"Memory" - At Johns Hopkins University
2008, Catalogo "Memory" di Andrea Benetti e Lanfranco Di Rico
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Abstract
Ci sono state, come dovevano esserci, molte commemorazioni dei tragici eventi dell'11 settembre 2001. Ciascuno di noi, americani e cittadini di ogni altro paese, ha delle forti emozioni legate a quella giornata: l' orrore tremendo delle immagini che tormentano la nostra memoria; la frustrazione, depressione e rabbia generate dall'inumana ed insensata violenza; l'urgenza di capire cosa significava, cosa significa ed in che modo la consapevolezza di ciò potrebbe guidare le nostre azioni come individui e come nazioni. Nell' ospitare questa mostra commemorativa all'università John Hopkins di Bologna, i nostri intenti sono modesti, ma noi speriamo significativi. L' evocazione delicata e ponderata di Andrea Benetti e Lanfranco Di Rico ci fornisce una interpretazione visiva che speriamo possa portare il visitatore oltre l'immagine gravosa di quel giorno, mentre offre un collegamento per la nostra memoria ed uno stimolo per le nostre interpretazioni di quell' evento che ha cambiato il mondo e che chiameremo per sempre "9-11". L'università John Hopkins Bologna Center ringrazia gli artisti per aver dato l' opportunità di ospitare in questa sede la mostra con le loro originali opere e ringrazia l' associazione Italo-Americana "Luciano Finelli" per l' organizzazione della mostra e le attività ad essa connesse.
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1. La cultura del ricordo L'arte della memoria è saldamente radicato nella tradizione occidentale. Suo inventore è considerato il poeta greco Simonide, i romani codificarono quest'arte come una delle cinque partizioni della retorica e la trasmisero al Medioevo e al Rinascimento. Il principio della mnemotecnica consiste nello scegliere determinati luoghi e produrre immagini interiori delle cose da preservare nella coscienza agganciandole ai luoghi voluti. In tal modo la successione dei luoghi conserverà l'ordine della materia e le immagini così prodotto indicheranno le cose stesse. Possiamo distinguere "memoria naturale" e "memoria artificiale". L'arte della memoria è il fondamento della memoria "artificiale": consente al singolo di accogliere e disporre di una quantità di nozioni che verranno usate ai fini dell'argomentazione retorica. La cultura del ricordo non è compatibile con l'arte della memoria. L'arte della memoria concerne il singolo, e gli fornisce delle tecniche per esercitare la sua memoria, ossia migliorare capacità individuali. La cultura del ricordo risponde all'adempimento di un obbligo sociale. La cultura del ricordo concerne il gruppo. La domanda principale che il gruppo si pone è: Che cos'è che non dobbiamo dimenticare ? La cultura del ricordo quindi ha a che fare con la memoria che crea comunità e ,a differenza dell'arte della memoria che si manifesta principalmente in Occidente come tecnica specifica per la retorica, rappresenta un fenomeno universale. Non è infatti possibile pensare un raggruppamento sociale in cui non sia possibile attestare forme di cultura del ricordo. Nello specifico, per quanto universale, la cultura del ricordo acquisisce un ruolo fondante per un particolare popolo: gli Israeliti. Presso di loro, infatti, la cultura del ricordo acquistò una funzione sacrale: l'imperativo: conserva e ricorda. In tal modo esso è diventato popolo in senso affatto nuovo: è diventato prototipo della nazione. Dal carattere elettivo del popoli israeliano, generato attraverso il principio della contrapposizione etnica, deriva quello del ricordo: l'essere eletto non significa altro che un complesso di obblighi che in nessun caso devono cadere in oblio e solo in questo caso la cultura del ricordo diviene memoria artificiale ossia arte della memoria. La spazio afferisce all'arte della memoria mentre il tempo alla cultura del ricordo. Esso afferisce alla progettazione e speranza, ossia alla formazione di orizzonti concettuali e tempo sociale. Il tempo può essere intenso come scansione temporale del passato, presente e futuro. Ciò che accade nell'oggi appartiene già al passato, ma al contempo è proiettato nell'orizzonte futuro. Rispetto allo scorrere del tempo, le società possono assumere atteggiamenti diversi come "vivere alla giornata" dei Barbari e affidare l'oggi al passato che implica la sparizione e l'oblio, oppure regolare l'oggi sulla lunghezza d'onda della durevolezza come progetto in vista dell'eternità, oppure ponendosi il domani davanti agli occhi e gli interessi dell'eternità nel cuore-proiettare l'oggi nel domani ma preservando lo "ieri" come i sovrani egizi. Quindi il passato nasce solo nel momento in cui ci si riferisce ad esso. Questa asserzione si riferisce in particolare ai due concetti: cultura del ricordo e riferimento al passato. Affinché ci si possa riferire al passato, quest'ultimo deve entrare come tale nella coscienza. Ciò presuppone due cose: 1. Il passato non deve essere scomparso del tutto: devono esserci delle testimonianze. 2. Queste testimonianze devono presentare una diversità caratteristica rispetto all'oggi. La prima di queste condizioni è auto-evidente. La seconda può essere chiarita dal fenomeno del mutamento linguistico. Il mutamento fa parte delle condizioni naturali della vita di una lingua: non esistono lingue naturali che non abbiano vissuto trasformazioni. Tale mutamento riaffiora nella coscienza quando si conservano stadi linguistici più antichi. Altra condizione p che lo stadio linguistico conservato abbia sviluppato una diversità abbastanza autonomo rispetto alla lingua parlata da presentarsi alla coscienza come lingua autonoma. La differenza tra il vecchio e il nuovo può affiorare nella conoscenza grazie a molti fattori e su piani del tutto diversi da quello linguistico. Ogni rottura profonda della tradizione può portare alla nascita del passato, quando dopo una rottura si tenta di ricominciare da capo. I nuovi inizi si presentano sempre sotto la forma di una ripresa del passato. Nella misura in cui rendono accessibile il futuro, essi producono, ricostruiscono e scoprono il passato. Ciò si potrebbe mostrare con i vari rinascimenti della storia.
La continua informazione in tempo reale che l'odierna tecnologia permette, sembra richiederci, individualmente e collettivamente, una risposta immediata, a livello sia emotivo sia di azione. Capita spesso, infatti, che eventi accaduti solo poche settimane prima ci appaiano estremamente lontani nel tempo. Per non dire dell'impressione che suscitano molte pagine dei quotidiani, fresche di stampa eppure già datate, in quanto piene di notizie che conosciamo da ore e ci risultano già vecchie. Tutto sembra accadere in un frenetico presente. In questa situazione, come non smarrire la capacità, fondamentale per ogni convivenza umana, di costruire e valorizzare una memoria collettiva?
da parte del prof. Andrea Velardi Relazione sulla tesi del candidato Giuseppe Celardi "Il nuovo modello della memoria di lavoro" La tesi del candidato Celardi è un lavoro di alto profilo, di vera eccellenza, di grande prospettiva in cui è stata riversata una grande passione per l'argomento trattato, il desiderio e la capacità di occuparsi di settori di avanguardia nella ricerca internazionale, la competenza di un candidato che ha letto e riportato i dati più aggiornati della bibliografia internazionale.
E io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome (Yad Vashem), un nome eterno che non sarà mai cancellato. (Isaia 56:5) Quando Bàal-shem doveva assolvere un qualche compito difficile, qualcosa di segreto per il bene delle creature, andava allora in un posto nei boschi, accendeva un fuoco, e diceva preghiere, assolto nella meditazione: e tutto si realizzava secondo il suo proposito. Quando, una generazione dopo, il Maggìd di Meseritz si ritrovava di fronte allo stesso compito, riandava in quel posto nel bosco, e diceva: "Non possiamo più fare il fuoco, ma possiamo dire le preghiere" -e tutto andava secondo il suo desiderio. Ancora una generazione dopo, Rabbì Moshè Leib di Sassow doveva assolvere lo stesso compito. Anch'egli andava nel bosco e diceva: "Non possiamo più accendere il fuoco, e non conosciamo più le segrete meditazioni che vivificano la preghiera; ma conosciamo il posto nel bosco, dove tutto ciò accadeva, e questo deve bastare". E infatti ciò era sufficiente. Ma quando di nuovo, un'altra generazione dopo, Rabbì Yisrael di Rischin doveva anch'egli affrontare lo stesso compito, se ne stava seduto in una sedia d'oro, nel suo castello, e diceva: "non possiamo fare il fuoco,non possiamo dire le preghiere, e non conosciamo più il luogo nel bosco: ma di tutto questo possiamo raccontare la storia." E -così prosegue il narratore -il suo racconto da solo aveva la stessa efficacia delle azioni degli altri tre.
GARIWO, 2020
La memoria non è riducibile all'oggetto che viene ricordato. È un esercizio riflessivo, che coinvolge anche e soprattutto il soggetto che ricorda. È un esercizio su di sé. Un esercizio di introspezione e azione su noi stessi: altrimenti è inutile, vuoto, privo di senso.
Recentemente il tema della memoria ha ricevuto una certa attenzione anche all'interno degli studi biblici grazie al dibattito suscitato dalle tesi di J. Assmann sull'origine della religione ebraico-cristiana. 1 In particolare, questo autore tenta di decifrare la «mnemotecnica culturale» delle immagini bibliche per disinnescare il «potenziale di violenza» a suo dire insito in esse. La «salutare provocazione» 2 dell'egittologo di Heidelberg va raccolta, quindi, anche a partire da una riconsiderazione del tema della memoria nelle Scritture ebraico-cristiane.
Questa pubblicazione è promossa dal Comitato Nazionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nel quarto centenario della morte, in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento. © 2009 adelphi edizioni s.p.a. milano www.adelphi.it isbn 978-88-459-2368-5 AVVERTENZA Questo secondo tomo delle Opere mnemotecniche comprende Ars reminiscendi, Explicatio triginta sigillorum, Sigillus sigillorum, De imaginum compositione. Il volume è stato curato da Rita Sturlese, Marco Matteoli e Nicoletta Tirinnanzi, seguendo i criteri stabiliti per le Opere magiche e per il primo tomo delle Opere mnemotecniche : testo latino, apparato critico, apparato delle fonti e dei loci paralleli, traduzione italiana, commento.

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