"Visiones". Visual tools nell'oratoria forense antica e moderna
2019, Cultura giuridica e diritto vivente
https://doi.org/10.14276/2384-8901/2021Abstract
["Visiones". Visual tools in ancient and contemporary forensic oratory] Since the end of the last century, many scholars have studied the capability of visual languages and images themselves to "argue". Visual argumentation is deeply rooted in Greek and Roman rhetoric, which already distinguished between the use of real visual tools and the use of words for producing images and suggestions. Today, it is more than ever necessary to establish a balanced relationship between images and words, as the ancient rhetoricians already prescribed. Although it is not easy to reconstruct a continuity between ancient and modern rhetorical techniques, comparing them to each other is a possible and useful exercise.
References (10)
- JAMES R. P. OGLOFF, The Impact of Graphic Photographic Evidence on Mock Jurors' Decisions in a Murder Trial: Probative or Prejudicial?, in L. & Hum. Behav., 21, 1997, pp. 485 ss.
- ANN MARIE SEWARD BARRY, Visual Intelligence. Perception, Image, and Manipulation in Visual Communication, Suny Press, 1997, p. 10 ss.
- LUCILLE A. JEWEL, ult. op. cit., p. 275, rimandando ad Aristotele.
- JOSEPH LEDOUX, The Emotional Brain. The Mysterious Underpinnings of Emotional Life, Simon & Schuster, New York, 1996, p. 59.
- "Chilling, riveting, and unforgettable": BRIAN CARNEY -NEAL FEIGENSON, Visual Persuasion in the Michael Skakel Trial: Enhancing Advocacy Through Interactive Media Presentations, cit., p. 22.
- L'accusa ha usato la testimonianza audio di Skakel, le fotografie di Martha Moxely (sia viva che morta) e ha proiettato il testo (a caratteri cubitali) delle parole di Skakel per rafforzare la sua tesi che la sensazione di panico di Skakel derivava dal fatto che aveva ucciso Martha Moxley (e non per il forte imbarazzo di essere stato sorpreso a masturbarsi sulla proprietà dei Moxley, come sostenuto dalla difesa). L'accusa ha impiegato la registrazione audio insieme a tre diapositive "per definire cosa stava pensando a Michael Skakel" il mattino dopo, quando la signora Moxley chiese se avesse visto sua figlia. Nella prima diapositiva la giuria ascolta e vede le seguenti parole dell'intervista di Skakel con il ghostwriter, addetto alla stesura della sua autobiografia (1997). Mentre le parole di Michael vengono fatte ascoltare, viene visualizzata una fotografia di Moxley, che sorride e tiene in mano i libri scolastici. Per la seconda diapositiva, la giuria vede e ascolta 65 Si pensi ad un caso di omicidio discusso nella forma del rito abbreviato, dinanzi ad un unico giudice, sui soli atti già acquisiti e provenienti prevalentemente dall'accusa, senza pubblico e cronisti.
- Su tutti, RICHARD K. SHERWIN, The Digital Trial, in Culture & Society, 12 ottobre 2011.
- RICHARD K. SHERWIN, The Digital Trial, cit.
- Anche su questo aspetto la posizione di Sherwin è assolutamente condivisibile. Non è peraltro infrequente che l'utilizzo del visuale, anche da parte della pubblica accusa in Italia, sia destinato alla generazione di suggestione anche di uditori esclusivamente tecnici. La concreta esibizione, ad esempio, di strumenti utilizzati per la commissione del reato (e che, se non visti, non potrebbero far pensare alla loro concreta capacità di offendere), la visualizzazione di crude immagini della vittima e della scena del crimine, l'ascolto di ben isolati frammenti audio della vittima o dell'imputato, sono frequenti sia in dibattimenti a giudice unico o collegiale, sia in corti d'assise.
- RICHARD K. SHERWIN, The Digital Trial, cit.