Roma, 2018.
Deplano, Valeria, Dall’anticolonialismo all’antimperialismo: associazionismo e attivismo degli studenti africani nell’Italia degli anni Sessanta, «Italia contemporanea», fasc. 299, 2022, pp. 225–51.
Di-Capua, Yoav, Palestine Comes to Paris: The Global Sixties and the Making of a Universal Cause, «Journal of Palestine Studies», vol. 50, n. 1, 2020, pp. 19–50.
Falciola, Luca, Transnational Relationships between the Italian Revolutionary Left and Palestinian Militants during the Cold War, «Journal of Cold War Studies», vol. 22, n. 4, 2020, pp. 31-70.
Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia tra solidarietà, politica e violenza, «Mediterranea. Ricerche storiche», n. 54, aprile 2022, pp. 69-104.
Guirguis, Laure (a cura di), The Arab Lefts, Histories and Legacies, 1950s-1970s, Edinburgh University Press, 2020.
Haugbolle, Sune, Entanglement, Global History, and the Arab Left, «International Journal of Middle East Studies», vol. 51, 2019, pp. 301-304.
Haugbolle, Sune, Olsen, Pelle Valentin, Emergence of Palestine as a Global Cause, «Middle East Critique», 2023.
Saunier, Pierre-Yves, Circulations, connexions et espaces transnationaux, «Genèses», vol. 4, n. 57, 2004, pp. 110-126.
Simoni, Marcella, When Conflict Spills Over: Identities, Memories, Politics and Representations of the Israeli-Palestinian Conflict in Italy— The 1960s, in Marcella Simoni e Davide Lombardo (a cura di), Languages of Discrimination and Racism in Twentieth- Century Italy. Histories, Legacies and Practices, Palgrave Mcillan, 2022.
Srivastava, Neelam, Italian Colonialism and Resistances to Empire, 1930–1970, Palgrave Mcmillan, 2018.
New geographies and agenda items imposed by decolonisation and liberation struggles profoundly shaped the new international context emerging from the ashes of the Second World War. It was during the beginning of the Cold War order that a new magmatic subject gradually developed: the Third World as a political project rather than a geographical space (Chamberlin 2012), which was shaped by the Cuban revolution, the Algerian war and the Vietcong guerrilla. At the end of te 1960s, a generational and radical turnover in the Palestinian political leadership led to the election of Yasser Arafat as chairman of the PLO (1969), when the Palestinian resistance established itself as the vanguard of the anti-imperialist struggles, becoming a global cause for the Left and an iconic signifier of solidarity and support (Haugbolle and Olsen 2023). In Italy, a significant and politically active community of Palestinian students ‒ who began arriving in particular after the end of the Six Day War in 1967 ‒ has allowed information and materials from Palestine, the Arab world, and the rest of the diaspora to circulate, as well as exchanges and direct relations between militants, intellectuals and political organisations.
In 1970, after leaving the Communist Party's cultural circuits, Dario Fo and Franca Rame founded the theater collective La Comune in Milan. Their first productions were dedicated to the Palestinian resistance: Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente (1970) and Fedayn (1972). Interpretations of the Palestinian issue within these shows were influenced by a certain reading of anticolonial struggles and anti-imperialism through the paradigm of anti-fascist resistance in Italy and its productive memory. Although, as a result of the authors/militants direct experience ‒ through traveling and collaborations with Palestinians ‒ several original elements are introduced to the debate, including the role of civil society in the liberation struggle, the importance of popular culture and collective memory and the contradictions within the resistance's leadership. These performances generated contrasting and sometimes conflicting reactions, revealing a deeper political and generational confrontation and an influential presence of Palestinian organisations in Italy.
Using the complete playscripts, the wide range of documents contained in the Franca Rame Dario Fo archive and oral interviews, this research aims to firstly reconstruct the context in which the actors moved, paying particular attention to transnational mobility and interactions between micro, local, and global phenomena. In addition, a study of the debate generated by the performances will be carried out using the transcripts of the audience speeches following the performances and articles published in the periodicals of Italian and Palestinian political collectives. In addition to revealing important elements of how these shows were received during the long global 1960s, the analysis of their reception could also be used to trace the presence of the Palestinian community in Italy that contributed directly to the anti-imperialist debate. Lastly, the comparison with another play dedicated to the Palestinian issue, Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte by the Bologna-based Gruppo Teatrale Viaggiante (1972), aims to highlight continuities and divergences that further enrich the reconstruction of this event.
By employing an approach that integrates the epistemological perspective of microhistory and the spatially sensitive methodology of global history (De Vito, 2019), this study contributes to a recent research focus on the inter- and transnational dimension of Third World and anti-imperialist debates in Italy, as well as its role in political and social movements history.
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, quando la Palestina cominciò ad imporsi nell’immaginario politico globale (Chamberlin 2012, Haugbolle e Olsen 2023), anche in Italia arrivarono migliaia di studenti palestinesi, che si strutturarono in comunità policentriche e diedero vita ad un’intensa attività politica attraverso la General Union of Palestinian Students (GUPS) e altre organizzazioni (Castellini 2013, Falciola 2022). Questa ricerca propone un focus sulla presenza e l’attivismo degli studenti palestinesi a Parma, a partire dall’esperienza del GUPS locale lungo gli anni Settanta e Ottanta, sino alle mobilitazioni per la prima intifada, con una particolare attenzione al rapporto con i luoghi (politici, privati, immaginari), con l’obiettivo di ricostruire delle “geografie della memoria” (Tarpino 2008) attraverso fonti orali e materiali d’archivio.
Adottando proposte metodologiche che articolano in maniera originale il rapporto tra microstoria, locale e globale (De Vito 2019, Trivellato 2023), questo caso studio intende valorizzare preziosi elementi di riflessione sul ruolo della questione palestinese nella quotidianità e nel dibattito politico italiano, senza perdere di vista i contesti più ampi e complessi che contribuirono a produrli.
Anche Parma, media città della provincia emiliana, attrasse numerosi studenti palestinesi grazie alla presenza di facoltà mediche e scientifiche, generalmente preferite, per il costo della vita più basso rispetto a città più grandi e per un ambiente politico e sociale accogliente nei confronti della causa palestinese. Questa ricerca indaga, da una parte, aspetti di vita materiale relativi alla formazione e al radicamento di una comunità palestinese a Parma, dall’altra, l’articolarsi di questi soggetti attraverso diverse strutture ed esperienze politiche lungo gli anni Settanta e Ottanta.
Adottando un approccio microstorico e locale connesso alle dinamiche globali, questo caso studio intende valorizzare preziosi elementi di riflessione sul ruolo di attori transnazionali nella quotidianità e nel dibattito politico italiano, senza perdere di vista i contesti più ampi e complessi che contribuirono a produrli. Per ricostruire queste storie, la ricerca farà dialogare testimonianze orali e diverse tipologie di materiali di archivio (volantini e opuscoli politici, carte di polizia, periodici, corrispondenza).
Mon papier étudie la manière dont, de la fin des années soixante, les milieux politiques de la gauche italienne ont abordé la question palestinienne non seulement par le biais de débats théoriques, mais aussi par des formes d'expérimentation artistique. J'utiliserai en particulier
deux pièces écrites et mises en scène par Dario Fo et Franca Rame avec le collectif théâtral «La Comune», parmi les auteurs et les expériences les plus significativess de la scène théâtrale militante italienne des années soixante-dix. Ces œuvres nous offrent un témoignage precieux de la confrontation étroite avec la résistance du peuple palestinien et de l'ancrage de cette lutte – et de la figure emblématique du fedayn – dans le débat public italien de ces années-là.
La présence d'une communauté d'étudiants palestiniens en Italie depuis la fin de la guerre des Six Jours de 1967 avait permis la circulation d'informations et de matériel en provenance du monde arabe et du reste de la diaspora, ainsi que des échanges et des relations directes entre
militants et organisations politiques. La mise en scène de ces spectacles a provoqué un débat animé qui a impliqué aussi bien les milieux militants italiens que les milieux arabes et palestiniens. Ce débat démontre non seulement la profonde confrontation dialectique qui a eu lieu dans ces années par rapport aux luttes de libération en cours dans le monde mais aussi l'extrême complexité de la confrontation dans une nouvelle dimension globale.
Pour reconstruire ce débat, j'utiliserai les matériaux originaux des performances (scénarios, notes, interviews, brouillons) ainsi que les articles parus dans les revues militantes. Par une approche critique des sources, qui seront analysées entre les contextes locaux et globaux, le
papier vise à souligner l'utilisation d'autres langages, pas seulement théoriques, pour aborder les débats politiques les plus pertinents dans les «Global Sixties», ainsi que la recherche de formes de traduction des luttes politiques à travers la rencontre de cultures transnationales.
Lotte, vite e desideri di studenti palestinesi in Italia (1965-1995).
La ricerca studia le traiettorie degli studenti palestinesi in Italia attraverso le storie, le memorie e il rapporto con i luoghi, tanto reali quanto immaginari, visti come elementi che permettono la ricostruzione di una storia sociale dell’attivismo terzomondista, antimperialista e pacifista. La
periodizzazione scelta (1965-1995) permette di allungare i confini della cosiddetta “stagione dei movimenti” fino ad includere tutti gli anni Ottanta e il passaggio critico ai primi anni Novanta, coincidendo con l’intero arco di vita dell’Unione degli Studenti Palestinesi in Italia (GUPS) e, a livello transnazionale, con il periodo di massima visibilità della questione palestinese fino all’attuazione degli accordi di Oslo. Attraverso l’utilizzo della storia orale e un focus microstorico, la ricerca mira a far emergere narrazioni che nascono dalle soggettività, dagli interstizi e dagli scarti
che si creano tra storia e memoria, memorie pubbliche e individuali, immaginari e fatti storici.
A partire dal secondo dopoguerra, le politiche di apertura del sistema universitario italiano nei confronti degli studenti internazionali favorirono l’arrivo di migliaia di giovani che costituirono i nuclei delle prime comunità di persone immigrate in Italia e che, dagli anni Ottanta in poi, assumeranno una dimensione più ampia e radicata. Gli studenti palestinesi – che cominciarono ad arrivare in maniera più massiccia a seguito del settembre nero del 1970 in Giordania – furono una delle presenze più attive e organizzate tra la componente studentesca straniera, potendo contare
anche sull’appoggio politico e logistico dei partiti e dei movimenti della sinistra italiana, sia in ambito istituzionale sia in quello extra-parlamentare. Attraverso strutture, contatti e reti transnazionali, questi giovani palestinesi crearono nuovi spazi di produzione politica, tanto in termini di pratiche – cortei, presidi, scioperi della fame, occupazioni simboliche – quanto in termini di elaborazione teorica – tramite collettivi, dibattiti e numerose pubblicazioni.
Questo lavoro di ricerca si inserisce all’interno di un panorama di studi che intende riconsiderare la storia dei movimenti politici dalla guerra fredda in poi alla luce delle mobilità transnazionali e delle soggettività degli studenti e delle studentesse del sud globale. Per sostenere questa ipotesi interpretativa, il progetto si articola intorno a molteplici domande di ricerca. Anzitutto, quali furono le implicazioni pratiche di questa forma “avanguardistica” di migrazione, legata sia a motivi di studio sia a motivi politici? Quali le dinamiche legate all’arrivo e alla sistemazione, ai rapporti
interpersonali e alle questioni materiali? Quale il rapporto con le città e i luoghi legati alla vita quotidiana della diaspora, e quale il rapporto con un luogo spesso “immaginato” come la Palestina?
Un secondo obiettivo di indagine è relativo alle forme di organizzazione interne alle comunità palestinesi e ai loro rapporti con le realtà politiche italiane. Quali furono le strutture, quali tematiche affrontarono e quali tipologie di scambio produssero? Analizzo infine l’impatto che la presenza dei palestinesi ha avuto sulle elaborazioni politiche e culturali di gruppi, partiti, collettivi e movimenti italiani relativamente al tema della Palestina e, più in generale, del terzomondismo, dell’antimperialismo, della violenza, della pace e della guerra.
La prima parte della ricerca è dedicata al tema delle mobilità transnazionali degli studenti provenienti dal Terzo Mondo durante la guerra fredda. Dopo una ricognizione storiografica sul più recente panorama di studi a livello internazionale, si approfondisce il caso italiano, attraverso uno studio più generale sulla presenza degli studenti internazionali ed un approfondimento specifico sull’esperienza del GUPS in Italia.
La seconda parte, relativa al periodo 1968-1982, guarda ai rapporti tra la società italiana degli anni Settanta e la questione palestinese. Vengono esaminate alcune tematiche ed esperienze legate al terzomondismo e all’antimperialismo (le iconografie, le analogie con la Resistenza partigiana, le letture proposte dalla rivista femminista Quarto Mondo ecc.), gli aspetti concreti delle esperienze migratorie degli studenti palestinesi lette attraverso il rapporto con i luoghi (pubblici, privati, politici, immaginari) e la produzione culturale legata alla Palestina (riviste, case editrici, spettacoli teatrali, documentari, musica), mettendo in luce anche gli aspetti più contraddittori di queste esperienze.
La terza e ultima parte, dedicata agli anni 1982-1995, tratta dell’evoluzione del dibattito italiano sui temi della guerra, della violenza e dell’antimilitarismo a seguito delle vicende del conflitto in Libano, degli euromissili di Comiso e del disastro di Chernobyl, e in particolare delle riflessioni nate dall’ecofemminismo. Vengono esaminate le esperienze politiche e i dibattiti più significativi dedicati alla questione palestinese durante gli anni Ottanta, tra cui un capitolo dedicato specificamente alle riflessioni e ai progetti messi in campo da alcuni ambienti femministi durante gli anni della prima intifada. Infine, le conclusioni si occuperanno del dibattito sugli accordi di Oslo e della fine dell’esperienza del GUPS.
Insieme a una letteratura di respiro internazionale, la ricerca utilizza varie tipologie di fonti, in particolare fonti orali, che verranno privilegiate nella ricostruzione delle memorie e delle storie di vita, differenti materiali (opuscoli, volantini, corrispondenze, carte di polizia, riviste, manifesti ecc.)
provenienti da archivi di movimento, archivi istituzionali (Acs, Università per stranieri di Perugia), fondi privati, e fonti audiovisive (film, vinili, fotografie).
The Palestinian resistance and the anti-imperialist debate in Dario Fo’s political theatre (1970-1972)
New geographies and agenda items imposed by decolonisation and liberation struggles profoundly shaped the new international context emerging from the ashes of the Second World War. It was during the beginning of the Cold War order that a new magmatic subject gradually developed: the Third World as a political project rather than a geographical space (Chamberlin 2012), which was shaped by the Cuban revolution, the Algerian war and the Vietcong guerrilla. At the end of te 1960s, a generational and radical turnover in the Palestinian political leadership led to the election of Yasser Arafat as chairman of the PLO (1969), when the Palestinian resistance established itself as the vanguard of the anti-imperialist struggles, becoming a global cause for the Left and an iconic signifier of solidarity and support (Haugbolle and Olsen 2023). In Italy, a significant and politically active community of Palestinian students ‒ who began arriving in particular after the end of the Six Day War in 1967 ‒ has allowed information and materials from Palestine, the Arab world, and the rest of the diaspora to circulate, as well as exchanges and direct relations between militants, intellectuals and political organisations.
In 1970, after leaving the Communist Party's cultural circuits, Dario Fo and Franca Rame founded the theater collective La Comune in Milan. Their first productions were dedicated to the Palestinian resistance: Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente (1970) and Fedayn (1972). Interpretations of the Palestinian issue within these shows were influenced by a certain reading of anticolonial struggles and anti-imperialism through the paradigm of anti-fascist resistance in Italy and its productive memory. Although, as a result of the authors/militants direct experience ‒ through traveling and collaborations with Palestinians ‒ several original elements are introduced to the debate, including the role of civil society in the liberation struggle, the importance of popular culture and collective memory and the contradictions within the resistance's leadership. These performances generated contrasting and sometimes conflicting reactions, revealing a deeper political and generational confrontation and an influential presence of Palestinian organisations in Italy.
Using the complete playscripts, the wide range of documents contained in the Franca Rame Dario Fo archive and oral interviews, this research aims to firstly reconstruct the context in which the actors moved, paying particular attention to transnational mobility and interactions between micro, local, and global phenomena. In addition, a study of the debate generated by the performances will be carried out using the transcripts of the audience speeches following the performances and articles published in the periodicals of Italian and Palestinian political collectives. In addition to revealing important elements of how these shows were received during the long global 1960s, the analysis of their reception could also be used to trace the presence of the Palestinian community in Italy that contributed directly to the anti-imperialist debate. Lastly, the comparison with another play dedicated to the Palestinian issue, Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte by the Bologna-based Gruppo Teatrale Viaggiante (1972), aims to highlight continuities and divergences that further enrich the reconstruction of this event.
By employing an approach that integrates the epistemological perspective of microhistory and the spatially sensitive methodology of global history (De Vito, 2019), this study contributes to a recent research focus on the inter- and transnational dimension of Third World and anti-imperialist debates in Italy, as well as its role in political and social movements history.