Papers by Priscilla Manfren

MMD - Museum, materials, discussion. Journal of Museum Studies, Oct 6, 2025
The essay analyses the case of Somalia pittoresca, an extensive series of works created by Giorgi... more The essay analyses the case of Somalia pittoresca, an extensive series of works created by Giorgio Grazia, a painter from Bologna who spent much of 1934 in the colony. Having concluded a first presentation of his paintings in Mogadishu, the artist returned to the homeland, where his works were displayed in a traveling exhibition that, between 1935 and 1940, visited several Italian cities. Indeed, the joint action of several institutions, including the Istituto Coloniale Fascista (Fascist Colonial Institute), transformed the exhibition into a powerful pedagogical and propaganda tool, useful in instilling in Italians the long-desired colonial consciousness. After a general introduction, the text offers a brief profile of the artist, which is followed by a documentary reconstruction of the trips of Somalia pittoresca in the Fascist Italy. The final paragraph, on the other hand, reflects on the postwar reception of the author and his works.

ÀAÀ - Àwòrán Aláṣejù Àṣà. Olamilekan Abatan e il Neobarocco Africano / Olamilekan Abatan and the African Neo-Baroque, 2025
Olamilekan Abatan, protagonista della mostra svoltasi presso la Black Liquid Art Gallery di Roma ... more Olamilekan Abatan, protagonista della mostra svoltasi presso la Black Liquid Art Gallery di Roma (12 aprile-7 giugno 2025), è un giovane autore nigeriano che nella sua produzione coniuga una talentuosa vena iperrealista e una forte passione per la moda e i tessuti wax print, ritenuti ormai a livello mondiale un simbolo parlante della multiforme identità africana. Da qualche anno egli si è presentato con successo sulla scena internazionale dell’arte contemporanea, esibendo opere di grandi dimensioni segnate da un sentire ibrido, frutto dell’inarrestabile globalizzazione. Abatan si inserisce infatti nel panorama artistico attuale facendo propri e rielaborando, in maniera originale, alcuni stilemi che hanno contribuito, specie negli ultimi vent’anni, a far emergere con forza nel contesto mondiale molti autori africani e afrodiscendenti che, sulla scorta di una rinnovata consapevolezza sociale, si sono fatti portavoce di richieste volte a ottenere, anche nel mondo dell’arte, una più equa rappresentazione e visibilità per l’identità nera. Il testo qui proposto ambisce dunque a presentare l’autore inquadrandone l’opera nella complessità di tale scenario: dopo un’introduzione su alcune delle caratteristiche salienti dell’odierno contesto artistico africano e della Diaspora africana, si provvederà quindi a fornire una casistica di autori contemporanei che hanno fatto propri tali stilemi, ciò con lo scopo di illustrare, seppure a grandi linee, quella che si potrebbe definire la ‘galassia artistica’ in cui il giovane autore nigeriano si colloca. La parte conclusiva del saggio è dedicata ad Abatan e alla sua produzione, della quale si punta a mettere in risalto il contesto formativo e l’evoluzione per quanto concerne le scelte tecniche, stilistiche e iconografiche, queste ultime segnate, in anni recenti, anche da proficui contatti con l’arte dei grandi autori europei del passato. ---------- ENGLISH VERSION ---------- Olamilekan Abatan, the protagonist of the exhibition held at the Black Liquid Art Gallery in Rome (12 April-7 June 2025), is a young Nigerian artist who skillfully combines a talent for hyper-realism with a deep passion for fashion and wax print fabrics, now a global symbol of Africa’s multifaceted identity. In recent years, he has made a remarkable entrance into the international contemporary art scene, presenting large-scale works that embody a hybrid sentiment shaped by unstoppable globalization. Abatan positions himself within the contemporary artistic landscape by adopting and reinterpreting, in an original way, some stylistic elements that have significantly contributed, especially over the last two decades, to the strong emergence of many African and Afro-descendant artists in the global art context. These artists, driven by a renewed social awareness, have become advocates for achieving fairer representation and visibility for Black identity, even in the art world. This essay aims to introduce the artist by situating his work within the complexity of this scenario. After introducing key aspects of today’s African and African Diaspora art scene, a selection of contemporary artists with similar stylistic approaches will be presented to broadly outline the ‘artistic galaxy’ in which this young Nigerian artist is situated. The concluding section of the essay is dedicated to Abatan and his body of work, emphasizing his artistic training, technical evolution, stylistic choices, and iconographic development, which in recent years has also been shaped by fruitful interactions with the art of great European masters of the past.

“MUSEA. Journal for Museology, Museum Practice and Audience, 2024
Iconographies and precise references to masterpieces of European art can today be found within gl... more Iconographies and precise references to masterpieces of European art can today be found within globalized creations, by authors who (also) incorporate other continents’ visual and symbolic cultures. In this way some European 'iconic’ works end up providing the plot for an encounter/clash between significant contexts which are profoundly different, giving life to alienating yet familiar images. If the citation of a painting that is accredited in Western Art History attracts a large audience, the sedimentation within it of ‘other’ traditions often remains obscured; the painting becomes the victim of a lack of curiosity, the unfortunate inheritance of contemporary visual education. Restrained by European artistic standards or, in any case, prisoner of a separation between cultures (now completely outdated), the eye is unable to ‘see’ beyond what it already knows. A different perspective must emerge, restoring value and equal interest to the multilateral symbolic and iconographic structures that such works propose, applying a method of ‘iconological investigation’ not only to the analysis of the modules of Western origin, but also to those of ‘other’ origins. In this vein, the present work analyses the reinterpretations of two works by Sandro Botticelli created in recent years by Harmonia Rosales (American with Afro-Cuban roots) and, previously, by Lili Bernard (Cuban-born, Los Angeles- based visual artist). It aims to be an experiment in critical decolonization of the gaze.

Piano B. Arti E Culture Visive, 2023
Negli ultimi anni si è assistito, anche in ambito italiano, al fiorire di numerosi studi volti a ... more Negli ultimi anni si è assistito, anche in ambito italiano, al fiorire di numerosi studi volti a indagare la cosiddetta arte coloniale e, parallelamente, le maggiori rassegne che a questa vennero dedicate soprattutto durante il Ventennio fascista. Tali studi hanno fatto riemergere i nomi di numerosi autori impegnatisi in questo filone artistico, molti dei quali poco o per nulla noti. Fra questi compaiono diverse figure femminili, giunte oltremare – nella maggior parte dei casi – al seguito della famiglia o del marito. Alcune sono autrici dilettanti, altre sono invece artiste con una discreta formazione, ricevuta attraverso lezioni private e la frequentazione dell’accademia. A firme più note, come per esempio quella di Mimì Buzzacchi Quilici, si affiancano i nomi di autrici meno conosciute come Luigia Daviso Viola, Gina Chiozza Lorenzi, Elisa Bottèro Taffiorelli, solamente per citarne alcune.
Il saggio che qui si propone vorrebbe quindi fornire una prima, parziale panoramica sulle artiste italiane che soggiornarono nei territori oltremare a partire dal periodo fra le due guerre mondiali, focalizzandosi in particolare sul contesto libico e su alcuni casi ritenuti più interessanti ed esemplificativi delle diverse tipologie di artiste, divise tra autrici dilettanti e professioniste.

Annali. Museo Storico Italiano della Guerra, 2024
La produzione di immagini a soggetto coloniale, nonché la loro messa in circolazione attraverso s... more La produzione di immagini a soggetto coloniale, nonché la loro messa in circolazione attraverso svariati media, fu uno tra gli strumenti più efficaci utilizzati dal fascismo per la propaganda espansionista e per l’autocelebrazione imperiale. Le fotografie, ampiamente riprodotte in volumi, riviste e cartoline, ebbero il ruolo di documentare – con pretesa di veridicità – paesaggi, ‘tipi’, usi, costumi delle colonie italiane e, in generale, dell’oltremare africano. Le creazioni artistiche – intese in senso lato – rivestirono invece, a seconda delle circostanze e degli autori, un ruolo a tratti ambiguo, di documentazione oggettiva ma anche di seduzione della fantasia e dello sguardo. È proprio questa duplicità di scopi, unita spesso a questioni di necessità, che spinse diversi artisti a utilizzare la fotografia come base per i propri lavori. Il saggio, dopo una breve riflessione introduttiva, analizza dunque alcuni casi di illustrazioni (in particolare disegni per francobolli) e opere d’arte per i quali si sono rintracciate le fonti fotografiche di ispirazione. I casi trattati si riferiscono ad alcuni lavori di autori quali Giuseppe Rondini, Carlo Celano, Nardo Pajella e Fortunato Depero. Lo scopo è quello di mettere in luce i diversi gradi di uso, manipolazione e distorsione dell’immagine fotografica nel processo di creazione artistica, proponendo inoltre una riflessione – per alcuni casi – circa la presenza di una vena grottesca che tradisce il sostrato culturale dell’epoca, segnato da una visione marcatamente eurocentrica e razzista. Il saggio rielabora un intervento tenuto nell'ambito del seminario "DECOLONIZING COLONIAL HERITAGE • DECOLONIZZARE IL PATRIMONIO - Fondi fotografici sul colonialismo italiano tra la fine del XIX secolo e il secondo conflitto mondiale" (Rovereto-TN, Museo Storico Italiano della Guerra, 8-9 giugno 2023).

Musica & Figura, 2022
Il presente saggio mira a fornire un primo nuovo contributo sulla figura di Milo Corso Malverna, ... more Il presente saggio mira a fornire un primo nuovo contributo sulla figura di Milo Corso Malverna, versatile autore giunto in Africa durante il Ventennio. L’artista, le sue attività e le sue opere sono stati studiati solo superficialmente e in minima parte, per lo più in relazione a un gruppo di dipinti e sculture oggi conservati presso il Museo delle Civiltà di Roma. Questo lavoro desidera quindi ampliare le notizie in merito al personaggio, il quale, attraverso la sua eterogenea attività, si inserì a pieno nel filone colonialista, vestendo i panni di pittore, disegnatore, scultore, organizzatore di mostre, scrittore, critico d’arte e poeta. Giunto in Somalia nel 1927 e trasferitosi poi in Libia nel 1931, Corso Malverna si affermò nel contesto tripolino, ove fra le altre cose ricoprì per diversi anni la carica di Presidente del Sindacato Coloniale Fascista delle Belle Arti. Rientrato in Italia nel secondo dopoguerra e stabilitosi a Roma, l’artista proseguì l’attività nel solco dell’esperienza africana, sia collaborando all'allestimento di rassegne connesse all'AFIS (Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia), sia continuando a proporre, in diverse mostre personali e collettive, lavori legati al periodo trascorso oltremare.

Modern Italy, 2022
This essay will consider some key aspects of the imagery of the ventennio regarding the Italian o... more This essay will consider some key aspects of the imagery of the ventennio regarding the Italian overseas territories through the analysis of the covers of the illustrated magazine Libia, launched in 1937 in the context of the so-called 'Fourth Shore' of Italy, ruled between 1934 and 1940 by governor Italo Balbo. Firstly, this essay will address the existing bibliography on the relations between the press and Italian colonialism. Then, it will examine the figure of Balbo over two sections - one relating to his activities for the development of Libya, the other dedicated to his relationship with the arts - unpacking the close links between the work of the governor in the colony and the periodical. The final part of the article will focus on Libia, examining the themes and subjects chosen to illustrate its covers and the several artists who collaborated with the magazine as illustrators.
P. Manfren, Corpi di stoffa: i tessuti nella ritrattistica di Bisa Butler e Marcellina Akpojotor
Africa e Mediterraneo: Cultura e Società, n. 2/21 (95), 2022

Il confronto con l'alterità tra Ottocento e Novecento. Aspetti critici e proposte visive, a cura di Giuliana Tomasella, Macerata, Quodlibet, 2020
Il saggio propone un percorso nell'arte coloniale italiana del periodo compreso fra le due guerre... more Il saggio propone un percorso nell'arte coloniale italiana del periodo compreso fra le due guerre mondiali, focalizzandosi sulla produzione a soggetto somalo. Il testo si concentra, in particolare, su un ristretto gruppo di autori, i quali ebbero tutti l'occasione di soggiornare in Somalia per un discreto periodo di tempo e studiare la colonia nei suoi aspetti più disparati. La scelta degli autori si è basata su una condicio sine qua non, ossia sul fatto che ogni artista abbia poi presentato il frutto del proprio lavoro in una rassegna autonoma. Sulla scorta di tali criteri, vengono dunque analizzate nel testo le opere e le vicende espositive connesse alla colonia somala delle figure di Gabriella Fabbricotti, Lidio Ajmone, Cesare Biscarra, Milo Corso Malverna, Ersilia Cavaciocchi e Giorgio Grazia.

Musica & Figura, 2019
Through reports and historical sources both written and iconic, the essay intends to dwell on the... more Through reports and historical sources both written and iconic, the essay intends to dwell on the particular attention paid to the topics of African dance and music in the colonial imagination, with specific interest in the Italian context in the period between the two world wars. After an introduction to the theme, which has a certain diffusion starting from the Nineteenth century thanks to the travel literature and the pictorial trend of the Orientalism, the paper proposes a whole of textual excerpts taken from reports and articles, useful for understanding the feature of some performances and the European attitude towards them. A special interest is dedicated to the so-called fantasia, a term variously used to indicate different types of indigenous shows. Following is the presentation of some visual sources, placed in relation to specific descriptions of various kinds of fantasia drawn from the texts of that time. These works of art are created by authors such as Lidio Ajmone, Giuseppe Rondini and Arnaldo Pajella who, for various reasons, between the Twenties and the Thirties of the Twentieth century approach the current of the so-called Colonial Art, that is a direct filiation of the Nineteenth-century Orientalism. Xylographs, drawings, paintings and illustrations for magazines are thus proposed and read not only in their iconographic peculiarities, but also bearing in mind the eurocentric vision related with the subjects they represent.
Il saggio, attraverso testimonianze e fonti d’epoca sia scritte che iconiche, intende soffermarsi sulla particolare attenzione concessa ai temi della danza e della musica africane nell’immaginario coloniale, con specifico riferimento all’ambito italiano nel periodo compreso fra le due guerre mondiali. Dopo un’introduzione al tema, che vede una certa diffusione a partire dall’Ottocento grazie alla letteratura di viaggio e alla corrente pittorica dell’Orientalismo, lo scritto propone un insieme di stralci testuali ripresi da resoconti e articoli, utili per comprendere la particolarità di talune performances e l’atteggiamento europeo nei loro riguardi. Speciale interesse è riservato alla cosiddetta fantasia, termine variamente utilizzato per indicare diverse tipologie di esibizioni indigene. Segue la presentazione di alcune testimonianze visive, poste in relazione a specifiche descrizioni tratte dai testi d’epoca, dedicate proprio a quest’ultimo genere di performance; vengono così proposti e letti nella loro peculiarità iconografica xilografie, disegni, dipinti e illustrazioni per riviste, realizzati da autori come Lidio Ajmone, Giuseppe Rondini ed Arnaldo Pajella, che tra anni Venti e anni Trenta del Novecento, per svariate motivazioni, si avvicinano allo specifico filone della cosiddetta arte coloniale, diretta filiazione dell’Orientalismo ottocentesco.

OADI - Rivista dell'Osservatorio per le Arti Decorative in Italia, 2019
The article presents an overview on the theme of crafts and applied arts of the Italian colonies ... more The article presents an overview on the theme of crafts and applied arts of the Italian colonies between the 1920s and 1930s, proposing as a fil rouge a path through some of the various exhibitions, often included in broader exhibition contexts, dedicated to these particular productions. The aim of the work is twofold: firstly, it aims to highlight the ways in which these specific productions were exploited by the organizers and government colonial propaganda, and also to reflect on the attitude of the ‘experts in the field’, art critics, on the one hand, and the heterogeneous mass of visitors to these exhibitions, on the other; secondly, the essay aims to highlight some of the many expressions of indigenous material culture which, in this chronological arc, are presented in the Italian context as the most evident, tangible and typical artistic manifestations of the overseas national domains.
Storia della critica d'arte - Annuario della S.I.S.C.A., 2019
Coloro che intendano suggerire un articolo per la rivista possono inviarlo all'indirizzo mail del... more Coloro che intendano suggerire un articolo per la rivista possono inviarlo all'indirizzo mail della casa editrice o all'indirizzo mail:
Il ritratto del sovrano nell'arte dell'Oriente ellenistico e partico Jacopo Bruno I ritratti scul... more Il ritratto del sovrano nell'arte dell'Oriente ellenistico e partico Jacopo Bruno I ritratti scultorei di Nasru, signore di Hatra. Segni del potere di un importante sovrano locale nella città del dio Sole

teCLa - temi di Critica e Letteratura artistica - Rivista online dell'Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di Studi Culturali Arti Storia Comunicazione, Dec 30, 2014
http://www.unipa.it/tecla/comitati_autori/profilo_manfren.php
L’articolo tratta il tema dell... more http://www.unipa.it/tecla/comitati_autori/profilo_manfren.php
L’articolo tratta il tema della presenza dell’antico nella stampa del Ventennio, analizzando in particolare il caso de “La Rivista Illustra del Popolo d’Italia”, edita dal 1923 al 1943 come allegato mensile del quotidiano mussoliniano “Il Popolo d’Italia”. Nella prima sezione, dopo un’introduzione su genesi, struttura e collaboratori della rivista, il saggio fa una panoramica sugli articoli di argomento artistico -letterario, soffermandosi in particolar modo su quelli a tematica archeologica; nella seconda parte del testo, invece, vengono analizzate alcune tavole e copertine del periodico, mettendo in luce la presenza di iconografie e soggetti strettamente legati alla Roma antica. Scopo del saggio è dunque fornire un ulteriore esempio della strumentalizzazione propagandistica del passato romano operata dal regime, il quale trasforma la stampa illustrata in un vero e proprio mezzo di diffusione di una iconografia popolare dell’antico, che viene lì riproposto attraverso modalità rappresentative più semplici e pedagogiche, ma allo stesso tempo suggestive e affascinanti.
b o o k o f a b s t r a c t -P A D O V A U N I V E R S I T Y P R E S S UP PADOVA Prima edizione 2... more b o o k o f a b s t r a c t -P A D O V A U N I V E R S I T Y P R E S S UP PADOVA Prima edizione 2017, Padova University Press Titolo originale: 1a Conferenza Nazionale delle Dottorande e dei Dottorandi di Scienze Sociali

Filoforme, 2011
Nelle manifestazioni propagandistiche utilizzate dal fascismo va notato l’interesse dimostrato da... more Nelle manifestazioni propagandistiche utilizzate dal fascismo va notato l’interesse dimostrato dal regime per l’ambito degli studi sulle tradizioni popolari e per i costumi locali, elogiati come chiara manifestazione della “spontanea genialità artistica” del popolo italiano. Interessante è notare come la pretesa e presunta singolarità e originalità dei costumi popolari italiani, così come un certo rifiuto delle mode e dei gusti contemporanei non prettamente nazionali, subisca una repentina inversione di tendenza a partire dal 1936, anno in cui l’Italia fascista, chiusasi in una convinta svolta autarchica, ottiene la solidarietà della Germania. Testimonianze di tali cambiamenti vengono offerte dagli articoli della rivista “Cortina”, nata nel dicembre 1933 come portavoce degli eventi mondani della popolare località della valle d’Ampezzo, che proprio durante il fascismo subisce la sua definitiva trasformazione in rinomato luogo di villeggiatura. “Cortina” manifesta nelle proprie pagine quel “folclore artificiale”, voluto e attentamente creato dal regime in tutta la penisola. Alle signore dell’alta società provenienti dalle grandi città e in villeggiatura a Cortina la rivista dedicava alcune pagine di moda, nelle quali si consigliava l’abbigliamento più adatto per ogni momento del tempo libero e si informavano le lettrici sulle ultime novità.
“Zone Moda Journal 2- La cultura della moda italiana- made in Italy”, rivista semestrale di cultura della moda dell’Università di Bologna, n. 2, Edizioni Pendragon, Bologna 2011, pp. 76-82.
Books by Priscilla Manfren

Sulla scorta di un rinvigorito e incoraggiante corso degli studi che negli ultimi anni ha visto n... more Sulla scorta di un rinvigorito e incoraggiante corso degli studi che negli ultimi anni ha visto nascere svariate pubblicazioni e iniziative che intrecciano la storia del colonialismo, la storia dell’arte e quella delle esposizioni, questo libro vuole presentare il primo frutto di un lavoro di documentazione nato da una ricerca pluriennale, cominciata nel 2013 e tuttora in continuo ampliamento, tesa a porre in evidenza, e a vagliare in maniera critica e con un taglio multidisciplinare, il tema dell’alterità nel contesto coloniale italiano, indagato attraverso un ricco insieme di testimonianze visive e letterarie. Il lavoro è dedicato alla raccolta e all'analisi di un nutrito corpus di fonti iconiche e testuali, aventi come soggetto le popolazioni nere dell’Africa durante il periodo coloniale; l’arco cronologico considerato è, nello specifico, quello del Ventennio fascista (1922-1943). La ricerca prende in esame svariate tipologie di veicoli delle immagini, quali opere d’arte, riviste illustrate e grafica per l’infanzia, nonché numerosi articoli d’epoca tratti da riviste e quotidiani.
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Il saggio che qui si propone vorrebbe quindi fornire una prima, parziale panoramica sulle artiste italiane che soggiornarono nei territori oltremare a partire dal periodo fra le due guerre mondiali, focalizzandosi in particolare sul contesto libico e su alcuni casi ritenuti più interessanti ed esemplificativi delle diverse tipologie di artiste, divise tra autrici dilettanti e professioniste.
Il saggio, attraverso testimonianze e fonti d’epoca sia scritte che iconiche, intende soffermarsi sulla particolare attenzione concessa ai temi della danza e della musica africane nell’immaginario coloniale, con specifico riferimento all’ambito italiano nel periodo compreso fra le due guerre mondiali. Dopo un’introduzione al tema, che vede una certa diffusione a partire dall’Ottocento grazie alla letteratura di viaggio e alla corrente pittorica dell’Orientalismo, lo scritto propone un insieme di stralci testuali ripresi da resoconti e articoli, utili per comprendere la particolarità di talune performances e l’atteggiamento europeo nei loro riguardi. Speciale interesse è riservato alla cosiddetta fantasia, termine variamente utilizzato per indicare diverse tipologie di esibizioni indigene. Segue la presentazione di alcune testimonianze visive, poste in relazione a specifiche descrizioni tratte dai testi d’epoca, dedicate proprio a quest’ultimo genere di performance; vengono così proposti e letti nella loro peculiarità iconografica xilografie, disegni, dipinti e illustrazioni per riviste, realizzati da autori come Lidio Ajmone, Giuseppe Rondini ed Arnaldo Pajella, che tra anni Venti e anni Trenta del Novecento, per svariate motivazioni, si avvicinano allo specifico filone della cosiddetta arte coloniale, diretta filiazione dell’Orientalismo ottocentesco.
L’articolo tratta il tema della presenza dell’antico nella stampa del Ventennio, analizzando in particolare il caso de “La Rivista Illustra del Popolo d’Italia”, edita dal 1923 al 1943 come allegato mensile del quotidiano mussoliniano “Il Popolo d’Italia”. Nella prima sezione, dopo un’introduzione su genesi, struttura e collaboratori della rivista, il saggio fa una panoramica sugli articoli di argomento artistico -letterario, soffermandosi in particolar modo su quelli a tematica archeologica; nella seconda parte del testo, invece, vengono analizzate alcune tavole e copertine del periodico, mettendo in luce la presenza di iconografie e soggetti strettamente legati alla Roma antica. Scopo del saggio è dunque fornire un ulteriore esempio della strumentalizzazione propagandistica del passato romano operata dal regime, il quale trasforma la stampa illustrata in un vero e proprio mezzo di diffusione di una iconografia popolare dell’antico, che viene lì riproposto attraverso modalità rappresentative più semplici e pedagogiche, ma allo stesso tempo suggestive e affascinanti.
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